Da tempo, i mezzi di informazione, quando parlano di Beppe Grillo, si sono adagiati nell’abitudine di qualificarlo come “ex comico”. Trasmettendo così l’immagine di uno che prima faceva il comico e poi, anche se in un modo un po’ particolare, si è messo in politica. E lo ha fatto prima fondando il Movimento 5 Stelle e poi guidandolo, almeno in una fase iniziale, di successo in successo.
Ora si dirà: “Beh, certo. E’ proprio così che sono andate le cose. Lo sanno tutti”. A me pare, invece, che questa immagine non ci aiuti a capire almeno una delle possibili cause che legano l’eclissi del ruolo pubblico di Beppe Grillo all’attuale crisi verticale del suo Movimento. Secondo me, infatti, il concetto fuorviante è quello di “ex comico”. Vediamo perché.
Cominciamo col dire che nei primi trenta anni della sua carriera di uomo di spettacolo, Grillo non è stato solo un comico. Nel 1977, quando non aveva ancora trent’anni, Grillo fu scoperto in un cabaret milanese nientemeno che da Pippo Baudo. Il quale ne intuì le potenzialità e lo portò in televisione, nel gioco a quiz Secondo voi.
Successivamente, lungo gli anni 80, Grillo alternò spettacoli televisivi, come Te la do io l’America, con l’interpretazione di personaggi diversi in vari film, tra cui Cercasi Gesù, di Luigi Comencini, e Scemo di guerra, di Dino Risi.
Negli anni 90, Grillo passa al teatro, con recital in cui comincia ad affrontare temi anche politici, a partire dalle questioni ambientali. Nasce così il Beppe Grillo Show, una formula con cui si afferma girando l’Italia.
Poi, nel decennio successivo, la svolta, ovvero l’incontro con Gianroberto Casaleggio. Nel 2004, Casaleggio, che aveva cominciato la sua carriera come progettista di software nella Olivetti di Roberto Colaninno, era un ex manager del settore digitale appena trasformatosi in imprenditore. Infatti, aveva fondato da poco la sua Casaleggio & Associati, ovvero una società di consulenza che si proponeva, fra l’altro, di “anticipare le tendenze dello scenario digitale e coglierne cambiamenti e opportunità in ambito organizzativo, culturale e politico”.
Come hanno raccontato Antonello Di Mario e Anna Martini, in un loro agile volume intitolato Grillo nella rete, lo stesso Grillo aveva letto un libro scritto dal prolifico Casaleggio – Il Web è morto, viva il Web – e ne era rimasto colpito. Allora si procurò il numero del telefonino di Casaleggio e lo chiamò. E così i due si incontrarono a Livorno, dopo uno spettacolo che Grillo aveva tenuto in un teatro della città toscana.
Certo, si trattava di due persone che avevano alle spalle esperienze molto diverse ma, come hanno raccontato loro stessi, scoprirono di avere molte cose in comune. Ed è dopo questo incontro che i due, come scrivono Di Mario e Martini, “decidono di lanciare il blog beppegrillo.it”. Infatti, come teorizzò Casaleggio, “chiunque abbia, come Beppe, una grande credibilità e una grande capacità di comunicazione a priori, prima della rete, con la rete può esplodere”.
Ecco, dunque. Beppe Grillo è il personaggio, preesistente alla rete, attorno a cui Casaleggio, per mezzo della sua azienda, costruisce prima il blog, che prende vita il 16 gennaio del 2005, poi il Vaffa Day (8 settembre 2007), e infine la presentazione, con un evento che ebbe luogo a Milano, del “Movimento nazionale a cinque stelle” (4 ottobre 2009). Per non parlare della struttura dei meet up, tassello fondamentale di un movimento politico programmaticamente privo di sedi territoriali. E della Piattaforma Rousseau, ovvero della piattaforma digitale in cui e su cui far vivere l’ipotizzata democrazia diretta interna al movimento stesso. E del Non Statuto, base regolatoria di questa vita interna.
Insomma, tutta farina del sacco di Casaleggio. O, almeno, in gran parte frutto del pensiero di Casaleggio. Che inglobava e trasfigurava il qualunquismo genericamente nuovista di Beppe Grillo in un’ipotesi di democrazia digitale. Il tutto, con l’aspirazione di superare, grazie a una galoppante disintermediazione, corpi intermedi, partiti politici e Istituzioni della democrazia rappresentativa.
Nella fase ascendente del Movimento 5 Stelle, la divisione del lavoro fra Grillo e Casaleggio è dunque chiara. Il primo è l’attore (non il comico) che interpreta – e ha interpretato per anni, almeno fino al 2018 – il suo personaggio più riuscito: un personaggio drammatico, quello di Beppe Grillo. Il secondo è l’autore e il regista di uno spettacolo politico che ha l’ambizione di costituire un evento digitale e dunque anche un fatto sociale e infine politico.
Un autore e un regista che, come accade appunto agli autori e ai registi, lavora dietro le quinte. E solo una decina di anni dopo il fatale incontro di Livorno accetta di affiancare Grillo nei comizi di chiusura delle campagne elettorali per le elezioni politiche del 2013 e per quelle europee del 2014. Un appuntamento, quest’ultimo, che offrì allo stesso Casaleggio l’occasione di autodefinirsi “fieramente populista”. Ovvero, ci permettiamo di aggiungere, creatore di un singolarissimo populismo digitale.
Rispetto a Grillo, nato nel 1948, Casaleggio era più giovane di 6 anni, essendo nato nel 1954. Ma, come tutti sappiamo, è morto nel 2016, a soli 62 anni. E forse, è proprio da quel momento che comincia la parabola discendente del Movimento 5 Stelle.
Certo, due anni dopo, e cioè nel 2018, il M5S riuscirà a riempire Camera e Senato di parlamentari pentastellati, così come, nello stesso 2016, aveva conquistato con una propria candidata il ruolo di Sindaco della Capitale d’Italia e come, proprio a seguito delle stesse elezioni del 2018, insedierà un proprio uomo a capo del Governo. Perché all’inizio il declino non è stato visibile, coperto dai successi elettorali frutto di spinte precedenti. Ma forse i guai attuali del Movimento, più che dai limiti mostrati da Giuseppe Conte, derivano dalla precedente uscita di scena di Beppe Grillo. Un’uscita di scena lenta e quasi dissimulata causata, a sua volta, dalla scomparsa di quell’autore e regista che si chiamava Gianroberto Casaleggio. Senza di cui l’interprete è rimasto muto.
@Fernando_Liuzzi