Vannaccismo strisciante. L’espressione è stata coniata da Giuliano Ferrara. Lui la usa nel senso di provincialismo e piccineria populista contrapponendola alla “gay culture”, che “esprime nuovi criteri di tolleranza e comprensione e accettazione”, incarnata da Gabriel Attali, il nuovo primo ministro francese. Facciamo nostra la geniale definizione ma la ampliamo, per lanciare l’allarme. Perché il becero ciarpame ideologico ostentato dall’ineffabile generale si diffonde come un morbo. Una locusta che mangia la memoria e rende la ragione un campo desolato. Il “mondo al contrario”, dal titolo del libro più venduto nel 2023, sta subendo una tale spinta di rotazione che potrebbe renderlo l’universo dominante.
A preoccupare non sono tanto i saluti romani in via Acca Larentia, anche se una tale esibizione squadrista incute timore, ma il diffondersi di ottusità e luoghi comuni che vengono ormai espressi a ruota libera, senza vergogna. Il linguaggio e i comportamenti di ministri, sottosegretari ed esponenti vari dell’attuale maggioranza, in una torbida rincorsa elettorale tra Lega e Fratelli d’Italia, fanno emergere, moltiplicano e rendono lecite affermazioni che prima venivano pronunciate sottovoce per timore di una riprovazione morale. Ora troppe bocche sguaiate veicolano concetti aberranti in troppe orecchie compiacenti.
Ai soliti cavalli di battaglia, Mussolini era un grande, gli eroi sono i repubblichini e i combattenti di El Alamein e non i partigiani foraggiati da inglesi e americani, Stalin ha ammazzato più gente di Hitler, la tragedia delle foibe è stata tenuta nascosta e se ne parla solo ora con la destra finalmente al governo, in Italia ha sempre comandato la sinistra, gli immigrati vogliono invaderci, gli ebrei e le banche la fanno da padroni, si affiancano sconcertanti giudizi su fatti più recenti.
Qualche esempio? Stefano Cucchi se l’è cercata e la sorella ha fatto carriera speculando su quella morte; troppo clamore per Giulia Cecchettin e la sua famiglia di spostati, ridicola l’enfasi per la cerimonia della laurea postuma; allo stadio non c’è razzismo ma solo sano tifo; il quattordicenne ucciso a Velletri era un rom, meno male che si eliminano tra di loro; Ilaria Salis è una picchiatrice rossa, giusto che la tengano in catene, i neonazisti che, a metà febbraio di ogni anno, sfilano per le vie di Budapest celebrando la giornata dell’onore sono da ammirare; qui a Roma hanno fatto bene ad assaltare il centro gay di Testaccio perché non ne possiamo più di froci, lesbiche e travestiti, una lobby che vuole imporci perversi stili di vita.
Un emozionante documentario, reperibile su Netflix, è dedicato a “Eldorado”, il ritrovo berlinese della comunità Lgbtq ai tempi della tollerante repubblica di Weimar. Le SS lo chiusero, arrestarono o uccisero i frequentatori, cominciò la caccia agli omosessuali. A migliaia morirono nei campi di concentramento. Ammonisce una giovane studiosa: “Anche oggi, nonostante i progressi che ci sono stati per i diritti delle persone queer e trans, quelle libertà restano fragili e possono esserci tolte in qualsiasi momento”.
Poi ci sono le invettive contro gli ambientalisti, la riconversione “green”, l’inganno della crisi climatica. I vaccini ci hanno modificati geneticamente. L’Oms persegue la dittatura sanitaria al soldo delle case farmaceutiche. Non si muove foglia senza che lo vogliano i poteri occulti. Accattoni, ladruncoli e giovani scapestrati devono marcire dietro le sbarre mentre gli evasori fiscali vanno capiti perché, lo dice Giorgia Meloni, le tasse sono un pizzo di stato.
Stupidità, grettezza, ignoranza, malafede, boria. Il negazionismo e il complottismo fanno da cemento di tutto questo ciarpame ideologico, ergendo Trump ad eroe, in messianica attesa di quella che Michele Ainis chiama “capocrazia”. Chi si oppone è comunista.
Vannaccismo strisciante. Il linguista Massimo Arcangeli ha scritto un piccolo saggio per confutare una per una “le finte verità del senso comune”. Il titolo, a presa in giro, è “Il generale ha scritto anche cose giuste”. La cassiera della libreria non coglie l’ironia, pensa che si tratti di un elogio e sorride, compiaciuta e complice, all’attonito acquirente. Su uno scaffale, in bella mostra, il volume “Sticazzi”, l’ultimo manifesto del menefreghismo e del credere solo in se stessi.
Sembra di essere circondati da quei personaggi con i tratti suini che animano i disegni di Altan. In una recente vignetta, due di loro emergono con la sola testa da una nauseabonda fanghiglia. “Siamo nella merda”, dice uno all’altro. Il quale risponde: “E si prevede una escalation”.
Marco Cianca