“Ricorda infatti Joseph Schumpeter che la storia del bilancio pubblico è la storia della civiltà politica di un paese. Dato il peso quantitativo e qualitativo del fisco nel bilancio pubblico italiano, la struttura esistente del nostro fisco getta una cupa ombra sulla civiltà politica e sociale del nostro paese (vedi l’enorme evasione fiscale)”. Così, a proposito delle intenzioni di riforma espresse pochi giorni prima da Mario Draghi al Senato, scriveva Filippo Cavazzuti nel suo ultimo articolo su First on line. L’economista ci ha lasciato, a 79 anni, dopo una lunga malattia. Era stato allievo di Beniamino Andreatta. Si racconta che quando il suo Maestro fu nominato ministro del Tesoro, lo volle come consigliere. Correttamente Cavazzuti volle segnalare al ministro di non essere democristiano. Al che Andreatta gli rispose: “Non si preoccupi, alla Dc penso io; a me serve la sua competenza”. Con Beniamino Andreatta, Cavazzuti aveva fondato nel 1974 l’associazione Prometeia. Senatore per quattro legislature, dal 1983 al 1996, prima negli Indipendenti di sinistra, poi nel PDS. durante il primo Governo Prodi (1996-1998) fu nominato sottosegretario al Ministero del Tesoro, Bilancio e Programmazione Economica. Professore emerito all’Università di Bologna, dal 1999 al 2003 è stato commissario Consob. Con FIRSTonline, con cui collaborava fin dalle prime ore ha anche pubblicato un fortunato ebook dal titolo “La magia della finanza”. Ho conosciuto Filippo Cavazzuti nei primi anni ’70 quando dopo l’esperienza della segreteria nazionale della Fiom entrai a fa parte della segreteria regionale della Cgil dell’Emilia Romagna. La Federazione unitaria (allora diretta da “giganti” come Giuseppe Caleffi per la Cgil, Luigi Paganelli per la Cisl e il repubblicano romagnolo Matteo Casadio per la Uil) aveva costituito un centro studi unitario il Cress e ne aveva affidato la presidenza al prof. Umberto Romagnoli, grande giuslavorista allievo di Tito Carnacini e Federico Mancini, che, peraltro, era stato il docente incaricato di seguire la mia tesi di laurea. Ricordo che Umberto mi convocò a casa sua un pomeriggio per presentarmi appunto Filippo Cavazzuti che era disponibile a collaborare con noi. Cavazzuti, evidentemente preoccupato, mi chiese se gli fosse consentito di lavorare in autonomia – rammento ancora le parole – “con la fantasia dell’economista” senza essere tenuto a seguire pedissequamente le “linea” del sindacato. Per come la pensavo io a quei tempi gli risposi che per noi la “linea” veniva prima di tutto. Sia Romagnoli che Cavazzuti non la presero bene. Tanto che il primo si ripromise di parlarne con Caleffi. Da allora sono passati tanti anni. Io ho avuto molte altre occasioni per confrontarmi con Filippo (ebbe la cortesia di partecipare alla presentazioni di alcuni miei libri). Ma ho sempre avuto l’impressione che, come me (pentito di quell’atto di fede inutile), non avesse mai dimenticato il nostro primo incontro. Ora non posso più scusarmi.
Giuliano Cazzola