Può succedere, a volte succede, che dal male esca fuori qualcosa di buono. “Ex malo, bonum”, dicevano i latini. In questo caso, il “malo” è talmente cattivo, tremendo, e feroce, che vederci del “bonus” rischia di essere ridicolo, anzi grottesco. Di più: ingiusto e crudele nei confronti di tutti coloro che in questi giorni stanno soffrendo, morendo, fuggendo, perdendo amici, parenti e la propria casa. Come si fa a cercare qualcosa di positivo in questo disastro a cui stiamo assistendo? In effetti non si può, anzi non si potrebbe né si dovrebbe. Tuttavia, a costo di apparire egoisti e provinciali e anche leggermente cinici, concentrati sul nostro orticello piuttosto che sull’incendio che brucia il grande campo e che potrebbe propagarsi a tutto il mondo, vogliamo in questa sede provare a vedere due effetti positivi che questa maledetta guerra ha provocato nel nostro Paese. E che naturalmente non possiamo sapere se dureranno oppure se cesseranno quando (ma quando?) le armi saranno ripiegate e scoppierà la pace.
Il primo di questi due effetti riguarda l’accoglienza per i profughi. Nessuno tra i nostri politici ha finora messo in discussione il fatto che chi fugge dalla guerra e dalle distruzioni debba essere protetto e accolto in Italia, ci mancherebbe altro. Ma la domanda è se in futuro, quando arriveranno i profughi africani, che fuggono dalle guerre locali o dalla miseria che imperversa nei loro paesi, saremo altrettanto “umanitari” e li accoglieremo come oggi accogliamo gli ucraini. Dubitarne è più che lecito, sapendo quanto sono emotivi i nostri politici e la nostra opinione pubblica (di destra ma non solo), e quanto mal sopportino i migranti africani che “ci rubano il lavoro, ci rapinano e ci stuprano le nostre donne”. Loro non sono bianchi e non sono europei, dunque restino a casa loro e chissenefrega se soffrono o muoiono. Tanto noi non li vediamo, laggiù non ci sono televisioni, social, giornalisti di tutti i tipi che ci raccontano quello che succede in tempo reale, ventiquattro ore su ventiquattro. Dunque, chissà allora se, quando i prossimi barconi sbarcheranno sulle nostre coste centinaia o migliaia di disperati provenienti dall’altra parte del Mediterraneo, saremo così bravi da accoglierli come stiamo giustamente facendo oggi con chi fugge dalla guerra? O, almeno, se i progressisti che stanno al governo saranno capaci di ingaggiare una battaglia, di civiltà ancor prima che politica, contro i loro colleghi di destra e anche contro una buona fetta di elettori per ottenere un obiettivo che dovrebbe essere scontato per chiunque pensa che il mondo non finisca alle Colonne d’Ercole?
Il secondo effetto positivo della guerra si chiama Matteo Salvini, nel senso della sua crisi politica, di immagine e alla fine anche elettorale. Per la seconda volta in meno di tre anni, il segretario della Lega è andato a sbattere contro sé stesso e le sue velleità. La prima è avvenuta durante la famosa estate del Papeete nel 2019, quando fece cadere il suo governo con i Cinquestelle convinto che si sarebbe andati alle elezioni e che lui le avrebbe vinte facilmente. Previsione sbagliata, le elezioni non ci sono state e Salvini oggi è costretto a convivere con la sinistra nel governo Draghi. Perdendo consensi ogni giorno di più.
E adesso, dopo il suo infausto viaggio in Polonia al confine con l’Ucraina, dove il sindaco di quel paesino (peraltro uno di estrema destra) l’ha ridicolizzato mostrando la maglietta pro Putin che il leader della Lega indossava fino a pochi anni fa, la sua popolarità sta precipitando ad ogni sondaggio che passa. Ormai è arrivato a dimezzare i voti che aveva preso alle elezioni europee del 2019, passando dal 32 al 16 per cento. Evidentemente la memoria degli italiani non è così corta come si temeva: al contrario, si ricordano benissimo di quando, quanto e come il leader della Lega fosse legato allo zar russo, del sodalizio col partito putiniano “Russia unita” e degli affari che aveva imbastito a Mosca. E non è bastata la sua capriola in extremis, il suo viaggetto “pacifista” a rimetterlo sulla strada giusta. Tanto che molti esponenti della Lega dicono off the record che il loro segretario dovrebbe darsi una calmata e fermarsi per un po’. Difficile però che lui si fermi e si dia una calmata, l’uomo è fatto così: spesso e volentieri non sente ragioni ma segue il suo istinto bestiale anche a costo di far del male a sé stesso e alla sua Lega. Chissà se a forza di seguirlo, non si troverà di fronte a un partito che lo ripudia e si sceglie un altro leader? Improbabile ma non impossibile.
Ora, è evidente che davanti alla tragedia ucraina parlare del destino politico di Salvini appare fuori luogo, ma bisogna anche pensare al futuro, sperando che la pace arrivi il prima possibile. E che quindi si possa tornare a discutere e a concentrarsi sulle vicende del nostro Paese: vicende che possono cambiare sensibilmente dal punto di vista politico, sociale e di civiltà, anche a seconda di quanti consensi avrà o non avrà l’attuale segretario leghista. Meno ne avrà e meglio sarà per tutti gli italiani. E pure per i migranti che arriveranno nei prossimi mesi alla ricerca di un Paese sicuro.
Riccardo Barenghi