Visto dall’Italia, l’annuncio dato da Stellantis e Foxconn della loro decisione di dare vita a Mobile Drive, ovvero a una joint venture paritetica volta a “fornire esperienze innovative agli automobilisti”, esperienze “rese possibili” da una “elettronica di consumo avanzata”, appare, per certi aspetti, come il superamento dell’era Marchionne. Anche se l’annuncio in sé, inteso come operazione di comunicazione, ricorda, quanto meno, una collaudata tecnica marchionniana: quella di sfornare notizie con inesausta cadenza, allo scopo di tener desta, sull’azienda da lui guidata, l’attenzione degli operatori di Borsa.
Ma, prima di passare ai commenti, partiamo dai fatti. E il fatto è questo. Martedì 18 maggio, usando una inedita carta intestata su cui apparivano, affiancati, i logomarchi delle due multinazionali, Foxconn e Stellantis hanno reso noto di aver firmato “un memorandum d’intesa non vincolante” il cui scopo è quello di dare l’avvio a Mobile Drive, una “joint venture con diritti di voto paritetici”. La nuova società, spiega il comunicato, “unirà l’esperienza di Stellantis nella progettazione dei veicoli” e “le sue competenze ingegneristiche”, con “la capacità di Foxconn di sviluppare a livello globale software e hardware per smartphone e elettronica destinata al consumatore finale”.
In particolare, Mobile Drive “si focalizzerà su infotainment, telematica e sviluppo di piattaforme cloud service attraverso innovazioni di software che dovrebbero includere applicazioni basate su intelligenza artificiale, comunicazione 5G, servizi over-the-air avanzati, opportunità di e-commerce e integrazioni smart cokpit”, ovvero cruscotti intelligenti.
In parole povere, nell’incontro fra mondo dell’auto, da una parte, e mondo dell’elettronica dall’altra, non si tratterà né di autovetture a motorizzazione elettrica, né di autovetture a guida autonoma. Si tratterà di qualcosa di meno ambizioso della guida autonoma ma che, comunque, contribuirà a mutare il concetto di autovettura che oggi abbiamo in mente. E che si evolve, citando l’espressione usata da Bianca Carretto sul Corriere della sera del 19 maggio, verso l’idea di uno smartphone su quattro ruote. Del resto, nel mondo anglofono il nome della nuova società dice già molto: mobile come mobile phone (da noi, telefonino); e drive come to drive, guidare. Appunto.
Ma riprendiamo il filo del discorso. Come si è detto, non stiamo parlando di una motorizzazione meno inquinante del vecchio, caro, motore a scoppio, né di auto che se ne vanno in giro per proprio conto – come se fossero poggiate su rotaie invisibili – in una città del futuro che non è stata ancora progettata, ma di una convergenza fra le consolidate tecnologie della mobilità su gomma e le tecnologie del trattamento digitale dei dati e delle informazioni. Per essere ancora più specifici, stiamo parlando di una convergenza tecnologica che punta a cambiare l’esperienza del viaggio in macchina non solo, e forse – almeno per adesso – non principalmente, per il guidatore, quanto per i suoi passeggeri. I quali, a quanto si capisce, nei tratti di vita passati in auto non dovranno più sentirsi separati dalle proprie abitudini e dai propri impegni (o almeno da parte di queste abitudini e di questi impegni), e ciò perché saranno sempre più connessi al mondo esterno grazie ai servizi resi possibili dall’innovazione digitale e poi realizzati e messi a loro disposizione grazie a nuove attività produttive del tipo di quelle cui intende applicarsi Mobile Drive.
I perché della decisione di creare adesso questa joint venture sono stati riassunti così da Carlos Tavares, l’Amministratore delegato di Stellantis: “Oggi c’è qualcosa che conta tanto quanto un design accattivante”, e questo qualcosa è “il modo in cui le caratteristiche” presenti “all’interno dei nostri veicoli migliorano la vita dei nostri clienti”. Nello specifico, sempre secondo Tavares, “il software è un elemento strategico per il nostro settore e Stellantis vuole esserne leader con Mobile Drive”, ovvero con “una società che renderà possibile il rapido sviluppo di funzioni di connettività e di servizi che rappresentano la prossima grande evoluzione nel nostro settore”.
Dal canto suo, Young Liu, Presidente di Foxconn, ha sottolineato che “i veicoli del futuro saranno sempre più guidati e caratterizzati dal software”, confermando poi che “i clienti di oggi e quelli di domani chiedono e si aspettano soluzioni sempre più creative” che “permettano di connettere i conducenti e i passeggeri”.
Bene. Ora perché ci siamo permessi di dire che con l’avvio di Mobile Drive comincia davvero il dopo-Marchionne? Perché il cuore strategico dell’azione condotta dal manager, in quanto Amministratore delegato della Fiat, era alimentato, a partire dal 2008, dall’idea che, al mondo, vi fosse un numero eccessivo di case costruttrici di automobili e che, per evitare quegli “sprechi di capitale” che caratterizzavano l’industria dell’auto e che lui considerava come non necessari e quindi inaccettabili, occorresse ridurre questo numero. In secondo luogo, Marchionne pensava che la Fiat fosse un’azienda sottodimensionata rispetto alle prospettive evololutive del settore. Conseguentemente, il manager col maglione si è dato molto da fare per prendere due piccioni con una fava, ovvero per cercare di far crescere le dimensioni della Fiat per mezzo della sua fusione con un’altra casa costruttrice. Dopodiché, una volta creata la Fca, ha tentato di ripetere l’operazione, puntando, senza riuscirci, a fondere la stessa Fca con un’altra casa costruttrice.
Tenendo presente quanto abbiamo sin qui ricordato, si è potuto affermare che vi fosse una linea di continuità fra l’azione di Marchionne e la fusione di Fca con Psa che, nel gennaio scorso, ha portato alla nascita di Stellantis. Questa del rapporto tra Stellantis e Foxconn è però un’altra storia. E ciò per vari motivi.
Innanzitutto, qui non ci troviamo davanti alla fusione di due società attive nello stesso campo che, sommandosi, scompaiono come soggetti separati per dar vita a un terzo, più grande, soggetto che va a prendere il loro posto. Al contrario, siamo di fronte a due società che sono, e restano, attive in campi diversi e che danno vita a una terza società, appunto una joint venture, che dovrà impegnarsi in un campo prima quasi inesistente. Nel nostro caso, la progettazione e la realizzazione di software e apparecchiature per la connessione delle autovetture.
Ne segue che il partner con cui viene adesso realizzata questa nuova alleanza, non è una casa costruttrice di autovetture, ma una multinazionale attiva in un altro settore. Stiamo parlando della Hon Hai Precision Industry Co. Ltd. – meglio nota, appunto, come Foxconn -, ovvero di una multinazionale, fondata a Taiwan nel 1974, che presenta sé stessa come “il più grande produttore di componenti elettronici al mondo”, nonché come “il principale fornitore di soluzioni tecnologiche” capace di sfruttare “le sue competenze in termini di software e di hardware al fine di integrare i suoi sistemi produttivi esclusivi con le tecnologie emergenti”. Tra i suoi clienti, Amazon, Apple, Dell, Hp, Microsoft, Motorola, Nintendo, Nokia e Sony.
E sarà appena il caso di ricordare, tanto per capire con chi Tavares ed Elkann si sono messi in società, che Foxconn possiede nella Repubblica Popolare cinese (per la precisione a Longhua, nello Shenzen) quello che può essere considerato come uno dei più grandi insediamenti industriali del mondo, la cosiddetta Foxconn City, un’area industrializzata fatta di capannoni, uffici, mense e dormitori, dove lavorano (e vivono) più di 300.000 persone. Nonché l’insediamento di Zhengzhou, nello Henan, che, secondo varie fonti, sforna qualcosa come 500.000 iPhone al giorno e si è quindi conquistato il nomignolo di iPhone City.
Foxconn è, insomma, un colosso industriale il cui nome non dice molto al grande pubblico proprio perché produce oggetti che vengono poi commercializzati con i marchi di aziende assai più note.
Ma riprendiamo il filo del nostro discorso. Ciò che ci preme sottolineare, nell’iniziativa assunta da Stellantis, è che questa casa costruttrice di autoveicoli non ha delegato a un famoso produttore di software e di apparecchiature elettroniche il compito di progettare e di realizzare quei programmi e quegli strumenti che possano consentirgli di trasformare le proprie auto in veicoli iperconnessi. Al contrario, ponendosi un obiettivo più ambizioso, ha raggiunto un accordo in base al quale Foxconn e Stellantis daranno vita, assieme, a una nuova società con cui produrre soluzioni tecnologiche destinate ad essere utilizzate non solo dalla stessa Stellantis, ma anche da altri costruttori.
Torniamo al comunicato. “Tutto quanto” sarà “sviluppato” da Mobile Drive, “sarà in comproprietà tra Stellantis e Foxconn”. La joint venture, che avrà sede in Olanda, “opererà come fornitore del settore automobilistico, elaborando offerte competitive per fornire soluzioni software e relativi hardware a Stellantis”, nonché a “altre case automobilistiche interessate”. Col che Stellantis aggiunge ai suoi numerosi marchi e ai diversi tipi di autoveicoli già oggi prodotti, una nuova attività: quella di co-produttore di una famiglia di elementi di componentistica auto non motoristica né, comunque, meccanica, ma posta al confine dell’innovazione digitale. E si propone come co-fornitore di altre case costruttrici.
Abbiamo dunque visto almeno alcuni dei vari aspetti che rendono l’accordo raggiunto da Stellantis con Foxconn come strutturalmente diverso da quelli che Marchionne aveva cercato, a suo tempo, con altre case automobilistiche.
Nella creazione di Mobile Drive c’è però un altro aspetto che merita di essere esaminato. Ed è l’aspetto, come oggi si dice, geostrategico.
Quando Tim Cook, all’epoca responsabile della logistica di una Apple ancora guidata da Steve Jobs, affidò la produzione dell’iPhone a Foxconn, ovvero a un’azienda taiwanese attiva sul territorio della Repubblica Popolare, la Cina interpretava con convinzione il ruolo di “Fabbrica del Mondo”. Un ruolo che, per un verso, le era stato affidato dalle multinazionali, desiderose di trasferire le proprie attività produttive in un Paese caratterizzato dalla presenza di una manodopera abbondante e a buon mercato, nonché molto disciplinata. Ma anche un ruolo che, per altro verso, aveva assunto consapevolmente, mirando a sviluppi futuri.
Invece, la nascita di Mobile Drive si situa in un’epoca non lontana da quella in termini di anni, ma già molto diversa. Foxconn è ancora un’azienda taiwanese dotata di impressionanti strutture produttive collocate sul suolo della Repubblica Popolare, ma la Cina non è più la “fabbrica del mondo”. E’, ormai, una grande potenza economica, l’unica capace di rivaleggiare, per dimensioni, con quella degli Stati Uniti. Ma è anche una grande potenza tout court, i cui rapporti politici ed economici sia con gli Stati Uniti che con l’Unione Europea sono, quanto meno, problematici.
Foxconn, d’altra parte, possiede stabilimenti in diversi continenti. Quello che il comunicato del 18 maggio non dice, è quali saranno coinvolti nel progetto di Mobile Drive. Ma va d’altra parte anche considerato il fatto che, a forza di lavorare per le imprese straniere, i redditi dei cinesi sono molto cresciuti e che la Cina Popolare è diventata, quindi, uno dei più importanti mercati in cui le grandi case costruttrici possano piazzare le proprie autovetture. E sin dalla sua nascita, nello scorso gennaio, gli analisti hanno cercato di capire se e quanto Stellantis punti verso il mercato cinese.
Concludendo, crediamo di poter dire che la strategia industriale sottesa alla creazione di Mobile Drive appare, insieme, ambiziosa e creativa. Il tempo ci dirà se Tavares, che di questa decisione strategica si è presentato come protagonista dal lato di Stellantis, abbia scelto l’interlocutore giusto.
@Fernando_Liuzzi