Negli scacchi, la variante è una successione di mosse strettamente collegate da un comune fine strategico. Non una decisione estemporanea, quindi, né tantomeno la reazione ad un improvviso ostacolo, ma un filo logico e sapiente che si snoda durante tutta la partita. Una scelta fatta fin dall’inizio uscendo dal seminato di canoniche regole, nella convinzione di ingannare e spiazzare l’avversario inducendolo in errore. Tale, ad esempio, può essere il gambetto, cioè l’offerta di un pedone già nel corso delle prime schermaglie imbastendo così una complicata trappola.
A quella di Luneburg, da lui stesso inventata per evocare una landa della Bassa Sassonia dove sarebbero stati sotterrati alcuni gerarchi nazisti, Paolo Maurensig ha dedicato il libro che lo rese famoso. Non sappiamo se lo scrittore goriziano, morto il 29 maggio, abbia avuto modo di riflettere sulle filiazioni del Covid 19. Inglese, brasiliana, australiana, sudamericana, indiana. Alfa, Beta, Gamma, Delta. Paesi d’origine e lettere dell’alfabeto greco si susseguono per indicare ogni volta un nuovo pericolo, più veloce e contagioso del precedente, anche se, rassicurano gli esperti, meno letale. E la vaccinazione completa dovrebbe forgiare, almeno si spera, uno scudo sufficiente.
Perché le mutazioni non costituiscono errori di percorso ma capacità di adattamento già insiti nel virus originario. E quindi un buon antidoto dovrebbe essere in grado di prevedere i vari effetti. Torniamo così agli scacchi: le varianti interpretano lo svolgimento di un input originario, in questo caso quello di entrare in un organismo vivente, animale o uomo che sia. Il Coronavirus ha una propria intelligenza, non per nulla esibisce il diadema monarchico, come il Re del gioco in questione. Ma chi è il bianco e chi il nero? Chi ha mosso per primo? Noi violentando la terra e facendo irresponsabili esperimenti di laboratorio o è la natura stessa a prevedere forme di selezione e di autodifesa?
Maurensig, nella sua opera, si era ispirato ad una Novella di Stefan Zweig, l’ultima scritta prima del suicidio. Anche qui richiami all’orrore hitleriano. Sulle 64 caselle il confronto ancora una volta è tra la vita e la morte, icastica immagine di un indimenticabile film di Ingmar Bergman. Dove la variante consiste, alla fine, nel rovesciare la scacchiera.
Reuben Fine, psicanalista e campione statunitense, ha dato un’interpretazione tutta psicologica della sfida tra i 32 pezzi, considerandoli simboli fallici e utilizzando concetti quali narcisismo, aggressività, castrazione, impotenza, ansia, uccisione del padre, omosessualità, psicosi. Forzature ed esagerazioni, non c’è dubbio. E la crescente presenza di donne, le Regine, testimoniata persino da una fortunata serie televisiva, incrina questa lettura priapica e maschilista. Ma una sua considerazione, relativa ad alcuni test svolti da Hermann Rorschach, quello delle macchie, è particolarmente interessante: le personalità più disciplinate, o coartate, presentano “un’estesa atrofia delle tendenze introverse ed estroverse” e quindi dimostrano una scarsa attitudine a nuove esperienze.
Come a dire: tante indicazioni mandate a memoria e poche iniziative individuali. Anche così si spiega perché Bobby Fischer, genio maniacale, nel 1972 infranse il mito sovietico battendo il troppo normale Boris Spassky.
L’immaginazione è la dote che rende l’uomo superiore a qualsiasi computer. Capace di prevedere, e combattere, ogni variante possibile. Gli scienziati che studiano gli antidoti sono come quei grandi maestri capaci di confrontarsi in simultanea su sessanta diversi tavoli. Servono memoria, organizzazione, pazienza, cautela, fiducia, ottimismo. La fretta, l’ignoranza, l’ottusità, la tracotanza sono le nemiche della necessaria sagacia.
“Il giuoco degli scacchi preesisteva probabilmente all’ apparizione dell’uomo sulla terra, e forse anche alla creazione del mondo; e se il mondo ripiomberà nel caos, e il caos si dissolverà nel nulla, il giuoco degli scacchi rimarrà, fuori dello spazio e del tempo, partecipe dell’eternità delle Idee”, era la profezia di Massimo Bontempelli, degna del suo realismo magico.
E allora, scacco matto al Coronavirus. Le nostre varianti possono essere vincenti.
Marco Cianca