Il congresso della Cgil ha portato interessanti elementi di chiarezza nel quadro politico e sociale. Il primo è che la Cgil non vuole farsi partito. Il dubbio circolava insistente, considerando il programma dell’assise congressuale denso di appuntamenti appunto politici. Ma è stato superato, come del resto ci hanno testimoniato nelle loro interviste Giorgio Airaudo e Alessandro Genovesi, importanti esponenti del gruppo dirigente della confederazione. La Cgil non si tramuterà in un partito, ma non per questo è estranea alla politica, anzi condivide il progetto di Elly Schlein, emerso proprio nel congresso, di riorganizzare la sinistra. Perché il compito più urgente paese è ricondurre al voto quei 18 milioni di italiani che pensano che la politica non sia utile. Se si riuscisse, grazie a un programma ampio, di chiara impronta democratica, a riavvicinare quelle persone al voto, si aiuterebbe il processo democratico.
Ma il congresso della Cgil ha fatto anche chiarezza sui rapporti tra governo e sindacato, che sono portatori di modelli economici e sociali diametralmente opposti. All’assise di Rimini c’è stato un reciproco riconoscimento tra le due parti e questo renderà più semplice il confronto e anche lo scontro.
I sindacati sono ora più forti, perché la Cisl si è riavvicinata a Cgil e Uil. Non c’è stata alcuna abiura, la confederazione di Luigi Sbarra ha preso atto, negli ultimi incontri con il governo, dell’inesistenza di un reale confronto e, proprio al congresso della Cgil, ha manifestato la volontà di cercare assieme alle altre due confederazioni un percorso comune. Le tre segreterie hanno deciso di dare il via a una serie di prossime assemblee e manifestazioni unitarie per illustrare ai lavoratori cosa stia accadendo, dove conducano le iniziative che il governo, per esempio sul fisco, intende portare avanti. Poi tutto dipenderà dalle risposte che il sindacato otterrà dal governo. Se non ci saranno novità, si valuterà come andare avanti. La Cgil pensa anche a scioperi, magari generali, la Cisl è più prudente. Ma un percorso comune è stato avviato.
Il terzo elemento emerso dal congresso della Cgil riguarda la confederazione, il suo modo di procedere. Già alla vigilia si parlava della necessità di una profonda ristrutturazione, che avrebbe anche potuto portare a una revisione delle realtà delle categorie e a un ruolo di maggiore spicco delle camere del lavoro. Cosa accadrà non è ancora chiaro, sarà necessario un approfondimento del rapporto, storicamente molto difficile, tra le categorie e la confederazione. Un compito complesso anche perché nessuno si nasconde che tutto il paese è atteso a una prova molto impegnativa, la ristrutturazione dell’apparato produttivo nazionale, da svolgere nel giro di pochi anni, 4 o 5, non di più.
Genovesi ha indicato cifre da capogiro: nel giro di pochi anni 4 milioni di lavoratori resteranno nella loro azienda ma dovranno cambiare lavoro. Altri 3 milioni di lavoratori, negli stessi anni, dovranno trovarsi un nuovo impiego. Tutto ciò dovrà essere accompagnato da un processo di revisione, formazione e ricostituzione industriale che impegnerà tutti, istituzioni, sindacato, imprese. Saranno in grado di gestirlo? I dubbi non mancano. I nostri interlocutori hanno puntato il dito sull’assenza di ruolo di Confindustria, che non è sembrata, fin qui, all’altezza del compito che l’attende. Non sappiamo ancora se e cosa cambierà nella rappresentanza del sindacato e delle imprese. Probabilmente è ancora presto per saperlo. Ma qualcosa dovrà cambiare.
Massimo Mascini