Carlo Azeglio Ciampi già ministro delle finanze usò questa espressione: “il sentiero stretto”, per indicare il lavoro, paziente e faticoso, che andava fatto per assicurare gradualmente un rientro, dei parametri di bilancio, nei limiti indicati dagli accordi europei, liberamente sottoscritti dall’Italia.
Lo stesso Ciampi condusse, da sempre, una battaglia, allora vana, per confutare quei rigidi parametri, addirittura definendoli “stupidi”.
Non si trattava ovviamente di tornare alla “finanza allegra” che, a colpi di svalutazione della Lira, consentiva all’Italia di “galleggiare” ben al di sopra delle proprie effettive possibilità economiche, ma di avere una prospettiva di sana gestione del bilancio pubblico inserita in una necessaria visione di sviluppo economico. Questa oculata gestione del bilancio pubblico, doveva essere soprattutto destinata a rafforzare le infrastrutture necessarie a supportare lo sviluppo della competitività dei prodotti italiani, in un mercato sempre più globale.
Caposaldo di quella logica del “sentiero stretto” era una costante, magari non fantasmagorica, crescita ogni anno del PIL, tale da generare un leggero avanzo primario delle partite correnti da destinare alla progressiva, lenta ma inesorabile, riduzione del rapporto Debito/Pil al fine di liberare risorse, altrimenti intrappolate nel pagamento degli interessi passivi sul debito.
Come diceva alla fine del 1800 un pragmatico ministro delle finanze inglesi “Non mi preoccupo di risparmiare le sterline sul bilancio statale, ma i Penny, le sterline seguiranno…”. Ovviamente questa politica di rigore, non rigorismo, necessitava e necessita di un solido consenso sociale e una adeguata e consapevole leadership della classe dirigente, non solo quella politica.
Ciò avvenne in uno dei periodi più bui della Repubblica quando nel 1993 si siglò il patto sociale che fu determinante per evitare la crisi finanziaria del Paese.
Molta acqua è passata sotto i ponti, oggi però siamo a un punto di svolta e a nulla serviranno gli “esorcismi” contro i “burocrati europei” o contro “l’ordo liberismo”. Alla fine i conti vanno pagati e in democrazia (sempre che la si voglia preservare davvero) non ci sono “pasti gratis”. Se a gennaio dell’anno prossimo torneranno in vigore i vincoli di bilancio, sospesi per l’epidemia del Covid, per l’Italia si aprirà una stagione durissima e poco servirà scatenare un conflitto sociale senza idee e senza progetto.
Se invece l’Europa adotterà regole più flessibili, magari ipotizzando un periodo più lungo per il riassetto dei conti economici, allora e ancor di più, sarà necessaria una forte coesione sociale e idee lungimiranti per garantire le necessarie riforme chieste dall’Unione, propedeutiche a qualsivoglia progetto di crescita.
Ciò avvenne diversi anni fa quando le principali organizzazioni sindacali si mobilitarono fortemente per chiedere l’avvio di “riforme strutturali” e del loro ci misero un progetto di risparmio contrattuale lo 0.5% degli aumenti, da destinare agli investimenti infrastrutturali al Sud.
Erano altri tempi, abitati da “giganti” ora temo, invece che il crepuscolo delle idee proietti solo lunghe ombre di nani che giganti appunto non sono.
Luigi Marelli