Ha un obiettivo Angelo Manzotti, il segretario generale della Cisl dell’Umbria. Vuole far crescere i salari nella sua regione e pensa di farlo soprattutto con la contrattazione di secondo livello. Di azienda, di territorio, di filiera. Basta che i salari crescano, perché sono tra i più bassi in Italia.
Sta per partire una difficile stagione di rinnovi contrattuali. Come l’affronta l’Umbria?
Abbiamo gravi difficoltà. In Umbria il lavoro è sempre più precario, flessibile, poco retribuito. Abbiamo bassi salari e bassa produttività. C’è produzione, ma poca progettazione e poca commercializzazione, quindi poca marginalità. Il tessuto imprenditoriale è modesto, per lo più composto di piccole e medie imprese. Ci servirebbe una crescita della contrattazione aziendale e per questo stiamo facendo pressione sulla Regione per programmare delle premialità per le imprese che fanno contratti di secondo livello.
Non è facile che piccole o medie imprese facciano contrattazione di secondo livello. Come pensate di convincerle?
Ma possiamo fare contratti provinciali. O di filiera. O anche contratti regionali, come abbiamo già in agricoltura. Oggi esistono già incentivi per cui le aziende virtuose pagano solo il 5% di contribuzione. Ci battiamo per eliminare anche questo 5%. La contrattazione di secondo livello è molto importante: abbiamo fatto uno studio dal quale è emerso che i pensionati della provincia di Terni hanno circa 100 euro in più al mese dei pensionati perugini. Perché in provincia di Terni c’erano più aziende che facevano contrattazione di impresa e dunque i salari erano più elevati.
È possibile sperare di avere risultati con questa azione?
Sì, perché non puntiamo a una contrattazione a pioggia. Abbiamo fatto delle analisi in camera di commercio sui bilanci delle aziende e abbiamo verificato che tante imprese hanno marginalità e redditività elevate. Pensiamo di partire da queste. Del resto questa nostra iniziativa rientra perfettamente nel quadro dell’iniziativa che la Cisl nazionale ha avviato con la proposta di legge popolare sulla partecipazione. Vogliamo che il benessere raggiunga i nostri lavoratori.
I salari possono anche crescere, ma il lavoro povero resta una piaga del nostro paese.
La situazione dell’Umbria è particolarmente difficile. Solo il 30% dei lavoratori ha un contratto a tempo indeterminato. Gli altri sono contratti a tempo determinato, di somministrazione o a progetto. Per questo lavoriamo seriamente per far crescere la platea dei contratti a tempo indeterminato, gli unici che danno vere garanzie.
Con chi avete contatti?
Ci misuriamo con la Regione. Facciamo fatica, ma il dialogo è aperto.
Qual è la struttura della realtà produttiva umbra?
Abbiamo aziende tessili, meccaniche, alimentari. Nel perugino c’è una forte struttura dell’automotive, con cui dobbiamo misurarci per non farci sorprendere dall’appuntamento del 2035, quando dovremo aver già riconvertito le professionalità oggi presenti. Dopo la pandemia abbiamo avuto una forte ripresa del turismo, che è sempre ben accetto, ma è una realtà soprattutto stagionale. Sta crescendo l’ecoturismo.
Ma lei crede che ci sarà una vera crescita dell’economia della regione? Pensa di farcela?
Io so che abbiamo lavorato sodo per cogliere dei risultati positivi. Gli appelli delle parti datoriali vanno in questa direzione. I segnali ci fanno sperare, certo sappiamo bene che i salari devono crescere. Siamo tra le regioni con i salari più bassi di tutta Italia. È stato calcolato che un lavoratore umbro guadagna mediamente 4 mila euro in meno l’anno di un lavoratore del Centro Nord.
Ma avete intrapreso la giusta direzione?
Pensiamo di sì. Sappiamo di dover lavorare sulla programmazione comunitaria per dare spazio alle imprese che fanno contrattazione di secondo livello e fanno crescere i salari, specie assumendo i giovani. È questa la nostra sfida per il 2024.
Massimo Mascini