John Milton: “Siede arbitro il Caos, vicino a lui governa supremo il Caso”. Paul Valéry: “C’è nella storia una certezza sola, i fatti generalmente tradiscono tutte le certezze, smentiscono tutte le previsioni”. Johann Wolfgang von Goethe: “Pochi sanno occuparsi del passato recente. L’oggi ci tiene con forza legati, oppure ci perdiamo nel tempo che fu, e vogliamo ripristinare ciò che è perduto per sempre”.
Sono alcune delle citazioni che Alberto Cavallari pose in esergo ai capitoli del suo “Atlante del disordine. La crisi geopolitica di fine secolo”. Il saggio, partendo dalla caduta del muro di Berlino, metteva in guardia dalle ottimistiche previsioni di chi annunciava una nuova e stabile concordia planetaria. Così concludeva l’ex direttore del Corriere della Sera: “Tempo e Storia comportano che l’uomo sia davanti al futuro come un Omero cieco. È logico che avvicinandosi il 2000 si cerchi di traguardare, di fare il punto su ciò che avverrà. Logico che si cerchi di vedere il futuro scrutando le colline dalla collina del nostro millennio concluso. Ma già la Storia procede a tentoni, tatonne, come diceva Braudel. Il tempo in cui si immerge la rende ancora più invisibile. Così appare più logico respingere ogni tentazione, fermarci al punto giusto. Sapendo che Tempo e Storia procederanno senza di noi verso direzioni ignote”.
Sembrava pessimismo, ma i fatti hanno dato ragione al grande, e indimenticabile, giornalista. Chi poteva immaginare, nel 1989, in quale contesto sarebbe nato il 2023? Ed ora eccoci qui, tra pandemia e guerra, tra esodi biblici e crisi energetica, tra alluvioni e siccità, tra aumento dei prezzi e povertà, tra sfruttamento e disoccupazione.
Per indicare l’ennesima variante del Covid, i ricercatori hanno evocato l’immagine del kraken, mitico mostro marino capace di afferrare e trascinare sul fondo ogni tipo di imbarcazione. Il richiamo all’antica, terrifica, leggenda dà il senso di quanto l’imprevedibile faccia paura anche nell’epoca della scienza trionfante.
“Attraverso il deserto andiamo già da lungo tempo”, scriveva Ernst Bloch. Il filosofo tedesco invitava a cercare “Tracce” (così intitolò una raccolta di riflessioni e ricordi): “Come? Io sono. Ma non mi possiedo. Per questo innanzitutto diveniamo”. Già, le tracce, quelle che Pollicino lasciava dietro di sé per ritrovare sempre la strada e per sfuggire all’orco. Noi non abbiamo gli stivali delle sette leghe ma il sentiero virtuoso dovremmo conoscerlo.
I moniti sono continui. E dicono tutti le stesse cose: la democrazia sta collassando, l’ambiente è in coma, l’economia va a ramengo. Quanti rapporti allarmanti sono stati prodotti negli ultimi anni? Populismi di tutti i tipi, ghiacciai che si sciolgono e foreste che scompaiono, diseguaglianze sempre più scandalose.
I ragazzi di Ultima generazione imbrattano opere d’arte, palazzi e sculture gridando che non si può più aspettare. Greta Thunberg viene portata via mentre manifesta contro la costruzione di una miniera a carbone. Toni apocalittici, da ultimo giorno. Esagerazioni, almeno speriamo. Eppure, già nel 1972 il Mit ammoniva sul pericolo di superare i limiti dello sviluppo, “Limits to Growt”.
Un rapporto, finito come tanti, dopo un iniziale interesse, nel museo degli ammonimenti. Sono tutti lì, in bella mostra. Analisi, numeri, statistiche. Lì finirà anche l’ultimo studio Oxfam che ribadisce come i ricchi siano sempre più ricchi e i miserabili sempre più miserabili. L’organizzazione internazionale, registrando la continua crescita dei profitti, usa una definizione che grida vendetta, “greedflation”, l’inflazione da avidità.
Perché meravigliarsi? Nel 2022 la Rolls Royce ha registrato il record delle proprie vendite. Ancora Bloch: “Essere poveri è la massima disgrazia. Babbo Natale passa troppo di rado”.
La bussola per orientarsi nell’oceano delle incertezze è disponibile. Bisogna volerla, e saperla, usare.
Per smentire, o meglio consolare, Milton, Valéry, Goethe, Cavallari e i giovani vandali.
Marco Cianca