Al di là delle apparenze, Charles de Gaulle era una persona di spirito. Una delle battute che si ricordano più di frequente è quella per cui non si può governare un Paese che produce più di 400 tipi di formaggi. A maggior ragione, noi potremmo dire che è ingovernabile un sistema di relazioni industriali che annovera ben 1.037 contratti collettivi nazionali di lavoro depositati nell’Archivio nazionale del CNEL. contratti collettivi nazionali di lavoro depositati, per legge, nell’Archivio nazionale del CNEL. E’ quanto emerge dal 17° Rapporto periodico aggiornato al 30 giugno 2023. L’elenco comprende i CCNL dei lavoratori privati, pubblici, parasubordinati e gli Accordi Economici Collettivi per alcune categorie di lavoratori autonomi.
Al di là del numero ciò che emerge dal Rapporto 2023, induce qualche preoccupazione circa l’effettiva copertura fornita dalla contrattazione collettiva. E pertanto entra di prepotenza nel dibattito aperto in queste settimane sul salario minimo.. e dintorni. Infatti, dei 976 CCNL relativi al settore privato, 553 risultano scaduti (57%) e si riferivano a ben 7.732.902 di lavoratori dipendenti pari al 56% di un totale di 13.839.335. Tra i settori contrattuali privati caratterizzati dal maggior numero di dipendenti con contratto scaduto domina la classifica quello del “Terziario e Servizi”, con il 96%, seguito dal settore “Credito e Assicurazioni” con l’85%. Ben diversa la situazione relativa al settore dei “Trasporti” con solo il 6% di dipendenti con contratto scaduto, seguito da “Edilizia, legno e arredamento” e “Aziende di servizi”, con una percentuale pari al 15%. Osservando il dettaglio dei dati per settore produttivo – sono più di 60 tabelle molto accurate – viene naturale una domanda soprattutto in chi ha avuto esperienze di relazioni industriali. Questi 1000 e rotti contratti non saranno – in una qualche misura – come gli aerei di Mussolini o le mucche di Amintore Fanfani che cambiavano aeroporti o stalle accompagnando il Duce e il ministro nei suoi spostamenti? Ovvero non saranno sempre gli stessi contratti contati più volte? Si ha l’impressione, infatti, che si tratti più di una “esplosione” delle parti stipulanti, che dei contratti collettivi.
Il Report è corredato da alcune decine di tabelle in cui sono elencati i contratti suddivisi per settore con le loro caratteristiche principali e soprattutto con l’indicazione dei soggetti stipulanti. E’ prassi consolidata che i medesimi testi dei rinnovi contrattuali stipulati dalle federazioni di categoria di Cgil, Cisl e Uil con le rispettive controparti, siano sottoscritti da altre organizzazioni sindacali minori, autonome o l’UGL, non accettate al tavolo del negoziato insieme ai confederali storici. Va da sé che analoghe procedure si svolgano per tutti i contratti nazionali riconducibili ad un settore. Si prendano ad esempio i contratti degli “affini” alla chimica e li si moltiplichi per il numero delle parti stipulanti e si otterranno testi che hanno cambiato solo la copertina e l’indicazione delle parti stipulanti, ma che poi sono sempre i medesimi, anche perché è previsto, in ogni contratto, una sorta di clausola della “nazione più favorita” mutuata dal diritto internazionale; nel senso che le associazioni dei datori si riservano di adeguare i loro trattamenti, qualora i sindacati negozino con altre associazioni equipollenti regole più favorevoli per le imprese. Il rapporto comunque è accessibile sul sito del CNEL. Sarebbe bene, allora, introdurre nuovi criteri di classificazione (come è nelle intenzioni del presidente Renato Brunetta). Non limitarsi solo ad un deposito purchessia. Altrimenti, si arriva al punto di aver paura della propria ombra perché la si scambia per un fantasma. E, anziché rappresentare la realtà attraverso le statistiche, si finisce per “dare i numeri”. E basta. Rimane incomprensibile in ogni caso perché i sindacati non facciano presente questo svarione nei numeri, ma lo accettino al solo scopo di piangersi addosso.
Giuliano Cazzola