Il gap tra la crescita del Nord e quella del Sud, tra il 1996 e il 2019, è stata di quasi 17 punti percentuali. Ma da cosa dipende questo scarto? Da tre fattori, che sono anche le componenti del Pil stesso: produttività del lavoro che varia di quasi il 10% al Nord contro il 6,2% nel Mezzogiorno; tasso di occupazione (+0,3% al Nord e -0,8% al Sud) e, infine, la stessa popolazione. L’accumulato ritardo del nostro Sud è proprio legato alla questione demografica: il Nord cresce del 9,3% come abitanti, quelli del Sud scendono del 2%. “E` dunque evidente che gli aspetti più problematici riguardano il tasso di occupazione e, quantitativamente, la questione demografica: o si aggiustano questi trend demografici o qualsiasi intervento risulterà inefficace”. E’ l’analisi diffusa dall’Ufficio Studi di Confcommercio in occasione del convegno ‘Il Pnrr e il Mezzogiorno che verrà’ in programma a Bari.
Il Sud, secondo il report di Confcommercio, “potrà recuperare un bel pezzo del terreno perso grazie al Pnrr e il Pnrr potrà restituire all`Italia smalto economico e sociale attraverso la crescita del prodotto potenziale, se e solo se il Sud tornerà a funzionare a pieni giri. Le due cose sono inscindibili”.
L`avvento di una nuova era per il nostro Mezzogiorno, “ancora non è visibile dai dati e dalle stime più recenti riferite all`anno in corso ed è logico che sia così: se interpretiamo correttamente il Pnrr, il processo di riforma, sostenuto dagli investimenti, anche e soprattutto nel nostro Sud, richiede tempo e impegno; ma non abbiamo motivo di dubitare che, se il contesto internazionale lo consentirà, presto ne vedremo i frutti”. Per adesso, il Sud cresce più o meno come il resto del Paese, al di là di oscillazioni ereditate dal passato, per esempio in relazione al fatto che la pandemia ha colpito un po` meno e un po` dopo il nostro Mezzogiorno. Per l`anno in corso l’Ufficio Studi di Confecommercio prevede “un moderato scarto positivo nella crescita del Pil meridionale rispetto al resto del Paese, ma non è certo con una manciata di decimali, per di più confinata a un singolo anno, che i divari tenderanno a chiudersi”.
Sul fronte demografico, l’analisi fa notare che dal 2007 a oggi sono scomparse dal Sud 800mila persone; anche il Nord presenta oggi qualche problema, molto meno accentuato, sul piano dei flussi interni: fino agli anni `90 l`emigrazione da Sud a Nord allargava la base produttiva delle Regioni italiane più ricche e produttive, oggi dal Nord stesso si emigra verso altri Paesi. L`investimento in istruzione, piccolo o grande che sia, sui giovani italiani, soprattutto meridionali, contribuisce prospetticamente a incrementare il Pil di altre nazioni.
Per quanto riguarda il tasso medio di occupazione delle donne, esiste “un Sud del Sud”: a livello di occupazione generale e femminile, se il Centro-Nord si avvicina al resto d`Europa, il Sud ne resta troppo lontano, soprattutto nella componente femminile. E se il Sud è lontano, la Calabria, solo per fare un esempio di eterogeneità delle performance del mercato del lavoro anche all`interno del nostro Meridione, è ancora più distante.
Analizzando la produttività del lavoro, fatti pari a 100 i valori del 1995 degli investimenti complessivi in termini reali per unità standard di lavoro, è evidente che le condizioni del Mezzogiorno si siano deteriorate tanto in assoluto quanto in termini relativi, e questo è quello che spiega maggiormente i divari nella dinamica della produttività. Molto più semplicemente: al Nord gli investimenti per occupato sono sopra i livelli di metà degli anni `90, al Sud sono sotto di oltre il 6%.
Per quanto riguarda la parte pubblica degli investimenti, è normale che al Sud siano minori perché il Centro-Nord pesa di più, sia in termini di popolazione sia in termini di occupati. Ma il problema è che dal 2016 in poi, alla ripresa dell`investimento pubblico nel Centro-Nord, non è corrisposto un analogo trend nel Sud.
“Possiamo immaginare – osserva l’Ufficio Studi di Confcommercio – che gli investimenti pubblici tendano a ridurre i difetti strutturali di un territorio, aumentandone la produttività.
Pertanto, se il rendimento dei fattori aumenta, aumenta anche la convenienza a investire da parte dei privati. E` questo il senso principale nello sviluppare gli investimenti pubblici al Sud: ridurre i difetti strutturali per attrarre investimenti privati e rivitalizzare i circuiti socio-produttivi”.
tn