Il penoso scaricabarile tra governo e regioni sui fondi per i contratti sanità è il segno del profondo disinteresse della politica nei confronti delle sorti del nostro Servizio Sanitario Nazionale.
Il presidente del comitato di settore regioni-sanità, Garavaglia, sostiene che è tutto pronto per dare inizio alla fase contrattuale, a patto che il Governo metta sul piatto le risorse necessarie. Piccolo particolare di non facile soluzione, visto che le cifre necessarie ammontano a circa 1,3 miliardi e che il provvedimento, dove tali risorse dovrebbero essere stanziate, la Finanziaria in corso di approvazione, di questo non fa alcun cenno.
E del resto la Ministra Lorenzin ha risposto a stretto giro di posta dando la colpa alle regioni che di tutto avrebbero parlato con il Governo meno della necessità di un extra finanziamento per i contratti
Per il Ministro della Salute il caso è chiuso: i soldi per i contratti sono da recuperare all’interno del Fondo Sanitario indistinto e le regioni avrebbero dovuto provvedervi attraverso la costituzione di un fondo di accantonamento, della cui mancata istituzione sono le stesse regioni e non certo il governo a portarne la responsabilità.
La polemica, assai poco edificante, non è tuttavia finita qui perché Garavaglia ha insistito sulle sue posizioni ribadendo come le regioni, senza risorse aggiuntive, non daranno nemmeno inizio alla trattative e ricordando come, lo scorso anno, le stesse regioni abbiano dovuto rinunciare a 600 milioni di euro a causa dei mancati versamenti da parte di quelle a Statuto speciale.
Di fatto la situazione è nello stallo totale. I sindacati medici autonomi sono in fermento ( ANAAO e Cimo in prima fiala) mentre i confederali, progressivamente più assenti da dibattito pubblico, sembrano defilati e scarsamente interessati alla vicenda. Le grida solitarie degli autonomi, tuttavia, non sembrano in grado di fare uscire dal torpore la politica e quella che potremmo chiamare l’opinione pubblica ( cittadini, associazioni di tutela dei malati etc) anche essa apparentemente disinteressata a tali problematiche, come se non fosse la risorsa umana l’asset più importante ai fini della qualità del servizio.
Ancora più grave, il fatto che le forze politiche non abbiano neanche cavalcato le imminenti elezioni politiche per mettere sul piatto qualche mancia elettorale. Anzi, in finanziaria, di elargizioni ce ne sono ma tra i destinatari non rientrano, allo stato attuale, i dipendenti del servizio sanitario.
Poiché è difficile immaginare trattasi di una semplice svista, considerato che medici dipendenti , medici specialisti ambulatori , medici di medicina generale e infermieri rappresentano milioni di lavoratori che non rinnovano il contratto di lavoro da orami otto anni, ci dovrà pur essere una ragione a questa strategia della indifferenza
Certo il paese è quello che: la disoccupazione specie giovanile nonostante il tanto decantato Job act; la crescita della povertà specie nelle regioni del Sud; il debito pubblico che continua a pesare come una macigno nonostante la ripresa economica. Tutti problemi su cui è giusto concentrare il massimo di attenzione. Tutto questo non giustifica tuttavia il disprezzo in atto verso le esigenze più che sacrosante di altri lavoratori quelli della sanità, a mano che la scelta di disinvestire faccia parte di una sapiente strategia politica.
E allora si arriva al vero nodo della questione. Il taglio del FSN ( di cui abbiamo già lungamente parlato) il rapporto Spesa sanitaria/PIL sotto il livello di guarda del 6,5% previsto dalla OMS; l’enfasi sulla necessità di un secondo pilastro assicurativo; l’inserimento nei contratti di lavoro delle categorie che sono riuscite in questa impresa (in primis metalmeccanici) delle mutue erga omnes estese anche ai familiari e più in generale il totale disinteresse per il rilancio della sanità, diventano i tasselli di un puzzle sempre più chiaro.
Si vuole progressivamente dismettere il servizio sanitario nazionale tagliandogli l’erba sotto i piedi e disamorando sempre di più chi in tale servizio spende con abnegazione il proprio tempo. Tirando la corda per un altro po’ fino a chè questa, già lacera oggi, si romperà definitivamente. Quello sarà il momento per il Presidente del consiglio di turno per cercare di fare quello che l’ex Presidente Amato aveva tentato, non senza ragione, e senza riuscirvi in un momento veramente tragico per la repubblica. Pensavamo che quel tempo fosse alle nostre spalle, ma temo che invece dovremmo presto ricrederci.
Roberto Polillo