Grandi cambiamenti stanno interessando il mondo del lavoro. Al centro di queste innovazioni l’attenzione prestata alla persona, divenuta centrale nelle strategie di sindacati e aziende. Sono ormai alcuni anni che il lavoro non è più visto come fattore identitario, la fierezza di chi svolge un lavoro specializzato non esiste più. I lavoratori per tanto tempo hanno guardato soprattutto al salario, ma adesso questo non basta più, forse anche perché è diminuito negli anni. Adesso ogni lavoratore chiede qualcosa in più alla propria vita. La pandemia ha accelerato questo processo allargando gli spazi dello smart working e in generale quelli del lavoro da remoto. E a catena sono sorti i fenomeni delle grandi dimissioni e, ultimo, del quite quitting. Un’insofferenza che ha interessato masse sempre più numerose di lavoratori.
Adesso però siamo vicini a un nuovo cambiamento. Perché la gran parte delle innovazioni fin qui introdotte hanno interessato il lavoro impiegatizio e solo quello remotizzabile, mentre adesso le novità cominciano a riguardare anche altri lavori, quelli che non si possono fare da casa, fino alla catena di montaggio. Ne fanno fede alcuni contratti raggiunti in grandi gruppi. In particolare, quelli di Intesa San Paolo e di Luxottica che hanno introdotto la settimana di quattro giorni a salario immutato. Per Intesa è stato più facile, perché sempre di lavoro impiegatizio si tratta, ma il primo gruppo bancario italiano ha applicato la riduzione dell’orario anche alle filiali, dove è più complesso mantenere o aumentare i livelli di produttività con un orario ridotto. Luxottica è andata ancora più avanti, perché la riduzione dell’orario coinvolgerà anche gli addetti alla catena di montaggio.
L’innovazione è importante in quanto coinvolge fortemente gli attuali assetti dell’organizzazione del lavoro. Saranno necessari profondi cambiamenti nell’assetto produttivo degli stabilimenti, rimettendo in discussione poteri decisionali e strutture di gestione sperimentati negli anni. Si comincerà con delle sperimentazioni, ma a regime tutti i lavoratori saranno interessati dal cambiamento. Intesa San Paolo e Luxottica non sono del resto le sole a essersi mosse in questa direzione, come dimostrano gli accordi raggiunti in Leonardo e, recentemente, in Lamborghini. In ciascuna di queste aziende ha vinto la volontà di incontrare il consenso dei lavoratori circa le difficoltà, inevitabili, nel gestire un notevole cambiamento del modo di produrre. Ha avuto un peso la fatica delle aziende nel reperire manodopera qualificata, ma la molla principale è stata la volontà di cercare un aumento da un lato della produttività, dall’altro del benessere dei lavoratori: a ben vedere, due elementi strettamente connessi. A muoversi per primi sono stati i contratti aziendali di grandi gruppi, ma anche i contratti nazionali sono attenti nel rispondere alle nuove esigenze dei lavoratori: lo dimostra il nuovo contratto dei bancari, che ha segnato l’aumento salariale più importante di tutta la stagione dei rinnovi, ma che ha introdotto modifiche importanti proprio sul tema dei diritti. A riprova che la contrattazione di prossimità è certamente rilevante, ma che poi sono i contratti nazionali ad assumersi il compito di strutturare le innovazioni, come sempre è accaduto nella storia delle relazioni industriali del nostro paese.
Insomma, un mondo in grande trasformazione, reattivo, proteso verso nuovi traguardi. Tutto il contrario rispetto a quello che ci ha descritto l’ultimo Rapporto del Censis, che ha parlato del sonnambulismo diffuso che caratterizzerebbe oggi il nostro paese. Secondo il grande centro di osservazione fondato da Giuseppe De Rita, gli italiani sono in un sonno profondo, ciechi di fronte alle difficoltà che si prospettano, incapaci di quelle reazioni che sarebbero necessarie per far fronte alle emergenze in arrivo. E soprattutto spaventati. Temono tutto, che il paese declini, che non sappia opporsi a una globalizzazione che ha portato più danni che benefici, che scoppi una nuova guerra mondiale dalla quale non sapremmo difenderci. Temono che i flussi immigratori diventino incontrollati, che il debito pubblico cresca fino a provocare il collasso finanziario dello Stato.
Un paese, appunto, di sonnambuli, incapaci di guardare alla realtà e di elaborare le misure necessarie per parare eventuali disgrazie. Un paese ben diverso da quello delle relazioni industriali, dove importanti protagonisti hanno saputo interpretare le nuove realtà e mettere a punto valide strategie di ripresa. Eppure, a ben guardare, anche il Rapporto Censis mostra un’Italia diversa, capace di accogliere quelle importanti novità che gran parte del mondo politico mostra ancora difficoltà ad accettare. Il 74% degli italiani è favorevole all’eutanasia, il 70,3% approva l’adozione di figli da parte di single, il 65,6% è favorevole a matrimoni tra persone dello stesso sesso, il 72,5% è per lo ius soli, il 76,8% per lo ius culturae. Forse possiamo sperare, anche a casa nostra, in un mondo migliore.
Massimo Mascini