“Diminuisce la produzione e si riducono i profitti. La nostra industria si trova come in una morsa tra dati a consuntivo, relativi ai trimestri scorsi, che non ci piacciono e prospettive prive di aspetti positivi.” Parole di Stefano Franchi, direttore generale di Federmeccanica, l’associazione delle imprese metalmeccaniche e meccatroniche aderenti a Confindustria. Parole pronunciate ieri mattina quando, a Roma, sono stati presentati i risultati dell’edizione n.168 dell’indagine che Federmeccanica conduce, con cadenza trimestrale, sulla Congiuntura metalmeccanica.
Ecco dunque, in estrema sintesi, quelli che, a nostro avviso, sono i tre principali fra i dati che sono emersi dall’indagine.
Primo. Nel periodo luglio-settembre del corrente anno, il trimestre cui si riferisce l’indagine, i livelli di produzione “sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto ai tre mesi precedenti”. Infatti, “dopo le flessioni registrate nel primo e nel secondo trimestre” del 2023, nel terzo trimestre tali livelli hanno raggiunto un incremento di modestissime proporzioni: +0,1%.
Secondo. Nel medesimo terzo trimestre 2023, la produzione metalmeccanica ha registrato un calo del 2% rispetto all’analogo periodo del 2022.
Terzo. Complessivamente, nel periodo gennaio-settembre 2023, ovvero nei primi tre trimestri dell’anno in corso, “la produzione metalmeccanica è mediamente diminuita dello 0,5% rispetto ai primi nove mesi del 2022”.
Morale della favola: “la macchina è ferma”, dice ancora Franchi. E se si considera che già l’annata 2022 aveva registrato un calo rispetto ai risultati del 2021, ci permettiamo di aggiungere che la macchina della nostra industria metalmeccanica è ferma non da oggi. In altre parole, dopo il forte calo produttivo verificatosi nel 2020 a causa delle conseguenze negative della pandemia da Covid-19, e dopo la significativa ripresa del 2021, negli ultimi due anni il settore principale della nostra industria manifatturiera ha registrato e continua a registrare risultati un po’ altalenanti, ma non ha ancora trovato la strada di una nuova crescita.
A questo proposito, va osservato che questa situazione non brillante, e comunque fatta di alti e bassi, e quindi priva di una direzione nettamente definibile, non caratterizza solo la nostra industria metalmeccanica, ma riguarda un po’ tutta l’area dell’Unione Europea.
Infatti, nell’insieme dei 27 Paesi della UE, la produzione metalmeccanica è calata del -1,8% nel primo trimestre (da noi, del -0,2%), per poi risalire del +1,1% nel secondo trimestre (Italia, -0,6%), e poi scendere ancora del -1,9% nel terzo trimestre (Italia, +0,1%).
Nel caso specifico della Germania, invece, a un primo trimestre piuttosto tonico (+1,5%), e a un secondo trimestre sostanzialmente piatto (+0,3%), ha fatto seguito un terzo trimestre, a dir poco, sconfortante (-2,4%).
Restando all’estero, ma ampliando lo sguardo, sempre secondo Federmeccanica si può parlare di un “rallentamento della domanda mondiale”. Rallentamento che “si ripercuote sulle esportazioni” del nostro settore metalmeccanico. Un fenomeno, questo, che non va sottovalutato, dato che tale settore “indirizza all’estero circa la metà delle proprie produzioni”.
È così accaduto che nel periodo gennaio-settembre 2023 il nostro export metalmeccanico sia cresciuto del 4% rispetto all’analogo periodo del 2022. Ma il carattere aritmeticamente positivo di tale risultato è attenuato da due fatti. In primo luogo, infatti, Federmeccanica sottolinea che “gli incrementi dell’interscambio in valore sono stati influenzati da una crescita dei valori medi unitari”. Un fenomeno, questo, già verificatosi nel recente passato. In secondo luogo, nel corso del 2023 si è assistito, sin qui, a un rallentamento della crescita delle esportazioni. Considerando i corrispondenti periodi del 2022, il nostro export metalmeccanico è infatti cresciuto del 7,8% nel primo trimestre 2023, del 4% nel secondo trimestre e di un risicato 0,4% nel terzo trimestre.
Nel modello dell’indagine congiunturale di Federmeccanica, l’elaborazione di dati forniti da fonti ufficiali ed esterne alla Federazione – quali Eurostat, Istat o Inps -, viene integrata dall’esposizione dei risultati di ricerche svolte direttamente dalla stessa Federmeccanica nell’universo delle imprese metalmeccaniche italiane. Ricerche volte ad appurare, innanzitutto, quale sia la percezione che le imprese stesse hanno della situazione in cui operano e delle prospettive che stanno davanti a loro.
Ieri Franchi ha ricordato che, attualmente, le imprese del settore attive nel nostro Paese devono fronteggiare una “spirale” fatta di “aumento dei costi, riduzione della produzione e contrazione del margine operativo”. Ebbene, ha detto ancora Franchi, “anche guardando alle prospettive, aumentano i loro giudizi negativi e si riducono quelli positivi su tutti i principali fronti, dal portafoglio ordini ai livelli di produzione, dall’occupazione alla liquidità”.
Vediamo, dunque, questi fenomeni più da vicino. Cominciando con l’occupazione, il fattore che, fin qui, ha destato minori preoccupazioni. Fatto 100 il dato degli occupati a gennaio 2019 (elaborazione su dati Istat), il calo maggiore è stato quello verificatosi a fine 2022, dove si è toccato, circa, il 96%. Si è poi assistito a una ripresa che, al settembre scorso, ha riportato il dato al 98%. Va detto, però, che, nella percezione delle imprese, non ci sono buone aspettative in merito all’occupazione. Infatti, le ipotesi di crescita degli occupati sono quasi azzerate.
Negative sono poi le valutazioni relative sia al portafoglio ordini che alle prospettive produttive. In leggera risalita è invece la percentuale delle imprese rispondenti che denuncia problemi di liquidità (dal 7% del secondo trimestre 2023, all’8% del terzo trimestre).
Ancora: il 63% delle imprese denuncia un “impatto significativo dei prezzi dell’energia e delle materie prime sui costi di produzione”. Il 42% si lamenta per gli effetti e le conseguenze del conflitto fra Russia e Ucraina. Il 61% denuncia una riduzione del Margine operativo lordo (Mol), causata dalla crescita dei costi dell’energia e delle materie prime.
Infine, sarà utile ricordare che, come peraltro accade di consueto, anche questa indagine n. 168 ha rilevato andamenti produttivi differenziati per i vari comparti dell’industria metalmeccanica. Confrontando i primi nove mesi del 2023 con l’analogo periodo del 2022, si vede che “sono diminuite in particolar modo le attività della Metallurgia (-6,9%), le produzioni di Macchine e apparecchi elettrici (-4,3%)” e quelle di “Prodotti in metallo (-3,4%)”. Inoltre, una “leggera flessione” è stata registrata per ciò che riguarda “Macchine e apparecchi meccanici (-0,4%).
Sono, invece, aumentate le “fabbricazioni di Altri mezzi di trasporto (+10,8%) e di Autoveicoli e rimorchi (+8,2%)”, mentre “quella di Computer, radio tv, strumenti medicali e di precisione, pur in crescita, ha messo a segno un modesto +0,4%)”.
A commento dei dati sin qui esposti, Diego Andreis, Vicepresidente di Federmeccanica, ha osservato che «sta per finire un altro anno difficile”, mentre “quello che inizierà a breve è caratterizzato da grandi incertezze”. “Gli imprenditori – ha poi affermato – cercano sempre di essere ottimisti. All’ottimismo però non necessariamente corrisponde la fiducia”. Fiducia che, per Andreis, “è il motore dell’economia”.
Ebbene, questa necessaria fiducia, sempre secondo Andreis, “deve essere alimentata da azioni concrete e da misure efficaci, messe in campo dalle Istituzioni. L’ottimismo di noi imprenditori, da solo, non basta”.
“Fin qui – ha poi aggiunto il Vicepresidente di Federmeccanica – non abbiamo visto un adeguato sostegno alla crescita e agli investimenti, né interventi volti ad aumentare quella produttività che, da troppo tempo, in Italia è distante dagli standard di altri Paesi che sono nostri competitori. Lo abbiamo detto nella nostra Assemblea Generale del settembre scorso: serve un Patto per la Produttività.”
Rispetto a questa proposta di Federmeccanica, ha poi spiegato Andreis, “non è necessario che venga siglato alcun documento, ma occorre che tutti coloro che possono dare un contributo concreto lo facciano, dal Governo alle Parti Sociali, fino alle imprese. Si tratta, tra le altre cose, di favorire l’innovazione e la ricerca – vero seme del futuro di un Paese -, la crescita delle imprese, la generazione e il trasferimento di competenze, la riduzione del cuneo fiscale, il potenziamento delle politiche redistributive legate alla creazione di ricchezza e la diffusione di una nuova cultura di impresa e del lavoro”.
“Alcuni segnali – ha poi sottolineato Andreis – li abbiamo visti: penso agli interventi sul cuneo fiscale. Ora, occorre rendere strutturale e ampliare la riforma, agendo anche sul costo del lavoro, e poi continuare con lo stesso metodo sugli altri capitoli. Solo così potremo scrivere una nuova storia all’insegna dello sviluppo e del progresso.”
@Fernando_Liuzzi