I sindacati di categoria Filcams Cgil, Fisascat Cisl e Uiltucs nazionali hanno inoltrato alla multinazionale McDonald’s Development Italy llss la piattaforma per la stipula di un contratto integrativo aziendale. “Questa è la piattaforma che noi abbiamo presentato per aprire la trattativa sul contratto integrativo perché, ad oggi, non è mai stato realizzato” dall’azienda, dice a Il diario del lavoro la segretaria nazionale della Filcams Cgil, Sonia Paoloni. “Quello che è scritto è quanto noi chiediamo ufficialmente all’azienda, l’obiettivo quindi è aprire il tavolo e vedere che cosa ci portiamo a casa”.
In passato McDonald’s ha fatto presente che di non poter avviare il confronto sul contratto integrativo aziendale perché non può intervenire sui licenziatari, che sono il 90% dei ristoranti.
Questo lo hanno detto in un incontro avvenuto prima ancora che inviassimo la piattaforma, sapendo comunque che vi è contenuta la richiesta esplicita di estendere l’applicazione dell’integrativo a tutti i licenziatari, come per esempio anche nell’integrativo che abbiamo sottoscritto quest’anno con Chef Express che viene applicato anche ai lavoratori per i quali l’azienda ha la gestione. Questo lo dico perché ci sono dei McDonald’s gestiti da Chef Express e a quei lavoratori in questo momento si sta applicando l’integrativo di Chef Express.
Cosa vi aspettate? Quali sono le vostre previsioni rispetto all’atteggiamento aziendale?
Sicuramente che l’azienda si convinca ad estendere l’applicazione dell’integrativo anche ai licenziatari. In caso contrario saremo costretti ad aprire sui 140 licenziatari altrettanti tavoli di trattativa. È un lavoro complicato, nel senso che i licenziatari che lavorano su più regioni li gestiamo a livello nazionale, mentre i licenziatari che lavorano in un’unica regione sono di competenza delle nostre strutture regionali, con i quali ovviamente faremo un raccordo rispetto a quello che è la piattaforma unica. È tutto da verificare nel momento in cui apriremo il tavolo e dal modo in cui si approccerà l’azienda che, essendo così grande, qualsiasi cosa dirà se ne assumerà le responsabilità.
McDonald’s, o comunque tutta l’area fast food, sono un po’ l’emblema della precarietà. Storicamente, addirittura, si parlava di McDonaldizzazione della della società. Cosa è cambiato nel tempo?
Dipende dal sito McDonald’s si trova e che mole di lavoro ha. Solitamente la problematica è quella dei turni per la copertura h24 dei punti vendita e dall’impossibilità, per quanto riguarda i lavoratori, di poter gestire il tempo vita-lavoro. Principalmente è un’azienda che assume tutti part-time, così come tutti quelli della ristorazione, per avere quel margine di flessibilità e riuscire a coprire tutte le eventuali variazioni che che avvengono. Questo è un problema per i lavoratori perché non hanno una griglia oraria, che di solito viene rispettata, fissata e mantenuta. Per cui se un lavoratore è a part-time con un contratto a 18 ore, e quelle 18 ore non si ha mai la certezza di quando farle, è difficile cercare anche un’altra fonte di reddito, perché non è possibile garantire quando si è a lavoro e quando no. Perciò la questione fondamentale è il part-time con poche ore soggetto a continue variazioni di orario ed è questa la problematica che rivendicano maggiormente i lavoratori piuttosto che l’inquadramento a livello più o livello meno. La prima rivendicazione è quella di potersi assicurare un orario di lavoro che sia compatibile con un reddito decente e che, di conseguenza, si dia la possibilità a questo lavoratore, finché non ha l’estensione dell’orario, di procurarsi anche un’altra opportunità lavorativa.
Tra l’altro, a proposito, l’area dei fast food è stata investita dal fenomeno delle grandi dimissioni.
Il problema delle dimissioni di massa si evidenzia un po’ ovunque nei diversi settori, con la conseguente difficoltà di reperire personale qualificato. Data la precarietà di orario di lavoro e data l’offerta di lavoro, nonché perché, oltre all’orario fisso, viene richiesto lo straordinario, dopo la pandemia le persone stanno rivalutando quella che è l’importanza della vita personale e in tanti si dimettono. Nel nostro settore a fronte dello stress che comporta un lavoro per il quale non si sa mai il giorno dopo che orario fare, a fronte di un salario che è basso non solo perché abbiamo il problema del mancato rinnovo dei contratti nazionali, ma perché sono poche ore, il lavoratore è indotto a cercare un’altra opportunità. Si stanno quindi verificando situazioni in cui anche lavoratori a tempo indeterminato e a tempo pieno si sono dimessi dal settore per lo stress da lavoro, perché le aziende, con la ripresa eccezionale del turismo, si sono trovate a dover fronteggiare dei carichi superiori a quello che era l’organico, avendo l’impossibilità – contemporaneamente – di reperire l’organico necessario. E questo è accaduto per tutti con le stesse esigenze. Per questo ci sono persone che hanno mollato i posti di lavoro a tempo indeterminato e tempo pieno, a causa dello stress da lavoro, e piuttosto scelgono di andare lavorare nel panificio sotto casa. Al di là della vita privata, si tratta anche della sopravvivenza umana.
Rispetto al salario minimo qual è il quadro dell’area fast food?
Sul salario minimo c’è confusione, perché innanzitutto bisogna fare una distinzione tra salario minimo e paga minima oraria. Il salario complessivo che deriva da un contratto nazionale è fatto dal minimo contrattuale, perciò dalla paga base minima oraria alla quale si aggiungono anche gli istituti indiretti tipo tredicesima, quattordicesima, Tfr e annessi. Prendiamo ad esempio il contratto nazionale del tessile: ci sono otto livelli e e se di guarda il salario del primo livello, che è il più basso, magari sulla paga oraria di base resta sotto alle 9€. Ma se non si ha conoscenza di cosa sia il primo livello, se si è estranei alla materia, non si sa che il primo livello è un livello di passaggio che si può dare a un lavoratore solo se per la prima volta entra nel mondo del lavoro, ci permane per sei-nove mesi e poi automaticamente passa ai livelli successivi. Quando gli studi si concentrano sulla paga oraria, bisogna vedere a quale livello essa corrisponda. È importante, quindi, iniziare a guardare a quale il livello la massa di lavoratori viene maggiormente inquadrata e aggregata, che è il terzo, e qui siamo ben oltre le 9€ di paga oraria, non di paga complessiva, non di salario minimo. Se si analizzano i contratti del commercio, della distribuzione, della ristorazione, si guarda al livello di mezzo e la paga oraria ai livelli medi si attesta sui 9€, anche sopra. Se guardo il salario minimo, e perciò ci aggiungo pure la quattordicesima, siamo ben oltre . Quindi c’è una confusione enorme nel dibattito, perché ne parlano coloro che non sono addetti ai lavori e anche il politico di turno queste cose non le sa.
Quindi è uno strumento di propaganda?
Non è uno strumento di propaganda. È giusto dire che oggi purtroppo ci sono i contratti nazionali, anche sottoscritti da noi, che sono sotto le 9€ di salario medio, come quello della vigilanza o altri che hanno delle storicità contingenti per le quali non è colpa del sindacato se è ciò è accaduto. La responsabilità è della volontà politica di aver esternalizzato questo tipo di lavoratori e di non averli inclusi nella filiera e integrati nelle aziende, perché i lavoratori che fanno questo mestiere lo fanno o per appalti oppure per appalti cui accedono le aziende abbienti. Perciò la responsabilità di voler appaltare sempre di più i servizi a lavoratori che vengono inquadrati in contratti e sotto contratti è una precisa volontà politica di risparmiare sui costi del personale. Detto questo, è ovvio che in Italia ci sono dei contratti nazionali che pagano meno delle 9€ di paga oraria e perciò è giusto dire che meno di 9€ di paga oraria, per qualsiasi lavoro, non si deve dare. Ma questo è il punto di partenza al quale poi si aggiunge tutto il resto che prevede il contratto nazionale: il diritto alle ferie, ai permessi – salario indiretto che si aggiunge alla mensilità -, alla malattia pagata, alla maggiorazione sugli straordinari, alla maturazione del Tfr e della tredicesima. Tutti questi elementi, rispetto ad un salario minimo per legge, chi li norma? Il salario minimo non può sostituire il contratto nazionale, perché o si dà valenza erga omnes ai contratti nazionali sottoscritti da Cgil, Cisl e Uil, che poi si dice che comunque sotto i 9€ non puoi pagare e perciò la soglia minima oraria la stabilisce il contratto nazionale, oppure diventa un boomerang.
Elettra Raffaela Melucci