Il vero problema dell’Italia sono gli italiani, o quantomeno la metà di loro. E non stiamo parlando solo di tutti quelli che hanno votato la destra portandola al governo, e neanche di coloro che dal governo stanno cercando di cambiare il paese in peggio. Certo, anche di loro. Ma soprattutto di quelli che che seguono sui social Chiara Ferragni, quasi trenta milioni. Appunto la metà della popolazione. Che probabilmente in maggioranza hanno votato per Meloni e “compagni” – ma magari qualcuno ha anche votato a sinistra – ma che soprattutto seguono l’influencer più famosa d’Italia qualsiasi cosa faccia o dica, errori e truffe compresi.
Chi sono questi trenta milioni, cosa pensano, cosa fanno nella vita, quanto guadagnano, pagano le tasse? Solo rispondendo a queste domande potremmo capire in che Paese viviamo: se fossimo il Censis, di queste persone ci occuperemmo nel prossimo rapporto annuale. Ne verrebbe fuori una fotografia neorealista straordinaria e purtroppo deprimente. Ma ci aiuterebbe a renderci conto della realtà, e magari aiuterebbe pure la nostra sinistra a cominciare un lavoro lungo e faticoso che significa gettarsi a capofitto in mezzo al popolo, o alla gente come si dice oggi, per verificare quanto vicino o lontano sia esso da quello che dicono e fanno i suoi leader del cosiddetto campo progressista. E di conseguenza cosa dovrebbero fare e dire per convincerne almeno un pezzo a fidarsi di loro invece che di Ferragni.
Sarebbe un bagno nella realtà, che potrebbe anche provocare un profondo sconforto, ma che è l’unica strada che consentirebbe al centrosinistra di capire in che Paese viviamo, cosa sono i suoi abitanti, e cosa si aspettano dalla politica. Ammesso che si aspettino ancora qualcosa. Si tratterebbe di qualcosa molto più importante di qualsiasi sondaggio, una volta si chiamava inchiesta, ovvero un sistema che riporterebbe la sinistra a tentare di ricostruire quella relazione col popolo necessaria, anzi indispensabile, per poter capire cosa si dovrebbe pensare e poi fare per governare l’Italia.
Le sezioni di partito, quelle che una volta consentivano di stringere il rapporto tra politica e società civile, non esistono più, e se esistono sono quasi sempre vuote. Oggi esistono i social, uno strumento di comunicazione che se non ci fosse sarebbe meglio. Ma purtroppo c’è, e quindi bisogna fare i conti con lui. O meglio, con chi dentro quei social vive e vegeta. E appunto ama Ferragni, eletta leader maxima, la donna che indica la via da seguire (manco fosse Dio), una via fatta di oggetti e vestiti lussuosi, di stelline, di feste esclusive, di “bella vita”. Che la maggioranza di quei trenta followers non potrà mai permettersi ma che consente loro di sognare e di godere per interposta a persona, ovviamente invidiando chi invece quella vita può permettersi e la ostenta senza alcuna vergogna.
Non è facile provare e poi riuscire a proporre un’alternativa a questo modello, tuttavia per la sinistra è indispensabile mettere sul piatto del consenso un altro sogno, anzi un’altra realtà. Fatta di concretezza, cioè del miglioramento della condizione sociale di chi oggi non vive bene e si rifugia nella chimera proposta da Ferragni. Ma prima deve capire con chi ha a che fare, altrimenti continuerà a polemizzare con il governo Meloni attraverso brevi e inutili comparsate in televisione. Che non possono certamente essere abolite, è evidente che l’opposizione deve continuare ad andare in tv, ma contemporaneamente deve “sporcarsi le mani” nel mondo non virtuale, composto da persone e in carne ed ossa (spesso più ossa che carne) e non da figurine elettroniche, tanto carine e altrettanto finte.
Riccardo Barenghi