Ferma, fermo. Non è un’invocazione, ma una descrizione. Anzi, due descrizioni. Nel primo caso, si tratta di Federmeccanica che parla della produzione metalmeccanica italiana nel terzo trimestre 2023. Nel secondo caso, del Centro studi della Confindustria che parla del Prodotto interno lordo italiano nel quarto trimestre di questo stesso 2023. E il fatto che per connotare l’andamento di queste due dinamiche economiche, certo contigue, sia stato scelto il medesimo aggettivo, ci lascia pensare, non solo, che ci troviamo di fronte a due analisi convergenti, ma anche che questa convergenza sia motivata da una realtà economica che si trova, effettivamente, in una fase segnata da una qualche difficoltà.
Cominciamo, dunque, dal primo caso, quello della nostra industria metalmeccanica. Ce ne siamo occupati, qui sul Diario del lavoro, la settimana scorsa, a partire dalla presentazione, effettuata a Roma il 14 dicembre, dell’edizione n. 168 dell’Indagine congiunturale effettuata da Federmeccanica con cadenza trimestrale.
Ebbene, nel primo paragrafo della sintesi di questa ricerca, sintesi elaborata per gli organi di informazione, si dice che “nel terzo trimestre del 2023, l’attività produttiva metalmeccanica nel nostro Paese” è “sostanzialmente ferma” in termini congiunturali, ma risulta “in sofferenza” in termini tendenziali. Infatti, “nel periodo luglio-settembre del 2023, nel settore metalmeccanico i livelli di produzione sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto ai tre mesi precedenti (+0,1% dopo le flessioni registrate nel primo e secondo trimestre)”, ma risultano “inferiori del 2% nel confronto con lo stesso trimestre del 2022”.
E veniamo, adesso al secondo caso, quello della cosiddetta Congiuntura Flash diffusa dal Centro studi della Confindustria due giorni dopo, ovvero sabato 16 dicembre. Qui va detto, innanzitutto, che si tratta di un’indagine che non è relativa al solo settore metalmeccanico – che è comunque il settore principale della nostra industria manifatturiera -, ma punta a offrire un rapido quadro dell’intera economia italiana e del quadro internazionale in cui essa è inserita. Inoltre, va osservato che stiamo parlando di un’indagine che, con qualche audacia, va oltre i dati statistici, ormai consolidati, relativi al terzo trimestre 2023, e avanza delle stime relative all’intero quarto trimestre, a partire da ciò che si sa già dei due primi mesi (ottobre e novembre) del trimestre stesso.
Ebbene, la ricerca del Centro studi di Confindustria si apre con un succinto paragrafo significativamente intitolato “Fase di stagnazione”. Paragrafo in cui si può leggere che “nel 4° trimestre il PIL italiano è stimato quasi fermo, dopo il +0,1 nel 3°: sia i servizi che l’industria restano deboli”.
Più in dettaglio, un grafico intitolato “Produzione industriale in stallo” mostra che, a partire da ottobre, la curva della produzione è quasi piatta, con un leggero calo a novembre, mentre per ciò che riguarda i giudizi delle imprese sugli ordini provenienti sia dall’interno che dall’estero si vede una tendenza al ribasso.
Allargando il quadro analitico, il Centro studi Confindustria scrive poi che “il rientro dell’inflazione aiuta, ma i tassi di interesse resteranno ai massimi ancora per alcuni mesi e il credito è troppo caro”. Inoltre, “gli scambi mondiali e l’export italiano mancano di vero slancio, a causa di guerre e incertezza”, mentre “il costo di gas e petrolio non si è impennato, ma resta storicamente elevato”.
Nel paragrafo intitolato “Il credito caro frena gli investimenti”, si può leggere che “a ottobre il costo del credito per le imprese italiane è salito ancora (5,46% in media, 5,95% per le piccole)” e che “le condizioni difficili del credito ne riducono l’uso per finanziare investimenti”. In particolare, “quelli in impianti e macchinari registrano il secondo calo consecutivo (-0,9% nel 3° trimestre, -0,4 nel 2°)”, mentre “gli investimenti totali risultano in lieve calo nel 3° (-0,1%), dopo il crollo” verificatosi “nel 2° (-2,0%)”.
Infine, dal paragrafo intitolato “Faticosa ripresa dell’export”, si ricava che “dopo un 3° trimestre in recupero, a ottobre le vendite di beni italiani all’estero sono cresciute grazie soprattutto ai flussi extra-UE (OPEC e USA)”, ma anche che “le prospettive per gli ultimi mesi del 2023 (…) restano deboli”. Infatti, la domanda dall’estero di beni manifatturieri italiani diminuisce, “sebbene a ritmo minore”, mentre “a novembre”, sono ancora negative le attese sul commercio mondiale”.
@Fernando_Liuzzi