Se la battaglia politica ed elettorale si trasforma in un duello tra due persone, come fossimo tornati ai tempi di quelle sfide che si svolgevano all’alba in campagna tra due uomini che si ritenevano offesi, non è un buon segnale. Tanto meno se i protagonisti, anzi le protagoniste, sono due donne: che dovrebbero evitare come la peste di replicare i riti maschili, ormai triti e ritriti, vecchi, sorpassati dalla cultura moderna. Invece Giorgia Meloni e Elly Schlein non resistono alla tentazione di trasformarsi in maschi alfa e combattere una contro l’altra nell’arena. Intanto in quella televisiva, i giornali scrivono che “gli staff delle due sono al lavoro per preparare il duello”, e poi forse in quella europea alle elezioni di giugno. Le due ancora non hanno deciso se candidarsi, ci stanno pensando, riflettono, discutono con i loro più stretti collaboratori, ognuna aspetta che sia l’altra a fare la prima mossa, si studiano come fanno i pugili – maschi ovviamente – quando salgono sul ring prima che suoni il gong che dà il via libera al combattimento.
Meloni ha tutto da guadagnare in una sfida di questo genere, in televisione è sicuramente più capace della sua antagonista, padroneggia il mezzo da molti e molti anni, parla più chiaramente, ha la faccia tosta e giusta per mentire, è la prima donna a essere capo (o capa, chissà) del Paese, non le manca la spavalderia, e soprattutto conosce la politica meglio dell’avversaria. Compresi trucchi e trucchetti che in tv funzionano sempre bene.
Schlein invece è una neofita, più ingenua, usa un linguaggio complesso, spesso involuto, non sa “bucare il video” come si dice. Però può giocarsi la partita parlando di cose concrete, ovvero della condizione di vita della maggioranza degli italiani, i salari bassi, le diseguaglianze, i diritti – non solo quelli civili ma anche quelli sociali – le guerre in corso e le loro ricadute sul nostro Paese, i migranti che muoiono in mare e quelli che a stento sopravvivono lavorando in nero e in condizioni subumane. L’obiettivo della leader del Pd non può certo essere la conquista di elettori di Fratelli d’Italia o della Lega di Salvini, cioè gente che non voterà mai per il Partito democratico. Invece può essere – anzi, deve essere – quello di rianimare un pezzo di società civile che in passato votava a sinistra e che da diversi anni manifesta un crescente disinteresse e delusione nei confronti della politica tutta, soprattutto quella che oggi sta all’opposizione, spesso astenendosi alle elezioni. Ecco, se Elly Schlein riuscisse a riconquistare almeno una parte di queste persone avrebbe fatto bene a partecipare alla sfida televisiva con la premier.
Altro discorso è quello delle elezioni europee. Qui la segretaria dem si gioca tutto, la sua leadership, il suo partito e soprattutto la possibilità di dimostrare che un’alternativa all’attuale governo è possibile. Per parlarci chiaramente, se il Pd riuscisse a superare il muro del 20 per cento dei voti, possibilmente con un certo margine, e contemporaneamente il Movimento di Giuseppe Conte fosse capace di risalire la china e guadagnare tre o quattro punti rispetto ai sondaggi che oggi lo accreditano attorno al 16 per cento, allora sarebbe possibile cominciare quanto meno a pensare che la partita non è chiusa. E che, dunque, alle elezioni politiche il centrosinistra potrebbe giocare per vincere. Con tanti “se” e tanti “ma”, che però potrebbero sciogliersi in tanti “sì” qualora gli elettori che oggi si astengono tornassero a votare.
Mentre scriviamo queste righe si è appena concluso il seminario, o meglio conclave dei deputati del Pd in un ex monastero trasformato in lussuoso hotel di Gubbio, all’ultimo momento è comparsa anche la leader che ha concluso i lavori senza però sciogliere la riserva sulla candidatura europea. Tocca aspettare, ma mentre aspettiamo ansiosi di sapere cosa deciderà Elly, possiamo fare una domanda: era proprio necessario organizzare questo seminario in un luogo tanto esclusivo quando costoso (a proposito delle diseguaglianze…), tra persone che si incontrano tutti i giorni a Montecitorio? La domanda ovviamente è retorica, la risposta è scontata: no.
Riccardo Barenghi