Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Uilca Fulvio Furlan, in merito ai recenti accordi raggiunti sul tema della sicurezza e gestione della pandemia nel settore bancario. Per il segretario, le relazioni industriali intense e costanti hanno consentito una gestione attenta ed efficace dell’emergenza. Grazie al contributo fondamentale dei lavoratori, spiega Furlan, si è riusciti garantire un un servizio essenziale per il Paese, anche a costo di un rischio non azzerabile di contagi del personale, di ricoveri, terapie intensive e decessi.
Furlan, anche il settore delle banche ha sofferto questi due anni di pandemia. Come sindacato, come avete reagito?
Abbiamo gestito l’emergenza, sin dall’inizio della pandemia, con vari accordi e protocolli che via via venivano aggiornati e recepivano e applicavano i decreti, mettendo al centro la salute e la sicurezza dei lavoratori e della clientela. L’ultimo aggiornamento dei protocolli precedenti ha lo stesso spirito di tutelare la salute. Abbiamo preso atto che c’è un aumento della contagiosità, che per fortuna non si accompagna con un aumento di casi gravi, che hanno modificato anche vari aspetti sociali, come l’isolamento, la quarantena, la Dad, che hanno complicato la vita di molte persone. Sapevamo che il Governo sarebbe intervenuto con un nuovo decreto; quindi, abbiamo chiesto e ottenuto con le altre sigle sindacali un incontro con Abi, dove abbiamo avuto riscontro per una serie di richieste.
Quali?
Per esempio, il ripristino delle attività da remoto. Oppure la garanzia per il collega obbligato alla quarantena e quindi non in malattia, e non destinatario dello smart-working in quanto ha mansioni incompatibili con il lavoro da remoto, di avere comunque la piena retribuzione. Poi è stata richiesta e ottenuta la distribuzione delle mascherine FFp2, come da disposizioni, e tutta una serie di altre misure per la sicurezza. In più, abbiamo gestito la novità dell’obbligo del green pass per la clientela.
Come è stato gestito?
Avevamo immaginato possibili situazioni di tensione, dato che i lavoratori dovevano controllare il possesso del green pass da parte della clientela. Questo controllo distoglie i lavoratori da certe attività, quindi si è chiesto di allentare le richieste di obbiettivi lavorativi e operativi. Inoltre, abbiamo chiesto che il lavoratore non avesse nessuna responsabilità, anche i termini di privacy, e ci fossero delle indicazioni precise per i lavoratori su come gestire le chiamate alle forze dell’ordine ed evitare al massimo qualsiasi rischio per i lavoratori stessi e per i clienti presenti in filiale. L’accordo va in questa direzione, consapevoli che queste misure potrebbero non durare a lungo, a seconda delle variazioni del contagio e di interventi meno restrittivi da parte del Governo.
Avete in cantiere altri incontri?
Si, per quanto riguarda la sicurezza, ad esempio, ci sarà un incontro di monitoraggio in queste settimane sull’applicazione del protocollo e su eventuali modifiche. È chiaro che tutte le aziende sono chiamate a declinare l’applicazione del protocollo nelle loro realtà, fornendo ai lavoratori chiarezza su come gestire le situazioni, dal controllo del green-pass, con quali mezzi, come si devono comportare i colleghi in caso di tensioni e così via. Avevamo chiesto degli steward della vigilanza esterna per i controlli, ma Abi non voleva questa soluzione. Poi abbiamo preso atto che le disposizioni del Governo prevedono un controllo del green pass all’interno dei locali e a campione; questa indicazione, che alleggerisce il carico dei lavoratori, ci ha convinto a trovare misure che avessero un occhio alla gestione per limitare i rischi del contagio e a uno scaglionamento degli ingressi nelle filiali, che abbiamo declinato diversamente a seconda delle varie zone bianche, gialle, arancioni e rosse.
Sin dall’inizio della pandemia, le relazioni industriali con Abi hanno favorito o rallentato le contromisure a questa emergenza?
C’è sempre stata, aldilà delle difficoltà di trovare soluzioni sulle singole questioni, una forte comunione di intenti nel dialogo costante per accompagnare l’evoluzione dell’emergenza, ponendo al centro la sicurezza e la salute. Questo è stato da subito ed è continuato per tutto il tempo.
Sono passati ormai due anni dall’inizio della pandemia, può fare un bilancio sulla sicurezza?
Non ho dei dati numerici, ma posso dire che il servizio nei nostri settori, come nel credito, non si è mai fermato; questo grazie ai protocolli a tutela della salute e soprattutto grazie all’enorme lavoro, all’impegno, la professionalità dei colleghi e colleghe che hanno garantito un servizio essenziale per il Paese, anche a costo di un rischio non azzerabile di contagi del personale, di ricoveri, terapie intensive e decessi. Se il servizio è continuato è anche prova che alcune misure prese sulla sicurezza hanno funzionato, sebbene i rischi siano sempre presenti, così come in tutta Italia.
Con Unicredit avete di recente approfondito la questione sulla sicurezza al tavolo, che cosa è emerso?
Partiamo da un presupposto, le relazioni industriali nel nostro settore, sia a livello nazionale che nei gruppi, sono sempre intense e constanti; quindi, non è che oggi ci incontriamo per la gestione del Covid altrimenti non ci incontreremo. Con Unicredit, così come in altre banche, abbiamo discusso sull’applicazione del protocollo. Nel frattempo, nei gruppi e nelle aziende, sono continuate le trattative su molteplici altri argomenti: con Unicredit, abbiamo fatto anche l’accordo sul piano per la gestione d’impresa, abbiamo sottoscritto recentemente accordi sui premi aziendali in Bpm, oppure la presentazione del piano d’impresa di Intesa San Paolo con la quale poi si aprirà la trattativa per gestire le ricadute di questo piano.
Quando finirà la pandemia, avete intenzione di continuare a lavorare in una sorta di modalità mista, in presenza e online, nei tavoli con le controparti e con le assemblee dei lavoratori?
Non ne abbiamo ancora discusso e andrà valutata questa soluzione. Ci sono pro e contro. In genere, penso che sia opportuno valorizzare le opportunità e minimizzare le criticità, quindi se questa modalità mista sarà possibile non mi precluderò niente a priori. È una opzione da valutare, ma prendiamo atto che ci sono anche notevoli svantaggi nella mancanza di contatto con le lavoratrici e i lavoratori, perché il dibattito in presenza, l’incontro con le persone, la vicinanza fisica, cambia notevolmente i rapporti e la possibilità di trovare soluzione condivise. Quindi bisogna avere grande prudenza e moderazione per evitare che poi si sostituisca il contatto umano con l’online. Anche con le controparti, la distanza ha complicato le relazioni industriali nel trovare delle soluzioni e si sono allungati i tempi per trovarle. Vis a vis, insomma, è un’altra cosa. Questo vale per il sindacato ma anche nella vita di tutti i giorni. Spesso si risolvono molte questioni bevendo un caffè insieme. Ci siamo accorti che il contatto on-line ha fornito delle opportunità in più, ma non può essere sostitutivo della presenza.
Emanuele Ghiani