Si avvia da gennaio, per lavoratori e imprese, il versamento contributivo al Fondo di solidarietà bilaterale per la Filiera delle Telecomunicazioni. Il diario del lavoro ha intervistato il direttore generale di Asstel, Laura Di Raimondo, protagonista fin dall’inizio della creazione del Fondo, per fare il punto della situazione.
Di Raimondo, partiamo dalle origini: quando è nato il Fondo e qual è il suo scopo.
Abbiamo deciso tre anni fa, con il rinnovo del contratto del 2020, di guardare avanti affrontando questa sfida, cioè puntare alla definizione del Fondo di Solidarietà per la Filiera delle Telecomunicazioni. Questo Fondo è stato costruito per offrire una risposta per accompagnare le azioni di formazione, riqualificazione e riorganizzazione rese necessarie dai processi innovazione tecnologica e di trasformazione del lavoro.
Come si procederà da quest’anno?
Dal primo di gennaio 2024 si avvia la contribuzione da parte di imprese e lavoratori in favore del Fondo, sulla base di quanto previsto dal Decreto del Ministero del Lavoro del 4 agosto 2023. Adesso siamo in attesa del Decreto di nomina del Cda e, quindi, dell’Organo di controllo del Fondo, che deve essere emanato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ci saranno quattro componenti Asstel, quattro delle Organizzazioni Sindacali, uno del Mef, uno del Ministero del Lavoro e due Inps. Quindi avviamo il motore. Ma servirebbero maggiori risorse in questa fase.
In che senso?
Abbiamo molto auspicato un supporto economico aggiuntivo pubblico, per il primo triennio, per accelerare la piena operatività del Fondo nella fase di avvio. Dobbiamo implementare velocemente i nuovi modelli di organizzazione del lavoro, il rafforzamento e l’ampliamento delle competenze dei lavoratori, il coinvolgimento dei giovani in un’ottica di ricambio generazionale. Questa è la sfida che abbiamo davanti ed è necessario che il Fondo possa essere utilizzabile, erogando tutte le prestazioni previste, al più presto.
Come è nata l’idea di questo Fondo?
La nostra Filiera è dotata di ammortizzatori sociali, quindi ha accesso alla Cigs per la parte complessiva industriale e poi ha la caratteristica di avere un altro segmento di mercato, che è quello dei “Customer Relationship Management BPO”, che invece aveva accesso al Fis, il Fondo d’Integrazione Salariale. Due mondi diversi. Una parte aveva accesso al Fis, l’altra parte aveva accesso alla Cigs. Con la riforma degli ammortizzatori l’equilibrio si è evoluto. Il Fondo infatti sarà utilizzabile per tutte le imprese appartenenti alla Filiera delle Telecomunicazioni, sia quelle non rientranti nell’ambito di applicazione dell’articolo 10 del D.lgs n. 148/2015, quindi già coperte dal Fis e Cigs, che quelle rientranti nell’ambito della disciplina dei trattamenti di integrazione salariale sia ordinaria che straordinaria. Quindi è un Fondo innovativo rispetto ad altri Fondi già costituiti, perché contempla all’interno del suo campo di applicazione queste due differenti articolazioni.
Come è stato definito il perimetro del Fondo?
Siamo partiti da uno degli elementi di valore maggior valore per la nostra Filiera ovvero dal contratto collettivo nazionale di lavoro delle TLC. A questo si aggiunge il combinato disposto tra l’applicazione del contratto e i codici Ateco. Su questa base le Istituzioni competenti hanno definito il perimetro di applicazione del Fondo.
L’eventuale contributo pubblico in che modo potrebbe favorire le attività del Fondo?
Nel caso arrivassero dei fondi aggiuntivi, sarebbero a supporto delle azioni che sono già previste dall’accordo costitutivo del Fondo, sia quelle ordinarie che straordinarie. Questo perché riteniamo fondamentale offrire il maggior supporto possibile per accompagnare i processi di trasformazione che interessano imprese e lavoratori.
Con i sindacati ci sono stati ostacoli, problemi o comunque difficoltà per raggiungere un accordo per costituire il Fondo?
No assolutamente, anzi. Questa è stata proprio una scelta fortemente condivisa con le organizzazioni sindacali, che nasce prima della firma dell’accordo del 2020 per il rinnovo del contratto, quindi già prima della pandemia. Questa condivisione ci ha consentito di arrivare al rinnovo del contratto nazionale, convinti che quello fosse il percorso su cui impegnarci insieme e da avviare. Inoltre, tenga conto che la nostra Filiera ha sempre richiamato l’attenzione del legislatore sull’implementazione di strumenti di politica attiva, come il contratto di espansione, di cui adesso stiamo chiedendo il rifinanziamento. Altro esempio è il Fondo nuove competenze, ulteriore strumento molto utilizzato in questi anni e che ha dato un contributo importante nei processi di upskilling e reskilling delle persone. Siamo fortemente convinti sulla necessità di investire in strumenti di politica attiva del lavoro “strutturali” che possano accompagnare le transizioni e la trasformazione del lavoro.
Avete di fatto anticipato i tempi.
Si infatti, il lavoro è stato avviato nel 2019 quando, come parti sociali, decidemmo di fare questa scelta investendo in una contrattazione di anticipo che dotasse la Filiera di uno strumento fortemente innovativo, pur consapevoli di affrontare un percorso non facile. Una rapida cronistoria: nel mese di novembre 2020 abbiamo sottoscritto l’accordo di costituzione nell’ambito del rinnovo del contratto nazionale TLC con le organizzazioni sindacali e poi si è avviato un percorso di interlocuzione costante con le diverse istituzioni coinvolte. Insomma, tanto lavoro, che si è concretizzato – grazie alla volontà di tutti i soggetti coinvolti – soprattutto negli ultimi due anni per definire la fase di chiusura del processo autorizzativo e finalmente l’avvio della contribuzione da questo mese di gennaio.
Il mancato rifinanziamento del contratto di espansione è un fianco scoperto che può rallentare il Fondo?
Secondo noi è fondamentale poter continuare a disporre, anche in maniera strutturale, di tutti gli strumenti di politica attiva del lavoro perché sono oramai essenziali per gestire una fase di trasformazione così complessa come quella che stiamo vivendo. Uno di questi strumenti è proprio il contratto di espansione, che ha funzionato molto bene, sia nel nostro settore ma anche in altri settori industriali, in ragione della sua capacità di favorire il ricambio generazionale, i necessari percorsi di aggiornamento delle competenze dei lavoratori in coerenza con il processo di trasformazione digitale delle imprese.
Come si può risolvere?
Sarebbe determinante, tenuto conto che oggi la misura non è più attivabile non essendo stata rifinanziata, che già nel percorso legislativo per la conversione del Decreto-legge Mille Proroghe, si possano trovare le risorse economiche che consentano di poter continuare a disporre del Contratto di Espansione almeno nel 2024.
La formazione è un tema spesso sottovalutato in molti settori
Le imprese attribuiscono grande importanza al concetto di formazione permanente, che consente alle persone di adattarsi ai cambiamenti anche in età adulta e alle aziende di abbracciare più agevolmente modelli organizzativi del lavoro innovativi. Nel 2022, quasi la totalità dei lavoratori nel Settore Tlc è stata coinvolta in attività di upskilling e reskilling. Nel corso del 2022, ogni persona ha seguito circa sei giornate di formazione, in aumento rispetto alle quattro o cinque giornate previste alla fine del 2021 per gli anni successivi.
Uscire dalla logica emergenziale per fare un lavoro di prospettiva si è rivelata una ricetta vincente
In Italia siamo molto bravi a gestire l’emergenza, ma nel momento in cui bisogna investire tempo, energia, risorse in obiettivi di più lungo periodo perdiamo il grip. Noi riteniamo fondamentale improntare le nostre azioni verso la ricerca di soluzioni, anche di politica industriale, che abbiano l’ambizione di traguardare l’orizzonte e possibilmente di andare oltre, sempre nell’interesse di persone e imprese.
Emanuele Ghiani