Obiettivo: riavvicinare il mondo della cultura a quello del lavoro, attraverso la scrittura e, di conseguenza, la lettura, restituendo voce alla working class. Questo, in sintesi, il senso del nuovo premio letterario presentato oggi in conferenza stampa dalla Cgil di Roma e del Lazio guidata da Natale Di Cola, insieme all’Iress e alla Fondazione Di Vittorio. E proprio a Di Vittorio è intitolato il Premio, al quale potranno concorrere sia romanzi sul tema pubblicati negli ultimi due anni, sia racconti di esordienti, provenienti direttamente nei luoghi di lavoro. Il bando ufficiale uscirà a gennaio, la scadenza per partecipare è stata fissata nella data simbolica del primo maggio, la premiazione avverrà a settembre 2024. Saranno accettati scritti di ogni genere – noir, giallo, commedia, romance- purché il tema centrale sia il lavoro. “È arrivato il momento di rompere la rimozione pubblica del lavoro – dice il segretario della Cgil di Roma e del Lazio Natale Di Cola. E sono convinto che scriverne contribuisca a ridar voce a chi per vivere ha bisogno di lavorare”.
A valutare le opere in gara saranno due giurie: una di esperti (ne faranno parte Lidia Ravera, Anna Scarparo, Simona Baldanzi, Filippo La Porta, Alessandro Pera), per una prima selezione delle opere, e una popolare, composta da 12 membri scelti tra delegati, sindacalisti, lavoratori, cui spetterà l’ultima parola per designare i vincitori delle due sezioni, quella dei romanzi editi e quella dei racconti inediti inviati dai lavoratori. Di questi ultimi, i migliori dieci saranno pubblicati, sia su carta che in versione ebook.
Sempre allo scopo di stimolare il rapporto tra lavoro e cultura, la Cgil ha in mente di realizzare anche un corso di scrittura creativa, destinato ai lavoratori. Una “chiamata alle arti”, l’ha definita Eugenio Ghignoni, presidente dell’Iress Lazio, sottolineando che il premio si richiama in qualche modo alla tradizione del neorealismo, quando il lavoro operaio era raccontato da grandissimi scrittori come Primo Levi con il suo La chiave a stella, il cui protagonista è, per l’appunto, un operaio. Ma è anche abbastanza un unicum: la letteratura raramente ha messo piede in fabbrica, o comunque nei luoghi di lavoro, a differenza del cinema, che vi si è ben più spesso dedicato.
E non solo manca nella nostra letteratura un “racconto del lavoro”, ma anche le vertenze storiche del sindacato, da quella sulla Scala mobile alla Fiat, ricorda il presidente della Fondazione Di Vittorio Francesco Sinopoli, non hanno mai trovato una narrazione che uscisse dal recinto della saggistica per spaziare nella “fantasticheria”; alla quale invece, come sottolinea Angela Scarparo, lo stesso Antonio Gramsci, nei Quaderni, attribuiva grande importanza. E d’altra parte, ricorda Scarparo, da Balzac a Dickens, a Emily Bronte, a infiniti altri esempi di grandissima letteratura, pur sempre il lavoro avevano al centro. Oggi, non più. Dunque, la “missione” del premio è appunto quella di restituire “voce al lavoro”, spiega ancora Sinopoli, missione che la Fdv ha eseguito fin qui attraverso le sue ricerche e le inchieste, ma che ora compirà un passo in più: del resto, ‘’Di Vittorio era analfabeta, ma era anche convinto che proprio la cultura fosse indispensabile alla classe lavoratrice per acquisire consapevolezza di sé’’.
“Credo che del mondo del lavoro la letteratura possa oggi regalarci una verità più nascosta e meno ovvia” anche rispetto a quanto emerge da inchieste e saggi, sottolinea il critico Filippo La Porta, mentre Lidia Ravera osserva: “la classe operaia, protagonista negli anni Settanta, oggi sembra dissolta nel nulla, per questo penso sia necessario lavorare sull’immaginario collettivo e provare di nuovo a vederla e a raccontarla”.
Nunzia Penelope