“Il Cnel diviso? No, è diviso il sindacato, e il Cnel ne ha dovuto tenere conto’’. Così Renato Brunetta spiega il voto dell’assemblea che ha approvato solo a maggioranza il testo sul lavoro povero e il salario minimo. Trentanove voti a favore e 15 contrari (su una platea di 64 consiglieri) tra cui i 6 “no” dei rappresentanti della Cgil, i due della Uil, un rappresentante del sindacato Usb, un esponente del Terzo settore e i cinque esperti nominati dal presidente della Repubblica, gli stessi che ieri sera avevano presentato alcuni emendamenti integrativi che recuperassero almeno in forma sperimentale il salario minimo, poi respinti dall’assemblea.
Brunetta specifica tuttavia che solo i voti delle parti sociali “contano” in quella che è, appunto, la casa delle parti sociali; in quest’ottica, conteggia il presidente del Cnel, i voti contrari ‘’sono solo 10 su 48 consiglieri”. In realtà quei dieci “no” pesano per un po’ più del 20 per cento, se si calcola solo la base delle parti sociali; ed è un peso soprattutto politico, considerando che due confederazioni sulle tre che siedono al Cnel si sono chiamate fuori. Ma spiega Brunetta: “il voto unanime del Cnel si aveva quando i sindacati erano unitari, ora sono divisi e noi non possiamo che rispecchiare queste divisioni”. Quanto alla bocciatura degli emendamenti presentati dai cinque esperti nominati dal Colle (Alessandro Rosina, Marcella Mallan, Enrica Morlicchio, Ivana Pais e Valeria Termini) e al loro conseguente voto contrario sul documento finale: “gli esperti sono esperti, hanno fatto il loro mestiere”. In altre parole: non era un atto dovuto accettare i loro suggerimenti, né ha un particolare peso il loro voto contrario.
Al Cnel “comandano” le parti sociali, ribadisce Brunetta, che, ancora, rimarca: “Cgil e Uil fino a qualche anno fa la pensavano come la Cisl, e cioè erano contrari al salario minimo. Ora hanno cambiato idea e così hanno spaccato l’unità del sindacato. Il Cnel ha dovuto tenere conto di questo. Ma non lo vedo come un problema”. Leggermente di diverso avviso il vicepresidente di parte Cisl, Claudio Risso, che intervenendo nella conferenza stampa sottolinea: “da domani, spenti i riflettori sul salario minimo, dobbiamo lavorare per ricomporre l’unità del sindacato”.
Per il presidente del Cnel la stella polare da seguire, anche per quanto riguarda il salario, è soltanto “la contrattazione’’: solo relazioni industriali forti possono dare forza ed equità sia al mercato del lavoro che alle buste paga. E per chi non ha queste relazioni industriali forti? Nelle quaranta pagine del documento approvato oggi ci sono analisi e proposte di soluzioni un po’ per tutte le necessità: “roba vera’’, sostengono sia Brunetta, sia l’estensore materiale del testo, il giuslavorista Michele Tiraboschi, e non ‘’grida manzoniane’’ come lo erano i 9 euro previsti dalla proposta dell’opposizione.
In ogni caso, starà adesso al governo e al parlamento decidere cosa prendere e come tradurre in concreto i suggerimenti di Villa Lubin: “noi siamo consulenti”, non altro. Un ruolo che Brunetta rivendica con orgoglio e puntiglio: “la Costituzione affida al Cnel esattamente questo compito, all’articolo 99. E al mio amico Landini, che si richiama alla “via maestra”, rispondo che noi siamo nel solco costituzionale, mentre la Sala Verde di Palazzo Chigi no’’. Il riferimento è alle critiche del capo della Cgil, secondo il quale la trattativa col governo sul salario minimo andava fatta, appunto, nella sede della presidenza del Consiglio e non affidata al Cnel. “Le riunioni in Sala Verde sono una prassi, la consultazione del Cnel è la Costituzione”, ribadisce il presidente di Villa Lubin.
Tornando al salario minimo, Brunetta spiega che avrebbe rischiato di causare danni gravi, ai lavoratori e alle aziende: adeguarsi alla soglia dei 9 euro avrebbe, per molte piccole attività, comportato il rischio “di perdere il lavoro o di chiudere l’azienda’’. Tiraboschi chiama in causa anche i rischi per il sindacato: “in tutti i paesi dove c’è il salario minimo il ruolo della contrattazione e dei sindacati si è indebolito”.
Il presidente del Cnel sorprende invece quando, rispondendo a una domanda, afferma di non essere contrario a una legge sulla rappresentanza: “l’articolo 39 è la grande incompiuta della Costituzione, anche perché è scritto non benissimo. Non sono alieno da regolare la rappresentanza, e certamente è un tema sul tappeto. Forse si potrebbe addirittura riscrivere il 39”. Anche qui, tuttavia, si inserisce Risso, precisando che “non serve alcuna legge sulla rappresentanza, l’Inps ha già tutti i dati necessari, e i sindacati si sono da tempo dati gli strumenti e i mezzi per misurarla”. Intanto, stasera il documento sarà consegnato personalmente da Brunetta alla premier Meloni, esattamente nei tempi stabiliti: “sessanta giorni di tempo ci aveva dato, e in sessanta giorni abbiamo completato il lavoro”.
Nunzia Penelope