Tavolo cercasi. Due parole con cui non intendiamo citare un ipotetico annuncio scritto da un aspirante compratore di mobili nuovi o usati, quanto piuttosto descrivere ciò che sta accadendo nelle relazioni fra i sindacati e il Ministero dello sviluppo economico. Almeno per ciò che riguarda la siderurgia.
Mercoledì 7 luglio, i sindacati dei metalmeccanici hanno organizzato a Roma, nei pressi del Mise, un presidio dei lavoratori del polo di Piombino. E ciò perché, dopo l’incontro che si era svolto il 13 maggio scorso, i sindacati stessi non avevano ricevuto dal Mise nessuna ulteriore convocazione. Ecco quindi il presidio che ha dato luogo a un rapido incontro che, a sua volta, si è concluso con l’impegno, da parte del Governo, di convocare una riunione più strutturata entro la terza settimana del corrente mese.
Ieri, giovedì 8 luglio, era invece in programma, sempre al Mise, un tavolo di confronto sulla ex Ilva. Tavolo cui erano stati invitati i sindacati, l’Azienda – in transizione, se così si può dire, tra la gestione affidata alla sola ArcelorMittal e la nuova gestione affidata alla newco pubblico-privata denominata Acciaierie d’Italia -, nonché le Regioni Puglia, Liguria e Piemonte. Il tutto alla presenza di una robusta delegazione governativa, composta dai titolari dei dicasteri dello Sviluppo economico, Giorgetti, del Lavoro, Orlando, e del Sud e della Coesione territoriale, Carfagna.
L’ampiezza degli inviti, nonché il loro rango istituzionale, avevano lasciato pensare che il Governo, a questo punto dell’infinita storia dell’Ilva, avesse già maturato qualcosa di sostanzioso da comunicare ai convenuti. Ma così non era. O, almeno, non ancora.
Si può anzi dire che, sul piano delle prospettive, la notizia principale uscita fuori dall’incontro odierno è quella costituita dalla conferma ufficiale che mercoledì 21 luglio si assisterà, finalmente, all’insediamento del Consiglio di amministrazione della newco Acciaierie d’Italia. Un Consiglio che sarà composto da tre membri nominati dal socio pubblico, Invitalia, e da tre altre figure nominate dal socio privato, ArcelorMittal. Dei primi tre farà parte il Presidente, Franco Bernabè, mentre dei secondi tre farà parte Lucia Morselli, confermata nel ruolo di Amministratore delegato già ricoperto nella gestione ArcelorMittal della ex Ilva.
L’ancora mancato perfezionamento della costituzione degli organismi dirigenti di Acciaierie d’Italia ha parzialmente tolto valenza strategica all’interlocutore aziendale oggi presente al tavolo ministeriale. E ciò spiega, almeno in parte, perché nell’incontro odierno non sia stato sostanzialmente affrontato il tema principale, ovvero quello delle prospettive industriali della nuova azienda siderurgica che dovrà gestire e poi rilevare la ex Ilva. Tema, rispetto al quale, gli osservatori si aspettavano un nuovo inizio di dialogo fra le parti dopo che il Consiglio di Stato ha respinto, il 23 giugno, le richieste di chiusura dell’area a caldo dello stabilimento di Taranto avanzate l’anno scorso dal Sindaco Melucci e poi reiterate dal Tar di Lecce.
Ci si può allora chiedere di cosa si sia parlato oggi. Uscendo dal Ministero di via Veneto al termine della riunione, Francesca Re David, segretaria generale della Fiom-Cgil ha così dichiarato: “All’inizio dell’incontro abbiamo scoperto che era stato convocato sul tema della Cassa integrazione”.
Ora il fatto è che nelle settimane scorse Acciaierie d’Italia – l’azienda che, di fatto, è ancora gestita dai rappresentanti della sola ArcelorMittal – ha manifestato la volontà di fare ampio ricorso alla Cassa integrazione. Un ampio ricorso che, secondo i sindacati, non solo non è più giustificato dalle conseguenze dei lockdown conseguenti alla pandemia da Covid 19, ma è anche reso illogico dalla forte crescita che viene registrata nella domanda mondiale di acciaio.
Facendo nostre le parole usate dalla stessa Re David in una sua successiva dichiarazione rilasciata in serata, si può dire che la principale novità dell’incontro odierno sta nel fatto che “il Governo ha reso disponibile l’utilizzo delle 13 settimane di ‘cassa Covid’ attraverso un’interpretazione dell’avviso comune firmato tra il Governo stesso e le parti sociali il 29 giugno scorso”.
In pratica, par di capire che il Governo, da una parte, non abbia riconosciuto l’esistenza di motivi validi per fare ricorso, da parte dell’Azienda, alla Cassa integrazione ordinaria. E ciò proprio perché la crescita della domanda del prodotto acciaio non consente di considerare la siderurgia come un settore in crisi. D’altra parte, il Governo stesso è venuto incontro alla richiesta aziendale facendo riferimento, in termini che ci permettiamo di definire creativi, all’avviso comune del 29 giugno. Acciaierie d’Italia potrà cioè fare ricorso alle 13 settimane di Cig ivi previste, senza che ciò intacchi il montante di ore della stessa Cig ancora a disposizione dell’Azienda.
“Il Governo – ha spiegato ancora Re David – ha indicato come queste ulteriori 13 settimane debbano essere utilizzate per l’apertura di un confronto di merito sulle prospettive e sulle scelte industriali, ambientali e occupazionali dell’insieme del Gruppo”; un confronto che “prepari le condizioni per un accordo sindacale”. Un accordo che, ha ricordato ancora Re David, “è previsto come vincolo nelle procedure di vendita”.
Dal canto suo, il Ministro Giorgetti ha detto che, al termine delle 13 settimane “sarà necessaria e inevitabile la presentazione di un piano industriale aggiornato con nuove realtà, a cominciare dal CdA integrato con la presenza del pubblico”. Il che, in un politichese molto stretto, dovrebbe voler dire che la mano pubblica, attraverso i membri del Consiglio di Amministrazione di Acciaierie d’italia nominati da Invitalia, vorrà avere qualcosa da dire in sede di stesura del futuro piano industriale. E infatti lo stesso Giorgetti ha precisato che “impegno del Governo è garantire con il suo azionista nel CdA che il piano sia concordato, sia realizzato in tempi rapidi” e sia “serio” e “approfondito”.
Per Roberto Benaglia, segretario generale della Fim-Cisl, e per Valerio D’Alò, segretario nazionale della stessa Fim-Cisl, “l’obiettivo è quello di arrivare a un accordo sindacale che deve prevedere zero esuberi e un futuro produttivo sicuramente sostenibile per tutti i siti del Gruppo”.
Rocco Palombella, segretario generale della Uilm-Uil, da un lato ha preso atto del fatto che “Acciaierie d’Italia si è impegnata ad avviare un confronto nei vari siti per ridurre il numero dei lavoratori collocati in Cassa integrazione dal primo luglio”; dall’altro lato, ha però sottolineato che l’Azienda ha “rigettato la nostra richiesta di integrare” con risorse proprie le retribuzioni di fatto dei lavoratori sottoposti a periodi più o meno lunghi di Cig. Retribuzioni che, nei mesi scorsi, si sono quindi sensibilmente ridotte.
A ciò va aggiunto che la già citata Re David, nella sua dichiarazione serale, ha sottolineato che “a conclusione dell’incontro l’Amministratore delegato Morselli ha dichiarato di considerare scaduto l’accordo del 6 settembre 2018 per le parti che si riferiscono al trattamento economico e, in particolare, alla norma transitoria sull’erogazione di un’una tantum del 3% del Premio di risultato”.
Morale della favola. I problemi industriali, e quindi ambientali e occupazionali, dell’ex Ilva ancora non sono stati avviati a soluzione. In compenso, sembra profilarsi sul suo orizzonte, a breve, un possibile conflitto retributivo.
@Fernando_Liuzzi