La Fastweb S.p.A. nel 2012 ha ceduto alla Visiant Next spa un ramo di azienda con i lavoratori addetti. Una delle lavoratrici cedute ha impugnato questa cessione che il Tribunale di Roma ha dichiarato inefficace ritenendola illegittima. La lavoratrice, ottenuta questa sentenza a suo favore, ha chiesto alla Fastweb di essere riammessa in servizio e contestualmente ha comunicato alla società cessionaria, per la quale medio tempore aveva prestato la sua attività lavorativa, di non voler più proseguire nel rapporto di lavoro presentando le dimissioni. La società cessionaria dell’azienda così dal mese di febbraio 2019 non ha più corrisposto le retribuzioni perché il contratto era cessato in conseguenza del recesso della lavoratrice. Anche la società cedente il ramo di azienda ha ritenuto di non dover corrispondere la retribuzione perché non aveva provveduto al ripristino del rapporto di lavoro sebbene formalmente richiesto dall’interessata. Ha confidato ed invocato il principio: niente prestazione lavorativa, niente retribuzione.
Di fronte all’inerzia della Fastweb, che non provvedeva a ripristinare il rapporto di lavoro, nonostante la diffida e l’invito a ricostituirlo e non provvedeva nemmeno a corrispondere la retribuzione, la lavoratrice ha chiesto ed ottenuto dal Tribunale di Milano l’emissione di un decreto ingiuntivo per il pagamento delle retribuzioni maturate dal giorno della messa in mora; la Fastweb, però, ricevuta la notificazione del decreto ingiuntivo, ha proposto opposizione in Tribunale continuando a sostenere che non essendo stata resa la prestazione lavorativa effettiva a suo favore, non aveva l’obbligo di corrispondere la retribuzione.
Il Tribunale di Milano, però, ha rigettato questa tesi affermando che “in caso di cessione del ramo di azienda la prosecuzione del rapporto di lavoro individuale, intesa in senso giuridico, avviene solo qualora la cessione sia avvenuta legittimamente: qualora il giudice ne affermi la illegittimità, con il soggetto che riceve il rapporto “ceduto” si instaura solo un rapporto di mero fatto del tutto diverso e parallelo rispetto a quello ancora in essere con il soggetto cedente”. Nel caso di specie la lavoratrice ha diritto alla corresponsione della normale retribuzione dalla Fastweb perché ha messo a disposizione del suo vero datore di lavoro le proprie energie lavorative che sono state illegittimamente rifiutate. Per il Tribunale di Milano, in ogni caso di mancata prestazione lavorativa che sia imputabile esclusivamente al rifiuto del datore di lavoro a ricevere la prestazione, il lavoratore ha diritto alla corresponsione della normale e piena retribuzione e non al semplice risarcimento del danno quale conseguenza dell’inadempimento altrui. Questo orientamento giurisprudenziale per il Tribunale è quello da seguire perché trova il conforto anche nelle ultime sentenze della corte di Cassazione che in fattispecie simili ha sempre affermato che “l’omesso ripristino del rapporto di lavoro ad opera del datore di lavoro determina l’obbligo di quest’ultimo di corrispondere la retribuzione a decorrere dalla messa in mora”. Questo indirizzo giurisprudenziale è rinvenibile nella sentenza a Sezioni Unite della Suprema Corte del 7 febbraio 2018 n. 2990 e della Corte Costituzionale n. 29 del 28 febbraio 2019. La mora del creditore nel rapporto di lavoro consente di risolvere ogni dubbio affermando positivamente l’esistenza dell’obbligo retributivo del datore di lavoro moroso e non del semplice obbligo risarcitorio che rappresenta un minus rispetto all’obbligo retributivo pieno. Quel che fa la differenza, tra l’una e l’altra tesi, è l’avvenuta messa in mora del datore di lavoro a ricevere la prestazione.
Nel caso in esame l’azienda cedente aveva l’obbligo di corrispondere la normale retribuzione perché si tratta di retribuzione che è maturata dopo la risoluzione del rapporto di lavoro con la società cessionaria e, comunque, dopo che erano state messe a disposizione della Fastweb le energie psicofisiche da parte della lavoratrice illegittimamente ceduta e che ha rivendicato il diritto di ritornare nella posizione di lavoro originariamente occupata. Con la tesi dell’esistenza dell’obbligo del solo risarcimento del danno, la Fastweb intendeva ottenere l’obiettivo di essere esonerata dal pagamento della contribuzione previdenziale che, invece, sussiste pienamente nel caso in cui giudizialmente sia stato accertato l’obbligo di corrispondere la retribuzione. All’obbligo retributivo consegue l’obbligo contributivo mentre quest’ultimo non sussiste nel caso in cui vi sia solo il diritto ad un semplice risarcimento del danno.
Tribunale di Milano, sezione lavoro, dott. Atanasio, sentenza n. 634 pubblicata il 4 marzo 2021.
Biagio Cartillone