Ho seguito anche io in video l’intera conferenza stampa di Giorgia Meloni, come qualche milione di persone. E ho letto molti commenti sulla stampa: sui suoi errori, le omissioni, le abilità retoriche, le furbizie dialettiche. Devo dire che li trovo commenti per la maggior parte scontati, difficili da non attribuire a qualsiasi politico che parli alla stampa per 3 ore di seguito. Vorrei invece fare qualche considerazione più generale o più generica, se si preferisce. La prima è che leader così capaci al confronto dal vivo (non via social) ce ne sono pochi in Italia. Leader al femminile abituate a stare fra la gente e non solo in TV, forse solo 2. (Di cui attendiamo con ansia l’incontro in diretta.) La seconda considerazione, quasi da bar, è che se la Meloni invece che di cultura fascista fosse di cultura progressista, avrebbe molto più consenso popolare degli attuali leader della sinistra. Se invece che giocare con la squadra avversaria, giocasse con la nostra…
Detto questo, 4 osservazioni critiche.
La prima, quasi metodologica. Il capo di un Governo, come era un tempo, deve smettere di essere o sentirsi anche il capo del suo partito, altrimenti prima o poi si crea un corto circuito tra due funzioni che è bene (come i partiti storici insegnavano) tenere convergenti ma separate. Altrimenti alle risposte della Meloni uno si chiede chi stia rispondendo, se il capo del Governo del Paese o solo il leader di un partito, seppure di peso, che sta sempre in campagna elettorale. La sovrapposizione degli incarichi restringe la democrazia.
La seconda. Ciascuno è giusto che abbia i sensi di colpa che merita, ma non può scaricarli addosso agli altri. Un conto è l’antisemitismo, ben altro è criticare le politiche dello Stato di Israele, il suo Governo e il suo leader attuale. Che in democrazia possono essere criticati come tutti gli Stati e i Governi e i presidenti del mondo. Non è che se uno dice che è in corso un genocidio a Gaza è antisemita. E nemmeno che è filo Hamas e che rimuove la terribile strage del 7 ottobre. Come fa un Presidente del consiglio così abile a dimenticarsi una differenza del genere? Certo: la fiamma nel simbolo del partito e un pro Netanyahu a prescindere è un bell’ossimoro da far digerire.
La terza, sull’immigrazione. Vanno benissimo, era ora, i progetti europei per migliorare le condizioni di vita e di benessere dell’Africa tutta. Ma questa politica dà risultati a medio lungo termine. E da qui ad allora cosa facciamo con le donne, i ragazzi, i bambini e gli adulti che vengono in Europa per migliorare le proprie condizioni di vita? Li lasciamo annegare? Li esportiamo a pagamento in Albania? O creiamo delle procedure di regolarizzazione in modo che calino gli irregolari? La soluzione a breve è attivare un percorso di inclusione per una vera cittadinanza, non per la carcerazione preventiva. La vera cittadinanza si fa garantendo casa, scuola e lavoro. Con pienezza di diritti e di doveri per ciascuno. Era così quando i migranti eravamo noi, lo è ancora adesso che li riceviamo.
La quarta, sulle politiche economiche. Non sono riuscito a capire a quali soggetti economici guarda questa destra che ci governa. La mia impressione o il mio timore è che puntino al consenso dei piccoli imprenditori (agricoli, industriali, commerciali) considerandoli il baricentro della creazione della ricchezza del Paese (anzi, della Nazione, come preferisce dire la Meloni). Se è così significa che questo governo non ha nessuna cognizione di cosa sia governare l’economia reale, le innovazioni digitali, gli investimenti esteri, gli scambi internazionali. Perché prima delle opinioni politiche cominciano a pesare le differenze scolastiche e culturali.
Sulla base di queste considerazioni critiche un auspicio. Che il centro destra che ci governa recuperi e rinnovi il meglio della propria cultura “social-collaborativa” e che si metta a lavorare seriamente con i corpi intermedi (a partire da sindacati e imprese) per uscire dal piccolo cabotaggio e concordare un urgente “Patto per l’Italia”. A partire dal lavoro dei giovani e delle donne, dalle loro retribuzioni, dal fisco e dal debito pubblico. Un patto in cui siano indicate le politiche necessarie per avviare un vero sviluppo sostenibile (ambientalmente, socialmente, economicamente) come da Agenda ONU 2030.
Gaetano Sateriale