Rispunta periodicamente la tesi di non tassare i futuri aumenti retributivi derivanti da rinnovi contrattuali nazionali e aziendali. In molti pensiamo che si tratti di una corbelleria che assicurerebbe benefici più rilevanti (in cifre assolute e in percentuale) ai redditi più alti e ancor di più a chi ottiene aumenti più rilevanti.
Intanto si procede con l’elevare il tetto dei cosidetti “fringe benefit” da 600 a 3.000 euro annui. Possono derivare da contrattazione oppure da iniziative unilaterali delle aziende. La repubblica spiega che “I sindacati hanno invitato le rappresentanze aziendali dei lavoratori a farsi portavoce di questa esigenza, ma questo vale solo per le grandi aziende.”
Maurizio Benetti su la Newsletter di Nuovi lavori ha scritto un lungo commento alle misure in preparazione anche derivanti da dichiarazioni che stanno nella relazione del Presidente On. Meloni al Parlamento: “Due redditi dello stesso importo, ma uno uguale a quello del triennio precedente e uno superiore a quello massimo dello stesso periodo sarebbero tassati in modo diverso in barba al principio costituzionale, dato che una parte del reddito del secondo sarebbe soggetto all’imposta ridotta. Prendiamo due redditi da 20.000 euro, attualmente i primi 15.000 sono soggetti all’aliquota del 23% i rimanenti 5.000 all’aliquota del 25%. Se nel secondo reddito i 5.000 o parte di essi fossero aggiuntivi rispetto al triennio precedente sarebbero tassati con aliquota più bassa determinando a parità di reddito complessivo una pressione fiscale inferiore. Va poi detto che a parità di incremento di reddito i vantaggi in termini di sconto fiscale non sarebbero uguali per tutti i contribuenti. Supponiamo che la flat tax incrementale sia fissata al 15%; un conto è vederla applicata su un aumento di reddito di 1.000 euro per chi ne guadagna 20.000, altro per chi ne guadagna 40.000 oppure 60.000 o più. Il primo infatti dalla flat tax incrementale godrebbe di un vantaggio di 100 euro (la sua aliquota sui mille euro scenderebbe dal 25 al 15%); il secondo godrebbe di un vantaggio di 200 euro (la sua aliquota scenderebbe dal 43 al 15%). Insomma una flat tax incrementale regressiva.”
Il testo di Maurizio, che è molto ampio e ben argomentato anche tecnicamente. Meriterebbe di essere ben più ampiamente saccheggiato. Mi limito pezzo citato che già giustificherebbe una rivolta.
Aldo Amoretti
Presidente associazione Professione in Famiglia