Uno dei pilastri di quella che Luca Ricolfi definisce, con riferimento all’Italia, una “Società signorile di massa” ( dall’omonimo saggio pubblicato da La Nave di Teseo, nel 2019) è una < infrastruttura paraschiavistica> costituita “dall’occupazione massiccia di posizioni sociali infime ( ….) da parte di un nuovo gruppo sociale: gli stranieri provenienti dall’Est europeo, dall’Africa e più in generale da Paesi (molto) meno ricchi del nostro”. Ma che cosa è secondo Ricolfi una società signorile di massa? La definizione descrive una società opulenta in cui l’economia non cresce più e i cittadini che accedono al surplus senza lavorare sono più numerosi dei cittadini che lavorano. Ciò produce una speciale condizione: coloro che vivono al di sopra della soglia di povertà sono l’87% dei residenti e il 94% di quanti hanno la cittadinanza italiana. Può essere che queste percentuali sia un po’ datate, visto l’anno di pubblicazione del saggio, prima dell’evento (la pandemia) che ha diviso la storia dell’umanità tra un ‘’prima e un ‘’dopo’’. Si conferma, però, anche nelle analisi più recenti una tendenza: sul piano della narrazione e della comunicazione dei dati sia della povertà assoluta che del ‘’rischio di povertà’’, le diverse agenzie degli italiani nativi non esitano ad impossessarsi degli indici di povertà degli stranieri allo scopo di piangerci meglio addosso. Ovviamente nessuno nasconde la realtà: a leggere con attenzione i rapporti si arriva a scoprire quanto pesa la povertà nelle diverse condizioni delle persone e della famiglie, ivi compresa la cittadinanza. Ma sono convinto che nei tg e nei talk show, come nei comizi politici e sindacali la differenza tra residenti e cittadini non viene quasi mai spiegata. Le statistiche (vedi da ultimo il Rapporto Caritas) mettono in evidenza che le persone in povertà assoluta (rientrano in questa categoria quanti non possono accedere a un livello minimo di consumi in grado di garantire una vita dignitosa), erano, nel 2022 5 milioni 673 mila (357mila unità in più del 2021 ); l’incidenza era salita da 9,1% al 9,7%; quanto ai nuclei, si contavano 2 milioni 187mila famiglie in povertà assoluta passando dal 7,7% del 2021 all’8,3% l’anno dopo. Vi è poi una caratteristica della povertà che è buona testimone della complessità del fenomeno in Italia, anche con riferimento al dibattito in corso. Complessivamente, se si guarda alle famiglie povere nel loro insieme (in totale 2milioni 187mila) balza in evidenza che per quasi la metà di loro non ci sia un problema di mancanza di lavoro: il 47% dei nuclei in povertà assoluta risulta avere infatti il “capofamiglia” occupato. E qui si nota una delle tante differenze tra cittadini e residenti: Tra le famiglie povere di soli stranieri la percentuale sale addirittura all’81,1%; tra gli italiani si attesta al 33,2%. Un ulteriore aspetto sul quale soffermarsi, in parte già richiamato, è quello legato alla cittadinanza. La deprivazione economica si mantiene al di sotto della media tra le famiglie di soli italiani, sebbene in leggero aumento (dal 5,8% al 6,4%) rispetto al 2021, mentre si attesta su livelli molto elevati tra i nuclei con soli componenti immigrati 33,2%. Complessivamente le famiglie straniere in povertà assoluta risultano 661mila (per un totale di circa un milione e 700mila persone) e costituiscono circa il 30% delle famiglie in povertà in Italia pur rappresentando appena l’8,7% del totale dei nuclei residenti. Una situazione analoga si riscontra per quanto riguarda le persone a rischio di povertà, ovvero la percentuale di persone che vivono in famiglie con un reddito netto equivalente inferiore al 60% della mediana della distribuzione del reddito netto equivalente. Nel 2022 la soglia di povertà (calcolata sui redditi del 2021) era pari a 11.155 euro annui (930 euro al mese per una famiglia di un componente adulto). Secondo il Rapporto Caritas, dal 2021 al 2022 cala la percentuale di persone in condizione di grave deprivazione materiale e sociale che passa dal 5,9% al 4,5%, grazie alla ripresa dell’economia registrata soprattutto nei primi trimestri del 2022 e all’incremento dei redditi familiari e dell’occupazione6. Analogamente, per effetto di alcuni miglioramenti nelle condizioni del mercato del lavoro, tende a diminuire anche la quota di individui a bassa intensità lavorativa (dal 10,8% al 9,8%). Va sottolineato il fatto che vi sia stato nel 2022 sul 2021 un incremento della povertà assoluta ed una diminuzione di quella relativa: il primo indicatore è relativo ad una condizione di lavoro e di vita, il secondo al rischio di povertà che diminuisce quando l’economia e l’occupazione migliorano. Costanti anche le differenze legate alla cittadinanza: se infatti tra i cittadini italiani il rischio di povertà per gli occupati è al 9,9%, tra gli stranieri raggiunge il 24,7% (28,0% per gli stranieri non EU). Infine dal confronto con gli altri Paesi europei, l’Italia presenta valori di rischio superiori alla media (8,9%) e si colloca ventiquattresima, appena al di sopra degli standard raggiunti da Spagna (12,7%), Lussemburgo (13,5%) e Romania (15,5%), i tre Paesi in fondo alla classifica. Le nazioni nella condizione migliore sono Finlandia (2,8%), Repubblica Ceca (3,5%), Belgio (3,8%), Paesi Bassi (5,2%) e Francia (6,9%). Tuttavia, come certifica l’Istituto nazionale di statistica, i bonus sociali per l’energia e il gas – fortemente potenziati nel 2022 sia in termini di platea di beneficiari sia nell’importo – hanno contribuito a contenere la crescita della povertà (si stima che questa misura ne abbia ridotto l’incidenza di sette decimi di punto). Secondo la Caritas tale contenimento è conseguenza anche delle misure di sostegno al reddito, in particolare del Reddito di Cittadinanza, così come testimoniato dall’Istat per l’anno 2021.
Giuliano Cazzola