Nel giorno in cui Christine Lagarde, Presidente della Banca Centrale Europea, ha annunciato a Francoforte il decimo rialzo consecutivo dei tassi di interesse fissati dalla stessa Bce, la Federmeccanica ha presentato l’edizione n.167 della sua indagine trimestrale sulla Congiuntura metalmeccanica nel nostro Paese.
Naturalmente, fra i due eventi, il primo dei quali si è svolto in mattinata a Roma, mentre il secondo ha avuto luogo, un po’ più tardi, a Francoforte, non c’è nessun nesso di causa ed effetto. Ma li citiamo insieme, innanzitutto, perché fanno parte dello stesso panorama economico, e poi perché, in entrambi i casi, si è avuta la percezione delle diverse e irrisolte difficoltà che, ormai da più di tre anni, travagliano la vita finanziaria e produttiva del nostro Continente e, in esso, del nostro Paese.
Intendiamoci: le cose, per l’industria metalmeccanica italiana, non vanno malissimo. E infatti, i tre dirigenti di Federmeccanica – il Vicepresidente, Diego Andreis, il Direttore generale, Stefano Franchi, e il Direttore del Centro Studi, Ezio Civitareale – che si sono alternati al microfono, si sono guardati bene dal pronunciare una parola pesante come “crisi”.
Nel comunicato riepilogativo fornito ai giornalisti presenti, si dice però che, “nella prima metà dell’anno in corso, la produzione industriale, nel suo complesso, ha continuato a evidenziare una dinamica negativa”. Si tenga dunque presente che qui non si sta ancora parlando, specificamente, del settore metalmeccanico, ma del contesto produttivo del nostro Paese. Un contesto in cui, nel secondo trimestre, sono stati rilevati “risultati in peggioramento rispetto al primo” trimestre.
Purtroppo, però, una situazione simile può essere riscontrata, appunto, anche nel settore metalmeccanico. Infatti, se si considera la produzione realizzata nel secondo trimestre 2023, si vedrà che, “in termini congiunturali”, ovvero prendendo a riferimento il primo trimestre di questo stesso anno, tale produzione “è mediamente diminuita dello 0,5%”, con un peggioramento rispetto al precedente -0,1%. Calo molto lieve, si dirà. Le cose si aggravano, però, se il confronto viene fatto in termini tendenziali, ovvero raffrontando questo secondo trimestre 2023 con il secondo trimestre 2022. Si vedrà, allora, che ci si trova di fronte a un calo del -2%. E ciò indica una tendenza ancora più preoccupante se si considera che, sempre in termini tendenziali, nel primo trimestre 2023 si era registrata una crescita del +2,2%.
Proprio a causa di questa crescita verificatasi in termini tendenziali, ovvero confrontando il primo trimestre 2023 col primo trimestre 2022, “nell’intero periodo gennaio-giugno 2023, la produzione metalmeccanica è rimasta sostanzialmente stabile (+0,1%) rispetto all’analogo semestre del 2022”. E ciò, sottolinea Federmeccanica, a fronte della contrazione del 2,7% osservata, invece, per il comparto industriale nel suo complesso”.
Va anche detto, però, che nel confronto con i principali Paesi industriali dell’Unione Europea, confronto ancora relativo al primo semestre 2023, la produzione metalmeccanica realizzata nel nostro Paese si è collocata “su livelli inferiori”.
Per quanto riguarda poi l’interscambio commerciale, da sempre un punto di forza dell’industria metalmeccanica italiana, Federmeccanica osserva che “l’export metalmeccanico del nostro Paese, pur risentendo del rallentamento in atto del commercio mondiale, segna risultati ancora positivi”. Infatti, “nel primo semestre” del corrente anno 2023, le esportazioni metalmeccaniche sono cresciute, in media, del 6%, mentre le importazioni sono cresciute del 2,9%.
Tutto bene? Non tanto. E ciò per due motivi. Innanzitutto, perché “gli incrementi dell’interscambio in valore sono stati influenzati da una crescita dei valori medi unitari”. E poi perché “la dinamica trimestrale continua ad evidenziare un significativo rallentamento rispetto a quanto osservato nel passato”.
Attenzione, perché qui siamo forse di fronte a quella che possiamo considerare la parola chiave di questa indagine congiunturale n. 167: “rallentamento”. E credo che non possa essere considerato un caso che questa stessa parola sia stata al centro delle corrispondenze inviate a Radio Radicale e al Foglio da David Carretta, uno dei nostri migliori corrispondenti da Bruxelles, a proposito degli annunci fatti ieri da Christine Lagarde.
Parola chiave, intendiamoci, nella versione meno pessimistica.
Nel suo intervento davanti ai giornalisti presenti a Roma, ha rincarato la dose Stefano Franchi, il Direttore generale di Federmeccanica. Il quale ha affermato che “nei ‘segni’ di questa congiuntura vediamo ‘segnali’ molto preoccupanti”; segnali “che, purtroppo, convergono sul terreno negativo, non solo nel presente, ma anche nel futuro”. Infatti, “quando il dato a consuntivo non soddisfacente si allinea con quello previsionale altrettanto critico, potremmo dire che la congiuntura diventa una congiunzione temporale che non promette niente di buono”.
Ne segue che “questo deve essere il tempo dell’impegno. Un impegno costante, continuo da parte di tutti per invertire la rotta in maniera decisa”. Aggiungendo poi che “per pensare positivo dobbiamo avere obiettivi chiari che siano all’insegna della produttività e della competitività”. E che, quindi, “servono azioni mirate per il breve, il medio e il lungo termine”, ovvero azioni che vadano “da misure immediate ed efficaci sui costi di produzione, agli interventi in prospettiva attraverso politiche industriali che puntino sulla crescita dimensionale delle imprese e sull’innovazione.”
Ma non basta. “In questo scenario complesso dalle tinte fosche – ha detto ancora Franchi -, va sottolineato il peggioramento della profittabilità delle nostre imprese. Occorre averlo bene in mente”, perché “se non si produce ricchezza, non c’è la possibilità materiale di reinvestire e tutto si ferma”.
Da parte sua, Diego Andreis, uno dei Vicepresidenti di Federmeccanica, si è invece concentrato su un problema cui non sembra che il sistema-Paese stia dedicando la necessaria attenzione. Quello del cosiddetto mismatch, ovvero del mancato incontro fra domanda di lavoro, esercitata dalle imprese, e offerta degli aspiranti lavoratori. “Come può – si è chiesto Andreis – la seconda manifattura europea essere competitiva se il 70% delle aziende” metalmeccaniche, cioè delle aziende del Settore chiave, “non riesce a trovare le competenze che servono?”.
Quella del mismatch, secondo Andreis, “sta diventando una questione di sopravvivenza, un’emergenza nazionale”. E ha poi annunciato che “nella nostra Assemblea Generale del prossimo 22-23 settembre, lanceremo una campagna culturale dal nome Generazione Meccatronica, rivolta ai giovani e alla società civile, sul valore e sui valori dell’industria Metalmeccanica/Meccatronica”.
@Fernando_Liuzzi