Il tribunale di Roma ha accolto il ricorso di 155 ex dipendenti di Almaviva, stabilendo l’illegittimita’ dei licenziamenti e la conseguente reintegra. Il Diario del lavoro ha intervistato il segretario generale Cgil Roma e Lazio, Michele Azzola, che plaude alla sentenza e si dice fiducioso che altre analoghe seguiranno. Azzola chiede all’azienda di aprire una nuova trattativa per ricollocare tutti i 1600 licenziati, e intanto annuncia un nuovo ricorso contro Almaviva, per comportamento antisindacale.
Azzola, la sentenza è per voi una bella sorpresa, o ve l’aspettavate?
Fin dall’inizio gli avvocati continuavano a dirci che quei licenziamenti erano illegittimi, ed erano molto ottimisti sul risultato della vertenza. Noi fino alla fine, per scaramanzia, non ci abbiamo creduto, e non abbiamo voluto illudere i lavoratori. Ma comunque, la sentenza non è arrivata inattesa. Diciamo che finalmente si è fatta verità su un episodio che è uno dei più oscuri degli ultimi 50 anni di rapporti sindacali. In quella notte del 22 dicembre si è consumato un ricatto inaccettabile, per di piu’ davanti a ben due ministri. E il paradosso di quelle ore e’ che lavoratori sono stati dichiarati responsabili di aver causato essi stessi i licenziamenti. Nel racconto giornalistico, poi, quei licenziamenti sono stati colpa prima delle Rsu, poi della Cgil. Ma ora finalmente un giudice certifica che cosa è realmente accaduto: l’azienda Almaviva ha compiuto un ricatto inaccettabile, ha discriminato i lavoratori e l’ha fatto in maniera scientifica: “o accetti l’illegalità, quindi tagliare i diritti minimi, oppure ti licenzio”. Questa modalità, finalmente, ha trovato l’opposizione dei giudici.
Tuttavia, su dieci giudici che si sono espressi su altrettanti ricorsi relativi ai licenziamenti, solo uno si è espresso a favore del reintegro. Gli altri hanno dato ragione all’azienda.
Anche qui sono moderatamente ottimista. Il giudice che ha accolto il ricorso dei lavoratori ha studiato a fondo la situazione e in una sentenza di 35 pagine indaga in profondità le ragioni tecnico organizzative dei licenziamenti. Ha studiato l’azienda, ripercorso tutti i passi della vicenda Almaviva, e’ entrato nel profondo. E’ vero che ci sono stati pronunciamenti contrari, ma nelle prossime settimane arriveranno altre sentenze: vedremo se le nuove cause seguiranno quella che c’è stata ieri o le precedenti. Il lavoro che viene fatto in questa sentenza, anche per la bravura degli avvocati che hanno portato avanti il ricorso, è un lavoro esemplare, e credo che i giudici faranno molta fatica a discostarsi da quanto è stato imposto. Inoltre, il percorso giudiziario sarà relativamente breve: ci saranno gli appelli, gli appelli di chi ha perso la prima volta e di Almaviva che ha perso in questo caso, e poi ci sarà la parola fine con il tribunale che sancirà quale è stata la verità rispetto a questa vertenza. Io non ho dubbi che la fine sarà quella di dichiarare illegittimi quei licenziamenti.
Infatti la battaglia non è finita, Almaviva ha gia annunciato che farà ricorso, e che i 155 dipendenti da reintegrare saranno trasferiti fuori Roma, sostenendo che la sede nella Capitale e’ ormai chiusa.
Falso. La sede di Almaviva romana è aperta, vi operano centinaia di persone che però sono precarie sono co.co.co., co.co.pro., a tempo determinato; ma la sede è pienamente efficiente. Almaviva ha gia’ ha fatto pervenire la comunicazione ai lavoratori reintegrati, dicendo che dovranno prendere servizio entro 5 giorni a Catania. Mi sembra una sfida alle istituzioni dello Stato: Almaviva in pratica si colloca sopra la legge dicendo “a me il giudice può dire quello che vuole, io questi lavoratori non li voglio e li faccio reintegrare a Catania”. Tra l’altro, a Catania non c’è posto per tutti i 155: l’azienda gioca sul fatto che molti di loro non accetteranno. Ma per questa decisione commette un’altra serie di illegalità che troveranno una pronta reazione, in quanto non rispetta contratto e leggi sui termini di preavviso e sulle modalità per il trasferimento del personale. Nelle prossime ore, infatti, depositeremo ricorso ex art. 28 per comportamento antisindacale contro le decisioni dell’azienda. Almaviva deve imparare che le ritorsioni non hanno vita lunga. Spero che in quell’azienda ci sia qualcuno che ragioni e voglia trovare soluzioni, invece che continuare a ricorrere ad escamotage di questo tipo.
Chi ha la responsabilita’ maggiore su questo stato di cose, in questa ‘’mano libera’’ che sembra ormai avere il settore delle Tlc, non solo Almaviva, ma un po’ tutti?
Quello che succede ad Almaviva, ma anche in altre aziende, e’ vero ed e’ bene ricordarlo, è figlio di una legislazione che non tutela a sufficienza i lavoratori. E nonostante ci siano leggi come quelle sulla delocalizzazione, sui cambi di appalto, nel settore c’è ancora l’idea di poter fare il Far West. Ma anche gli incentivi alle assunzioni, varati dal governo Renzi, sono una causa importante del problema.
Per quale motivo?
Nei call center gli investimenti sono poca roba, basta una rete telefonica e qualche computer, il costo vero e’ quello del personale. E se assumere personale nuovo, grazie agli sgravi contributivi, mi costa il 33% in meno di chi ha già il personale assunto con i vecchi contratti, potro’ offrire ai miei clienti tariffe più convenienti. Questo ha determinato il caos dei call center. Chi ha permesso quello scempio sono le stesse istituzioni, prima attraverso misure che hanno creato dumping, e dopo rimanendo inermi davanti al ricatto nei confronti dei lavoratori. Come nel caso di Almaviva, appunto, in cui due ministri non hanno battuto ciglio di fronte al palese ricatto dell’azienda.
Come si potrebbe rimediare a questo stato di cose, normando adeguatamente il settore e tutelando quindi anche i lavoratori?
Ci vorrebbe una legislazione chiara che ponesse fine alla possibilità per le aziende di ricorrere ai cambi di appalto che scaricano sul lavoro tutte le contraddizioni. Ci sta arrivando, piano piano,la magistratura. Di questa mattina è infatti la notizia di una seconda causa che riguarda in parte Almaviva, relativa a un appalto di callcenter di un’ azienda romana, la GSE, in cui il giudice riconosce l’appalto illecito. La politica avrebbe dovuto, e può ancora, tutelare meglio quei lavoratori, innanzi tutto ponendo fine alla possibilità che cambiando l’appalto io possa lasciare a casa i lavoratori. Fino ad ora non si è voluto fare con nettezza e con radicalità, e questi sono i risultati.
E relativamente ad Almaviva, che via di uscita può esserci?
L’unica soluzione praticabile è che l’azienda si renda conto che il 22 dicembre scorso ha commesso un errore clamoroso: quindi, apra un tavolo e trovi una soluzione per riassumere quelle 1066 persone, ridando dignità ad un intero settore. Ricordo, infatti, che dopo i 1.660 licenziamenti Almaviva, tutto il settore Tlc è stato attraversato da una ondata di massicci licenziamenti.
E il sindacato, con la contrattazione, che cosa può fare?
La contrattazione deve dire esplicitamente che gli accordi aziendali non possono prevedere deroghe al contratto sul costo del lavoro, perché diventa anche quello uno strumento di dumping. Inoltre, deve insistere affinché nella gestione delle attività dei call center le regole prescrivano che l’azienda che vince un appalto deve farsi carico di tutto il personale che già operava. Poi, ovviamente, l’azienda può efficientare, può riorganizzare; ma la regola deve essere quella oggi applicata in tutta Europa: se vinco un appalto mi devo fare carico dei dipendenti che già lavoravano nell’appalto precedente. Questo è il grande buco italiano, che crea questa confusione.
Alessia Pontoriero