“Segnali contrastanti”. E’ forse questa l’espressione chiave dell’indagine sulla Congiuntura metalmeccanica che la Federmeccanica ha presentato ieri a Roma. Siamo arrivati, ormai, all’edizione n. 163 della meritoria ricerca che l’associazione delle imprese metalmeccaniche aderenti a Confindustria sforna con cadenza trimestrale. E bisogna dire subito che il quadro della situazione, di quello che è, a tutt’oggi, il settore più rilevante all’interno della nostra industria manifatturiera, non pare significativamente mutato rispetto alle due ultime rilevazioni. Semmai, tale quadro si è fatta più complesso.
Perché, dunque, segnali “contrastanti”? Lo ha spiegato Stefano Franchi, il Direttore generale di Federmeccanica. in apertura della presentazione svoltasi, come di consueto, in una sala sita in piazza di Monte Citorio. “Abbiamo risultati positivi della produzione industriale nel secondo trimestre” del 2022, ha detto Franchi, ma anche un “peggioramento” nell’ultimo mese del trimestre, ovvero in giugno, nonché “un dato complessivamente negativo se confrontato con lo scorso anno”. Ancora, “abbiamo imprese che prevedono di aumentare l’occupazione”, ma, contemporaneamente, “aumentano le aziende che fanno fatica a trovare i profili che servono”. E poi “abbiamo comparti in lieve crescita e settori in evidente difficoltà come l’automotive, toccata da problemi congiunturali nel bel mezzo di una complessa transizione tecnologica ed ecologica”.
Nell’indagine uscita nel marzo di quest’anno, la n. 161 relativa al quarto trimestre del 2021, si notava che proprio mentre il settore stava vivendo una fase piuttosto dinamica di ripresa dopo i mille guai provocati dalla pandemia da Covid 19 – ripresa che aveva peraltro manifestato un certo rallentamento nel trimestre lì esaminato -, una nuova sciagura si era abbattuta sull’economia europea e mondiale: la guerra scatenata dalla Russia di Putin con l’invasione dell’Ucraina.
Nell’indagine n. 162, quella pubblicata in giugno, il tema dominante era stato quello di un più netto rallentamento della ripresa di cui sopra, con l’insorgenza di problemi che, oltre ad essere di per sé impegnativi, fra l’ultimo trimestre 2021 e il primo trimestre 2022 si presentavano tutti assieme: crescita dei costi dell’energia, rincaro di diverse materie prime, rincaro delle spese di trasporto, specie marittimo, rarefazione di componenti decisive, quali i microchip.
Cosicché, nonostante il fatto che il nostro settore metalmeccanico, nel suo insieme, avesse mostrato una capacità di ripresa produttiva superiore a quelle misurabili in importanti Paesi industriali europei quali la Francia e la stessa Germania, le prospettive per il corrente anno 2022 si presentavano come tutt’altro che rosee.
Ora che sono disponibili i dati relativi all’intero primo semestre 2022, ci si trova costretti a constatare che la situazione si è fatta più complessa. Al quadro generale di incertezza previsiva, che, in relazione all’insorgenza della pandemia, fu tratteggiato dal Governatore della Banca d’Italia, Vincenzo Visco, già alla fine di maggio del 2020, si aggiunge adesso un differenziarsi degli andamenti dei diversi comparti dell’industria metalmeccanica, nonché dei loro rapporti con le economie estere, che rende più difficile non solo una sintesi previsiva, ma anche una fotografia panoramica del settore nel suo insieme.
Prima di passare, però, ai dati specifici riportati dall’indagine della Federmeccanica, sarà utile dare un’occhiata alla prima pagina dell’indagine, quella in cui viene offerta una sintesi relativa alle prospettive dell’economia mondiale. Ebbene, nel World Economic Outlook pubblicato dal Fondo Monetario Internazionale lo scorso luglio, “le stime del Pil globale per il 2022 sono state ulteriormente ridotte al +3,2% (meno 0,4 punti percentuali rispetto ad aprile), così come quelle del commercio mondiale che quest’anno dovrebbe segnare un +4,1% (-0,9% nel confronto con le precedenti previsioni).”
Nell’indagine di Federmeccanica si ricorda anche che tale revisione delle stime previsive “ha riguardato in particolar modo gli Usa e la Cina. Negli Stati Uniti”, infatti, “un’inflazione superiore alle attese e l’inasprimento della politica monetaria fanno prevedere una crescita del Pil 2022 pari a +2,3% (-1,4 punti percentuali rispetto ad aprile)”, mentre in Cina “il persistere dei lockdown per contenere la pandemia e l’aggravarsi della crisi immobiliare stanno contribuendo al rallentamento dell’economia del Paese”.
A ciò si aggiunga un’ulteriore considerazione di Federmeccanica, quella secondo cui “l’interruzione, da parte della Russia, delle forniture di gas verso l’Europa (…), se prolungata, potrebbe comportare” ulteriori “pesanti conseguenze su prezzi e crescita economica”.
Non si dica, adesso, che l’abbiamo presa troppo larga. Il mondo in cui viviamo, funziona così. Prima un’epidemia nata nella (lontana?) Cina, e poi una guerra fra due nazioni europee che non ci coinvolge militarmente, sono fattori globali che influiscono direttamente sull’andamento e sulle prospettive dei singoli settori produttivi del nostro Paese, come, del resto, di altri Paesi. E le tendenze, anche nazionali, settoriali o subsettoriali, non possono essere neppure concepite al di fuori di una visione globale.
Veniamo quindi ai dati che sono stati presentati ieri con una conferenza stampa e che sono stati illustrati ai giornalisti presenti da Elena Falcone, del Centro studi di Federmeccanica. Nei primi 6 mesi del 2022, la produzione metalmeccanica italiana “ha mostrato segnali contrastanti, dopo la fase negativa osservata nell’ultima parte dello scorso anno”. Infatti, nel mese di giugno si è avuto un calo significativo rispetto a maggio (-3,2%). Nell’insieme del secondo trimestre 2022, è stata così registrata, da un lato, una variazione congiunturale positiva dell’1% rispetto al primo trimestre dello stesso 2022; mentre, dall’altro lato, è stata registrata una variazione tendenziale negativa dell’1,2% rispetto al secondo trimestre 2021. Per il terzo trimestre, aggiunge Federmeccanica, le imprese del settore “prevedono un aggravamento della congiuntura”. Infatti, “solo il 27%” di esse “è soddisfatto del portafoglio ordini rispetto al 33% della precedente rilevazione”.
Restando ancora sui dati relativi alla produzione industriale nel settore metalmeccanico, gettiamo rapidamente uno sguardo sulle differenziazioni fra i vari comparti che compongono tale settore. In particolare, confrontando il primo semestre 2022 col primo semestre 2021, si vedrà che il comparto che è cresciuto di più è quello che produce computer, apparecchi radio e tv, apparecchi elettromedicali e di precisione (+7,4%). Buono anche l’andamento di “macchine e apparecchi meccanici” (+2,5%) e quello degli “altri mezzi di trasporto” (+1,4%). Negativi sono invece i dati relativi al comparto della metallurgia (-3,6%), agli “autoveicoli e rimorchi” (-3%), a “macchine e apparecchi elettrici” (-2,5%) e ai “prodotti in metallo” (2,4%).
Cambiando tema, e passando a quello dei costi di produzione, il 79% delle imprese denuncia di aver subito “un impatto significativo” a causa dei “rincari delle materie prime e dell’energia”. Peraltro, tali impatti “hanno comportato la riorganizzazione del lavoro e/o dell’attività produttiva” per più di “un’azienda su due” (52%), nonché “una riduzione del Margine operativo lordo” per ben il 68% delle stesse imprese. In termini ancora più specifici, “il 53% delle imprese sta risentendo delle ripercussioni del conflitto russo-ucraino: il 54% prevede una contrazione dell’attività produttiva, il 4% corre il rischio di doverla interrompere e il 12% prospetta la riduzione dell’attività di investimento”.
Spostandosi verso un altro terreno problematico, va rilevato che un numero crescente di imprese (dal 56% del primo semestre 2021, al 71% del primo semestre 2022) denuncia le persistenti difficoltà incontrate nella ricerca dei profili professionali necessari per le loro attività produttive. In particolare, il 46% delle imprese intervistate da Federmeccanica incontra difficoltà nel reperire “competenze tecniche di base”, mentre il 22% nel reperire “quelle tecnologico-digitali”.
Ciò nonostante, tra gennaio e giugno, l’export delle nostre imprese metalmeccaniche è cresciuto del 15,8%, anche se “si rileva un’attenuazione” di tale crescita “tra primo e secondo trimestre”. Più in dettaglio: il trend delle esportazioni verso i Paesi dell’Unione Europea è stato “positivo” (+18,9%), ma è diminuito quello verso Cina (-12,5%) e Russia (-13,3).
Infine, un ultimo dato importante: “Nei primi sei mesi dell’anno in corso, la dinamica occupazionale nelle imprese metalmeccaniche con oltre 500 addetti ha registrato una sostanziale stabilità”. A guardare le cose più da vicino, si vede però che “i livelli occupazionali” sono “mediamente diminuiti dell’1,5% rispetto all’analogo periodo del 2021”. Tale calo “è da attribuire principalmente alla qualifica operaia che ha registrato una contrazione del 2,9%, a fronte di una variazione positiva dello 0,3% rilevata per la qualifica impiegatizia”.
In quest’ambito, va poi rilevato che nel periodo gennaio-giugno 2022 “si è fortemente ridotto il ricorso all’istituto della Cassa integrazione guadagni”. Infatti, “le ore autorizzate” per gli addetti all’industria metalmeccanica sono state “pari a circa 97 milioni, rispetto ai circa 308 dell’analogo periodo dell’anno precedente (-68,5%)”. Più in dettaglio, “nei primi sei mesi del 2022 sono significativamente diminuite le ore autorizzate per la Cig ordinaria (78,4%) e per la Cig in deroga (-96,0%)”, mentre “la Cig straordinaria ha registrato un significativo incremento (+80,4%) dovuto, in particolar modo, al forte aumento delle ore autorizzate nel solo mese di giugno”.
Concludendo. “Stiamo navigando in acque molto agitate per effetto, tra le altre cose, dell’onda lunga determinata dall’incremento dei prezzi delle materie prime e dei prodotti energetici”, ha ribadito Diego Andreis, Vice Presidente di Federmeccanica, collegato da remoto con l’evento romano. “Prima si diceva che eravamo dentro una tempesta perfetta – ha insistito Andreis -, ora stiamo vedendo arrivare un vero e proprio tsunami che ha già cominciato a toccare le nostre imprese in maniera molto pesante. E il peggio è ancora a venire.”
“Ci sono aziende che a queste condizioni non ce la faranno – ha detto ancora Andreis -, altre che si sono già organizzate per sospendere la produzione, e ci si chiede quante di queste ritroveranno la domanda persa, soprattutto in un conteso, quello energetico, che sta colpendo così duramente solo l’Europa, con l’Italia al centro.” Per Andreis occorre quindi intervenire “in modo forte e deciso”. In particolare, “servono scelte forti di politica energetica a livello di una più ampia politica industriale che possa ridare respiro alla competitività delle imprese, consentendo di alimentare e aumentare gli investimenti”. E tenendo presente che “si tratta di investire non solo nel futuro di un’azienda, ma nel futuro del Paese”.
@Fernando _Liuzzi