Come mai non decolla la concertazione tra le parti sociali? Eppure mai come in questi tempi difficili questa pratica di responsabilità dovrebbe assurgere a stella polare dei comportamenti delle parti sociali. Ma non è così. Qualcuno assegna la responsabilità a soggettive volontà delle parti: Il governo che non la stimola a sufficienza, qualche sindacato Cgil e Uil che la snobbano perché considerata tutto sommato controproducente, qualche opinionista, semplicemente osservando che non c’è vera materia di scambio per poterla realizzare.
Non dico che ciascuna di queste ragioni non abbia un fondamento nella realtà, anzi sono tutte vere e contribuiscono alla oggettiva fase di stallo delle relazioni industriali che si sta osservando in questo periodo, almeno a livello confederale.
Tuttavia penso ci sia una ragione più strutturale che possa spiegare questo strano fenomeno.
La ragione è la mancata comprensione della situazione di contesto, e dei relativi vincoli, in cu, eventualmente, rilanciare la concertazione tra le parti sociali e il governo.
Procediamo con ordine. Il Governo e la sua “precaria” maggioranza sono occupati a non perdere i finanziamenti del PNRR, sapendo che questi dipendono dalla realizzazione di riforme di “sistema”, a partire da quello sulla concorrenza, che da troppo tempo in Italia sono state rimandate.
Le organizzazioni sindacali, si sentono aggredite da una fase inflazionistica che sta erodendo pesantemente il potere di acquisto delle retribuzioni da lavoro dipendente e da pensione.
La Confindustria reiteratamente invoca il superamento del cuneo fiscale per impedire la crescita del costo del lavoro determinata da una inevitabile pressione sui livelli retributivi (ormai tra i più bassi d’Europa).
Ognuno per sé…. ciascuno ha le proprie ragioni, ma manca la consapevolezza di una visione d’insieme e questa è la vera ragione per cui non parte la concertazione.
Con lo spread che oscilla ormai sopra i 200 punti base, chiedere lo scostamento di bilancio diventa sempre più difficile. L’Europa da tempo va sollecitando uno spostamento della tassazione dal lavoro alla rendita (anche patrimoniale), ma c’è un blocco riformatore nel Paese che ha il coraggio di porre queste questioni al centro della discussione? La domanda non è retorica perché ormai i nodi stanno venendo al pettine: la scarsa produttività di sistema non consente incrementi del reddito complessivo e questo, a sua volta, non consente di avere le risorse per meglio distribuirlo. Il sentiero della concertazione è sempre più stretto e non sarà possibile percorrerlo senza una chiara comprensione della vera posta in gioco: l’avvio di riforme strutturali per il Sistema Italia, se non ora quando?
Luigi Marelli