Secondo l’art. 3, comma 1, decreto-legge 127/2021, dal 15 ottobre 2021 e fino al 31 dicembre 2021, termine di cessazione dello stato di emergenza, al fine di prevenire la diffusione dell’infezione da SARS-CoV-2, a chiunque svolge una attività lavorativa nel settore privato è fatto obbligo, ai fini dell’accesso ai luoghi in cui la predetta attività è svolta, di possedere e di esibire, su richiesta, la certificazione verde COVID-19 di cui all’articolo 9, comma 2 del decreto-legge 127/2021.
I datori di lavoro di cui al comma 1, hanno definito, entro il 15 ottobre 2021, le modalità operative per l’organizzazione delle verifiche, anche a campione, prevedendo prioritariamente, ove possibile, che tali controlli siano effettuati al momento dell’accesso ai luoghi di lavoro, e individuano con atto formale i soggetti incaricati dell’accertamento delle violazioni degli obblighi di certificazione.
I lavoratori, nel caso in cui comunichino di non essere in possesso della certificazione verde COVID-19 o qualora risultino privi della predetta certificazione al momento dell’accesso al luogo di lavoro, “al fine di tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori nel luogo di lavoro, sono considerati assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021”, termine di cessazione dello stato di emergenza, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del rapporto di lavoro. Per i giorni di assenza ingiustificata non sono dovuti la retribuzione né altro compenso o emolumento, comunque denominato.
Il punto nodale sul quale è opportuno spendere qualche parola è dato dalla previsione del comma 6 del decreto-legge 127/2021,secondo la quale è previsto implicitamente, innanzitutto un obbligo di comunicazione da parte del lavoratore che non è in possesso di Green Pass, per qualsivoglia ragione, nei riguardi della azienda datrice di lavoro e in questa eventualità scatta il meccanismo tecnico/giuridico di regole a tutela di tutto l’apparato normativo sulla certificazione verde.
Così e previsto che:
- Il mancato possesso della certificazione al momento dell’accesso nel luogo di lavoro determina una sospensione dell’attività lavorativa, senza nessun onere economico da parte delle aziende, dovendosi oltremodo qualificare i lavoratori “assenti ingiustificati fino alla presentazione della predetta certificazione e, comunque, non oltre il 31 dicembre 2021”
- L’assenza in parola, di fatto, sterilizza tutto il rapporto di lavoro sotto il profilo economico, sia in termini di retribuzione diretta, sia in termini di retribuzione indiretta e differita, determinando quindi una parentesi neutra nel rapporto stesso.
- Sono esclusi dunque:
- La maturazione delle mensilità ordinarie
- La maturazione delle mensilità supplementari (tredicesima e quattordicesima)
- La maturazione dell’anzianità di servizio
- La maturazione delle ferie
- Il pagamento delle festività
- La maturazione degli eventuali permessi retribuiti eventualmente spettanti in base al CCNL applicato
- La maturazione del TFR
- Tutti gli ulteriore effetti a cascata sul piano normativo ed economico.
Impropriamente il decreto-legge 127/2021 parla di “assenza ingiustificata”, quanto sarebbe stato più lineare parlare di “sospensione del rapporto”, onde evitare interpretazioni errate. Infatti, posto il divieto di applicare sanzioni disciplinari e di licenziare, non si riesce proprio a capire la finalità pratica di descrivere come “ingiustificata” l’assenza dal lavoro.
Di fatto è il sistema di tutela della salute pubblica che determina l’applicazione di tutto questo regime legale e bollare come assente ingiustificato il lavoratore è forse eccessivo e sicuramente fuorviante, nonché inutile.
Si ipotizzi il caso di un lavoratore in possesso della certificazione verde, con il diritto di entrare in azienda, previa esibizione del Pass al check-in allestito all’ingresso, il quale un giorno non si presenti al lavoro senza preavvisare o avvisare il datore di lavoro della sua assenza: questo è il caso paradigmatico della “assenza ingiustificata”, ovvero della assenza punibile con una sanzione disciplinare o, addirittura, con il licenziamento disciplinare, secondo le specifiche previsioni del CCNL.
Si tratta, in buona sostanza, di dare la corretta descrizione ed interpretazione delle norme sul Green Pass, evitando sul nascere ogni possibile emarginazione mascherata dalla bollatura di “assente ingiustificato” al soggetto che si trova nella condizione di non poter ottenere la certificazione per la personale scelta di non vaccinarsi, indipendentemente da ogni valutazione e/o giudizio sull’opportunità di una tale scelta nello scenario ancora attuale di emergenza.
Le confusioni terminologiche si evidenziano manifestamente alla lettura del comma 7 dell’articolo 3 del decreto 127: “Per le imprese con meno di quindici dipendenti, dopo il quinto giorno di assenza ingiustificata di cui al comma 6, il datore di lavoro può sospendere il lavoratore per la durata corrispondente a quella del contratto di lavoro stipulato per la sostituzione, comunque per un periodo non superiore a dieci giorni, rinnovabili per una sola volta, e non oltre il predetto termine del 31 dicembre 2021”. In questo caso la confusione nominale e terminologica si rivela nella sua interezza, posto che per le piccole aziende indicate viene in considerazione un meccanismo in forza del quale il datore di lavoro “può sospendere il lavoratore” per consentirne la sostituzione, ma si tratta di una sospensione impropria, posto che già dal primo giorno il lavoratore è sospeso, seppure in quella infelice condizione di assente ingiustificato.
Pasquale Dui