Chiedo scusa se parlo di Renzi, ma purtroppo si tratta di un personaggio che pervade la nostra vita da quasi dieci anni. E che come un fiume carsico ogni tanto scompare – o almeno dovrebbe scomparire – ma poi riappare sempre, malgrado le sue sconfitte e le sue conseguenti promesse di uscire dall’attività politica. Promesse mai mantenute e senza neanche una spiegazione all’opinione pubblica. Nel 2016 aveva dichiarato che se avesse perso il referendum sulla sua riforma della Costituzione, avrebbe lasciato la politica. Invece lasciò solo palazzo Chigi ma non la segreteria del Patito democratico, che continuò a guidare fino al 2018, quando venne rovinosamente sconfitto alle elezioni, facendo crollare il Pd al 18 per cento (che alle europee di quattro anni prima aveva portato al 41 per cento…). E qui tutti si aspettavano che Renzi sarebbe uscito definitivamente dalla scena, ma lui se n’è ben guardato. Ha continuato a fare politica, la sua politica, fino a quando è riuscito a far nascere il governo giallo-rosso, insieme agli odiati Cinquestelle, per poi uscire dal Pd e creare la sua creatura politica, Italia viva, portandosi dietro un bel gruppo di parlamentari eletti col suo ex partito. La storia, anzi la cronaca, ci racconta che dopo un anno e mezzo il capo di Italia viva è riuscito a fare cadere anche quel governo, che lui stesso aveva voluto aprendo la strada a Mario Draghi e alla nuova maggioranza di larghe intese, di nuovo insieme ai Cinquestelle ma anche alla Lega di Salvini e a Forza Italia. Maggioranza che sta miracolosamente in piedi da nove mesi.
Chiedo di nuovo scusa se parlo di Renzi, ma purtroppo ancora con lui bisogna fare i conti. Conti politici ma anche economici, anzi finanziari, e pure giudiziari. Politici, perché la sua pattuglia parlamentare rischia di essere decisiva per la prossima elezione del nuovo Capo dello Stato. E soprattutto perché la sua capacità tattica di muoversi tra destra e manca, più destra che manca ormai – senza pudore visto che è stato leader della sinistra – potrebbe mettere in discussione quel bipolarismo incompiuto che, in teoria, dovrebbe consentire agli elettori di scegliere alle prossime elezioni tra due schieramenti, la destra e la sinistra. Invece, grazie a Renzi, a Carlo Calenda e a un pezzo di Forza Italia e di ex forzisti, non possiamo escludere la nascita di un nuovo Centro politico, forse un centrino, ma comunque pronto ad allearsi col miglior offerente. Che probabilmente sarebbe la destra di Salvini e Meloni, così che accadrebbe l’impensabile: un leader della sinistra che diventa comprimario della destra peggiore mai vista in Italia.
Nel frattempo però il nostro deve fronteggiare una serie di colpi che gli piovono in testa dalle inchieste giudiziarie sulle sue Fondazioni, in particolare quella denominata Open, rilanciate dai giornali, che secondo gli inquirenti avrebbero raccolto fondi per finanziare la sua corrente: l’accusa è di finanziamento illecito. Per non parlare delle sue conferenze in giro per il mondo, a cominciare da quelle in Arabia saudita (regime non certo democratico), pagate profumatamente. O ai suoi affari con una società di car-sharing in Russia (regime non certo democratico). O ancora ai suoi viaggi con aerei affittati per 135mila dollari, una toccata e fuga negli Usa semplicemente per leggere un discorso di due minuti scritto da altri in memoria Bob Kennedy. Oppure, i finanziamenti ricevuti da case farmaceutiche in cambio di interventi legislativi ad hoc. L’elenco potrebbe continuare, ma basta ricordare che nel 2018 Renzi dichiarò in televisione di avere sul conto corrente 15,859 euro, mentre due anni dopo nella sua dichiarazione dei redditi risultava superato il milione, fino a sfiorare i due milioni l’anno successivo. Niente di male ad essere ricco, a meno che non si stia parlando di una senatore della Repubblica che, lasciando perdere le implicazioni giudiziarie (se ne occupano i magistrati), dovrebbe rispettare alcune regole di etica politica, o almeno di opportunità. Che ovviamente lui non ha rispettato.
Per la terza volta, chiedo scusa se parlo di Renzi. Ma purtroppo non ne posso fare a meno pensando a quando fu eletto segretario del Partito democratico: come è potuto accadere che un personaggio del genere (e già allora si capiva benissimo quale fosse la sua natura profonda, politica e umana, solo i ciechi non la vedevano) potesse diventare leader della sinistra italiana? Facendo innamorare molti militanti, moltissimi elettori, gran parte dei giornalisti e anche una cospicua fetta dei dirigenti di quella formazione politica?
La risposta tutto sommato è semplice e sta tutta nella crisi della sinistra. Che da anni si dimenava tra spinte contrapposte (D’Alema o Veltroni, per semplificare), senza avere non solo una bussola ma neanche una visione, un’idea insomma di chi si è o si dovrebbe essere, da dove si proviene e di dove si dovrebbe andare. Per questa sinistra malmessa, Renzi ha rappresentato una ciambella di salvataggio, finalmente era arrivato il modernizzatore, quello che avrebbe fatto piazza pulita (la rottamazione dei vecchi dirigenti) e avrebbe proiettato il Pd verso un futuro radioso, il sol dell’avvenire si diceva una volta.
Non è andata così, e adesso fanno ridere (anzi piangere) tutti coloro che si erano illusi. Oggi ne parlano male, anche malissimo, senza soluzione di continuità con l’entusiasmo che solo pochi anni fa dimostravano in pubblico e in privato. Ma il problema oggi non sono loro, è lui. Un uomo che malgrado il suo Partito conti nel paese il 2 per cento, è ancora in grado di essere al centro dei giochi parlamentari e forse anche politici. Passando da sinistra a destra, con una disinvoltura da far invidia a un acrobata. Peccato che la politica non è un circo. O sì?
Riccardo Barenghi