La GS spa intimava ad un suo dipendente, addetto alle operazioni ausiliarie alla vendita, il licenziamento per giusta causa per essersi rifiutato, con modi scortesi, di aiutare un cliente a prendere una cesta di acqua situata su uno scaffale in alto; cliente che, in seguito, si era lamentato dapprima con l’assistente alle casse e servizi e, poi, con il responsabile della struttura commerciale.
Impugnato il licenziamento, il tribunale accoglieva il ricorso del lavoratore, disponendo con ordinanza la sua reintegrazione nel posto di lavoro ed il pagamento a suo favore di una indennità risarcitoria pari a otto mensilità.
Proposta Opposizione contro l’ordinanza, il Tribunale di Milano confermava il provvedimento già emesso.
La Corte di appello di Milano, chiamata a pronunciarsi sull’impugnazione della sentenza ad iniziativa del datore di lavoro, rigettava il reclamo aziendale.
A fondamento della decisione assunta, la Corte di appello rilevava che, comunque, il fatto contestato non integrava gli estremi della giusta causa di licenziamento in quanto la condotta poteva essere riferita alla previsione di cui al CCNL di settore, che puniva solo con la sanzione conservativa la negligenza del dipendente consistita nel mancato adempimento agli obblighi di assistenza alla clientela e nel non aver usato modi cortesi con il cliente. Il comportamento trasgressivo non è stato ritenuto grave tanto grave da giustificare il recesso.
Contro la sentenza ha proposto ricorso in Cassazione la società datrice di lavoro lamentandone l’erroneità giuridica. Preliminarmente, nell’esaminare il ricorso, la Cassazione ha rilevato che “Il problema di diritto che viene posto è quello di accertare se sia consentito al giudice -una volta esclusa la giusta causa ai fini della valutazione della legittimità del licenziamento- sotto il diverso profilo della tutela applicabile, di sussumere la fattispecie concreta in una disposizione contrattuale collettiva sanzionatoria che preveda, nella descrizione della fattispecie medesima, una clausola aperta, elastica o di chiusura.”
A questa domanda, la Cassazione ha dato esauriente risposta con la motivazione che si riporta.
“Questa Corte, con una recente pronuncia (cfr. Cass. n. 11665/2022) cui si intende dare seguito per le condivisibili argomentazioni ivi svolte, ha affermato il seguente principio: “in tema di licenziamento disciplinare, al fine di selezionare la tutela applicabile tra quelle previste dalla L. 20 maggio 1970, n. 300, art. 18 commi 4 e 5, come novellata dalla L. n. 92 del 28 giugno 2012, è consentita al giudice la sussunzione della condotta addebitata al lavoratore ed in concreto accertata giudizialmente nella previsione contrattuale che punisca l’illecito con sanzione conservativa anche laddove sia espressa attraverso clausole generali o elastiche. Tale operazione di interpretazione e sussunzione non trasmoda nel giudizio di proporzionalità della sanzione rispetto al fatto contestato restando nei limiti dell’attuazione del principio di proporzionalità come già eseguito dalle parti sociali attraverso la previsione del contratto collettivo.”
Alla stregua di tale principio, va osservato che la Corte territoriale ha svolto correttamente tale indagine sottolineando che la mancanza del requisito della “gravità”, in ordine alla condotta ravvisata nel caso concreto (mancata osservanza, nel modo più scrupoloso, dei doveri di ufficio e del segreto ufficio, di usare modi cortesi col pubblico e di tenere una condotta conforme ai civici doveri, art. 220 del CCNL) non consentiva l’adozione del licenziamento ai sensi dell’art. 225 del CCNL di settore, bensì la sanzione conservativa della multa essendo ipotizzabile solo una esecuzione negligente, da parte del lavoratore, del lavoro affidatogli, come previsto dallo stesso CCNL.” Cassazione civile sez. lav., 28/06/2022, (ud. 02/02/2022, dep. 28/06/2022), n.20682.
Il ricorso dell’azienda è stato così rigettato con la conferma integrale della sentenza.
Biagio Cartillone