Corrado Stajano conclude il suo nuovo libro citando i versi di Eugenio Montale: “L’onda, vuota, si rompe sulla punta, a Finisterre”. Tra le rocce, la bottiglia dal mare non è ancora giunta. La bufera infuria. Ma se nel poeta l’angoscia dell’attesa non cancella la fiducia, per il giornalista e scrittore lo sconforto accompagna l’amarezza. Sconfitti, è il significativo titolo di questo saggio intriso di alta capacità letteraria. La tesi di fondo è che la pandemia ha acuito ed esasperato ritardi atavici, lacune diventate baratri, ferite mai rimarginate: “L’Italia si è rotta sotto i suoi mille campanili, nei paesi, nelle città, in un tempo che sembra non finire mai, travagliata da una crisi profonda”.
Da eccelso cronista, l’autore prende le mosse dall’arrivo del virus per tornare indietro con la memoria. La guerra, la campagna di Russia, il ritorno a casa, la resistenza, il ruolo del clero, l’anticomunismo, la ricostruzione, il boom economico, il miracolo che va in frantumi, le lotte operaie, il terrorismo, la corruzione, la mafia. Capitoli brevi e fulminanti. Davanti ai nostri occhi scorrono i personaggi. Nuto Revelli, Italo Pietra, Ferruccio Parri, padre Lombardi, Mike Bongiorno, Mina, Giovanni Borghi, Giuseppe Pinelli, Carlo Alberto dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Silvio Berlusconi.
L’Italia è “il Paese dell’eterna commedia dell’arte. Il Paese dei campanelli. Il Paese dei balocchi”. Nel quale “non esiste soltanto il conflitto di classe ma anche il conflitto tra le due facce della borghesia, mai sanato: la borghesia fedele alla costituzione e la borghesia infedele anche ai propri principi, disponibile all’illegalità in nome dell’interesse privato”.
Il peccato originale del quale non riusciamo a mondarci si è insinuato nel parto stesso della Repubblica: “Durò poco la serena letizia della liberazione. Non nacque, come si sperava, la nuova società ispirata ai principi di libertà e giustizia. La rovina provocata dal fascismo, il paese ridotto in frantumi, il sangue ancora rappreso di migliaia e migliaia di uomini caduti nelle guerre del regime presto dimenticati. Sono tornati da remote caligini i fantasmi della vergogna, scrisse anni dopo in una sua famosa epigrafe pubblicata sul Ponte Piero Calamandrei. Non se ne erano mai andati, in effetti, quei corposi fantasmi. Erano sempre rimasti ai loro posti, più o meno mascherati, per raggiungere le sacrosante vette della carriera. Si sarebbero svenati ad abbandonarle incuranti di ogni morale politica e professionale. La normalità del trasformismo”.
“E nei decenni a venire il fascismo – i fascismi – seguita a far capolino con altre vesti, altri travestimenti, mascherato anche da sovranismi impudichi. Non si è mai sentito sconfitto. Una risorsa, non un ripiego. Maestra, sempre, la violenza”. Oggi come ieri.
Gli interrogativi finali sono angosciosi: “Che destino potrà avere il Bel Paese che a 160 anni dall’Unità non sembra possedere ancora un’idea di nazione? Riuscirà a far fronte al dramma del contagio come seppe farlo nei momenti più cupi della sua esistenza? Riuscirà a dar fiato a una politica della dignità finita in un cantone, ritrovare il senso etico-civile e la speranza, scrigno del vivere futuro? Purtroppo, di doman non c’è certezza”.
Sì, camminiamo in una terra incognita, verso una destinazione sconosciuta. La quarta ondata fa paura. I numeri dell’economia confortano ma sotto le statistiche della crescita aumentano indigenza e precarietà. La frantumazione sociale genera sconcerto, rabbia, astensionismo. La demenziale e inaccettabile irresponsabilità dei no green pass e di chi li fomenta intorbida le acque. Se l’elezione del nuovo capo dello Stato non avverrà in un clima di fiducia e di credibilità, il solco tra le istituzioni e il popolo si trasformerà in un buco nero capace di inghiottire la democrazia.
Ma Stajano, a 91 anni, non deve sentirsi uno sconfitto. Combatte, con la sua penna affilata come una spada. Prima o poi la bufera si placherà e le onde porteranno la bottiglia con il messaggio sugli scogli. Lì, a Finisterre, dove le donne e gli uomini di buona volontà, vinti ma non domi, continuano a battersi per la giustizia e la libertà.
Marco Cianca