Con gli scioperi di treni e aerei nello scorso fine settimana si è riaperta una ferita sociale. Quella tra i lavoratori del mondo dei trasporti che scioperano per difendere i loro diritti e gli utenti che protestano a salvaguardia del loro diritto di trasferirsi. Una ferita antica, molto dolorosa nel settore dei trasporti urbani, perché le imprese che li gestiscono vivono per lo più di abbonamenti e non vengono colpite economicamente dagli scioperi, che aiutano semmai a risparmiare costi. Fu proprio per porre un freno a questa contrapposizione che Gino Giugni nel 1990 dette vita alla Commissione di garanzia degli scioperi nel settore dei servizi pubblici essenziali, un organismo terzo che potesse intervenire in caso di contrasti, garantendo i diritti degli uni e degli altri. E così furono stabiliti dei periodi nel corso dei quali gli scioperi in questi settori non sono consentiti e si fissarono delle regole per attenuare il peso delle agitazioni.
Negli anni ha funzionato anche abbastanza bene questa Commissione, che proprio in questi giorni è stata rinnovata dopo la scadenza del mandato dei commissari. Nello scorso week end però la ferita si è riaperta, tanto è vero che si è arrivati anche alla precettazione dei ferrovieri in sciopero. C’è da dire che ci sono state delle forzature da parte sindacale, perché nel settore ferroviario si sono fermati sia i lavoratori di Trenitalia che quelli di Italo, cosa mai accaduta, e lo sciopero degli aerei è stato piuttosto lungo. Ma, soprattutto, l’astensione è accaduta in un periodo molto delicato, nel pieno di una stagione turistica in grande espansione che certo non gradisce interruzioni nel sistema dei trasporti.
Come sempre accade, la tumultuosità degli avvenimenti ha oscurato i motivi degli scioperi, che sono stati dimenticati o anche solo semplicemente ignorati. I ferrovieri hanno protestato per la carenza di investimenti, che ha costretto il settore ad aumenti degli impegni lavorativi e a maggiori rischi. I lavoratori del trasporto aereo, quelli impegnati nei servizi a terra, hanno protestato perché il loro contratto di lavoro è scaduto da ben sei anni e le trattative non si concludono. Non sono problemi di poco conto e forse appare fuori luogo gridare allo scandalo se si è arrivati allo sciopero, l’unica vera arma a disposizione dei sindacati per la difesa dei diritti dei lavoratori. Perfino Vittorio Feltri, che dichiara di aver sempre detestato gli scioperi e che certo non ama il sindacato, ha scritto un articolo su Libero nel quale ha difeso la protesta dei lavoratori degli aeroporti.
La vicenda è stata complicata dall’intervento del ministro Salvini che ha dimezzato la protesta dei ferrovieri. Un attacco al diritto di sciopero? Forse no, considerando che se lo sciopero è tutelato dalla Costituzione lo è anche il diritto alla mobilità, tanto è vero che poi il Tar gli ha dato ragione. Ma la parte sindacale ha gridato allo scandalo, minacciando un avvitamento della protesta. Il ministro Salvini poi non si è fermato e ha annunciato un suo intervento nel confronto sindacale in corso per chiudere la vicenda. Anche qui la destra e i giornali di destra hanno gridato al miracolo, quelli di sinistra non hanno gradito l’intromissione.
Normale dialettica politica, ma la decisione del ministro della Mobilità ha fatto risaltare l’assenza di una effettiva mediazione tra le parti, dopo mesi di battaglie difficili, tanto è vero che hanno portato a scioperi duri. Un tempo la mediazione del ministero del Lavoro nelle vicende sindacali era più che un’abitudine, era una prassi consolidata, in quanto tale attesa, dovuta. Non abbiamo notizia invece di grandi interventi mediatori da parte della ministra del Lavoro in carica. Evidentemente la mediazione non rientra nelle sue corde ed è comprensibile dal momento che per tanti anni ha fatto consulenze alle imprese, senza mai sentirsi terzo attore.
Forse sarebbe il caso di pensare a un intervento più radicale che consenta di governare queste situazioni. Il sistema più semplice potrebbe essere quello di un ampliamento del periodo di divieto per questa tipologia di scioperi. Al momento, le astensioni sono vietate per una quarantina di giorni estivi e nelle vacanze di fine anno. Sicuramente, come dimostrano le vicende di questi giorni, il mese di luglio non è meno sensibile di quello di agosto. Un ampliamento della tregua sembra un intervento possibile ed efficace. Resterebbe da capire chi deve intervenire. Maurizio Sacconi, ministro del Lavoro nell’ultimo governo Berlusconi, ha ricordato che, prima che quell’esecutivo cadesse, era stato preparato un disegno di legge proprio per allargare il periodo di non sciopero. In realtà, la legge che ha istituito la Commissione di garanzia degli scioperi, la 146 del 1990, prevede che queste decisioni siano prese dalle parti sociali, quindi tramite un accordo. Obiettivo non impossibile, ma tale da dover essere preparato con tempi adeguati, opportuna calma e propensione al dialogo.
Massimo Mascini