Paolo Pirani, segretario generale Uiltec, come valuta l’esito del voto del 25 settembre?
Rispetto a quella che era la base sociale di Berlusconi, oggi mi sembra prevalga un voto che da un lato definirei piccolo borghese -perbenista, che si è indirizzato verso Fratelli d’Italia, e dall’altro un voto “assistenzialista”, confluito verso i Cinque stelle. In questo quadro, il Pd è rimasto a metà del guado, ne carne ne pesce, mentre il Terzo Polo è rimasto troppo piccolo per contare. Ma il dato che più colpisce è indubbiamente l’aumento dell’astensione.
I partiti della sinistra, il Pd in particolare, vengono accusati, diciamo così, di aver trascurato i diritti del lavoro per concentrarsi su altri diritti: lo ius scholae, i diritti Lgbt, per citare i temi su cui c’è stata maggiore tensione. Per converso, ora che la destra è al governo si teme un arretramento proprio sui diritti civili, dall’aborto alle unioni gay, all’immigrazione. Lei vede questo rischio?
Non c’è dubbio che la rappresentanza del lavoro sia un tema assente nel quadro politico, e da tempo. E questo spiega anche in parte il voto a destra, e soprattutto l’astensione così elevata in certe fasce sociali. Per quanto concerne il tema dei diritti messi a rischio da questo governo, non voglio demonizzare nessuno, osservo però che se venissero messi in discussione i diritti delle donne questo diverrebbe un elemento discriminante.
E quanto all’immigrazione?
Sull’immigrazione occorre una operazione verità: occorre avere chiaro che senza un certo numero di immigrati questo paese si ferma: si ferma l’agricoltura, così come si fermano le fabbriche del nord est. Basterebbe parlare coi gli imprenditori di quelle regioni per capirlo. Questo richiede però una seria operazione di integrazione, sociale, culturale, civile. Oggi non credo esistano scuole che non abbiano nelle classi bambini, ragazzi, provenienti da diversi paesi. Per loro va costruito un percorso di integrazione vero, che alla fine porti al riconoscimento della cittadinanza italiana.
Tema quanto mai delicato, e notoriamente sgradito a questo governo.
Ma dovranno capire anche loro che questo percorso è indispensabile: diversamente il rischio è che si creino comunità identitarie separate, portando poi a casi limite come quello della povera Saman. Casi limite, appunto, ma derivanti da una mancata integrazione di quella famiglia, abbandonata all’isolamento, a una cultura che non considera anomala l’uccisione di una figlia per motivi d’onore.
Questo governo sarà il primo con una donna a Palazzo Chigi. Ed è la destra ad avercela portata. Ha una spiegazione?
I conservatori sono persone pratiche: hanno compreso che una donna, cioè Giorgia Meloni, aveva la possibilità di affermarsi e vincere le elezioni, e dunque hanno puntato su di lei.
E a sinistra invece?
A sinistra non c’è mai stata una donna che si sia intestata di essere una guida politica. Ci sono state molte protagoniste anche a sinistra, ma sempre legate a qualche corrente. La Thatcher il potere se lo era conquistato combattendo nel suo partito, e nella sinistra italiana questo non è mai accaduto.
Questo esecutivo è anche il primo completamente di destra dal dopoguerra. Serpeggia la preoccupazione per un nuovo fascismo e si intravvedono già i primi segnali di proteste in giro per il paese. Fondati?
Se questo vorrà essere un governo normale, credo che dovrà avere comportamenti normali. Se non li avrà, sarà legittimo manifestare contro. Ma manifestare a freddo, a prescindere, non credo sia utile a nessuno.
Che valutazione da del governo Draghi?
Draghi è stato fondamentale per far si che il paese potesse reggere durante il picco della pandemia, e ha saputo governare bene le altre emergenze correlate. Ma non c’è stata mai, da parte del suo governo, una scelta strutturale. Questo nuovo governo si propone di governare per cinque anni, non come esecutivo di emergenza ma come governo pienamente politico. È una differenza sostanziale.
Quali sono le prime mosse che il sindacato si aspetta ora dal governo Meloni?
Intanto che apra il dialogo sulla nostra piattaforma unitaria che riguarda pensioni e fisco. È un tema cruciale: se aprirà o meno il confronto, se riconoscerà la rappresentanza sociale di Cgil Cisl e Uil. Poi, osservo che il governo che nascerà non avrà i cento giorni canonici davanti, ma un orizzonte temporale molto più ristretto. Dovrà dare risposte immediate, sulla finanziaria, sulle bollette, sull’inflazione, sulle scelte europee, sulla guerra in Ucraina. La qualità di queste risposte segnerà il destino politico di questo governo.
Nunzia Penelope