Neanche è nato che già tutti si chiedono quanto durerà. Parliamo del governo che sarà guidato da Giorgia Meloni e che tra pochi giorni dovrebbe vedere a luce. Se lo chiedono tutti perché le divisioni fra i tra alleati – la stessa Meloni, Salvini e Berlusconi – sono già così evidenti e pure difficili da ricomporre che previsioni di lunga durata non se ne possono fare. Potrebbe succedere per esempio che già durante la formazione dell’esecutivo sia Salvini che Berlusconi si ritengano così tanto insoddisfatti dai ministeri che verranno loro assegnati da essere tentati di far saltare il banco, anche se questa ipotesi appare altamente improbabile: che farebbero in quel caso i leader della Lega e di Forza Italia, costringerebbero Meloni a dimettersi e Mattarella a indire per la seconda volta elezioni anticipate, stavolta in piena sessione di bilancio? Oppure si tornerebbe a un governo di pseudo unità nazionale, sulla falsariga di quello appena uscito di scena (ma stavolta Mario Draghi non sarebbe disponibile)?
Questo scenario però non si verificherà, alla fine di una più o meno lunga trattativa il governo Meloni vedrà la luce e peggio per chi non sarà pienamente soddisfatto, per esempio Salvini se non otterrà il Viminale e Berlusconi se non riuscirà a prendersi le deleghe per le comunicazioni, ossia per le televisioni, ossia per i suoi interessi personali, e così via nello slalom tra ambizioni personali, rivendicazioni di partito, veti del Capo dello Stato e perplessità dell’Europa su questo quell’altro ministro. Ma alla fine l’interesse di tutti e tre gli alleati a gestire il potere che è stato loro attribuito dal voto popolare (ci sarebbe da discutere quanto contino l’8 o il 9 per cento ottenuto dall’ex Cavaliere e dall’ex Capitano…), quell’interesse sarà prevalente sulle piccole o grandi divisioni tra loro e il governo mollerà gli ormeggi per avventurarsi in un mare piuttosto agitato. Basti pensare alla crisi energetica, a quella economica, alla guerra in Ucraina che non accenna a finire, tutt’altro, al rischio di un conflitto nucleare, per capire che dover governare il Paese in questa situazione sarà una battaglia campale. Ci riusciranno i “nostri nuovi eroi”?
Il dubbio è più che legittimo, vista anche l’inesperienza e la cultura politica più o meno neofascista della leader, vista la totale ignoranza dell’arte della politica da parte del capo leghista capace solo di sparare bordate a destra e a manca senza neanche saper dove andranno a cadere quei colpi e soprattutto che non hanno senso di esistere. E vista anche la decadenza politica, fisica e di immagine di Berlusconi, costretto a delegare il suo ruolo alla coppia Tajani-Renzulli, due che certamente non si possono definire aquile. Per non parlare del ceto politico che sta dietro i tre leader: anche qui, cultura pochissima, capacità di fare politica altrettanto, rapporti internazionali con quelli che contano nel mondo quasi inesistenti (tranne Orban per Meloni e Putin per Salvini e Berlusconi, peggio che andar di notte). Infine, i provvedimenti che il centrodestra tenterà di varare e che riguarderanno i diritti civili: saranno tutti regressivi, limiteranno le libertà individuali e collettive
Insomma, se non pochi governi, in questi anni, sono stati definiti “dilettanti allo sbaraglio”, oggi non si sa quale sia la definizione migliore per questa compagnia di giro che purtroppo è arrivata al potere. Il primo esempio lo abbiamo avuto l’altro giorno in Senato con l’elezione a Presidente (ovvero la seconda carica dello Stato, ovvero colui che sostituisce Mattarella quando è in viaggio) di Ignazio Benito La Russa: un fascista di nome e di fatto. La cui elezione ha anche spaccato il centrodestra, con Forza Italia che non ha votato per lui, ovviamente più per infime ragioni di seggiole e poltrone che non di ideali. Ma comunque, alla sua prima prova, la coalizione che ha vinto le elezioni si è mostrata più che divisa, tanto che Berlusconi ha mandato platealmente La Russa a quel paese in mezzo all’aula di palazzo Madama.
E un secondo esempio ci piomba addosso dalla Camera dei deputati dove è stato eletto Presidente il leghista Lorenzo Fontana, un integralista cattolico che più integralista non si può (a proposito dei diritti civili da comprimere).E così per la prima volta nella nostra storia abbiamo un fascista non pentito e un reazionario a tutto campo ai vertici del Parlamento: non c’è da stare allegri, per usare un eufemismo.
Altri esempi, altre rotture, altri scontri anche violenti seguiranno all’interno della maggioranza, non è difficile prevedere che sarà uno stillicidio. Ed è qui che chi sta all’opposizione potrebbe e dovrebbe intervenire se volesse sul serio rendere la vita difficile – e magari breve – al nascituro governo. Peccato che alla prima prova anche loro si siano divisi, tanto che qualcuno è corso in soccorso del vincitore votando a favore di La Russa. Dicono siano stati i renziani in cambio di qualche poltroncina parlamentare. Conoscendo Matteo Renzi e la sua proverbiale spregiudicatezza, ci si può credere. Vedremo in corso d’opera di quanto trasformismo e opportunismo saranno capaci gli eletti del cosiddetto Terzo polo, che poi sarebbe il quarto visto che i Cinquestelle di Conte hanno preso il doppio dei loro voti. E vedremo anche – e soprattutto – se quel che resta della sinistra sarà capace di mettere in campo una vera opposizione, oppure se alla fine anche qui prevarrà la logica del “tengo famiglia”.
Riccardo Barenghi