“Se nessuno ti vuole, il celibato può essere l’unica opzione possibile.” Lo ha detto Sergio Marchionne, Ceo di Fca, a Tommaso Ebhardt, il giornalista che lo ha intervistato, il 14 gennaio, per l’agenzia Bloomberg, alla vigilia dell’apertura al pubblico del Naias, il North America International Auto Show di Detroit.
Nello stile giornalistico di un’agenzia di notizie economiche di primaria importanza, quale è Bloomberg, e dunque in uno stile poco propenso al gossip e più interessato alle secche cifre che misurano bilanci, investimenti e valori di Borsa, questa frase, un po’ autoironica, e comunque allusiva alle mancate nozze frala Fca, guidata da Marchionne, ela GeneralMotors, guidata da Mary Barra, è stata collocata al termine dell’intervista. Ma noi la prendiamo all’inizio di questo nostro resoconto perché contiene un elemento di novità strategica; novità, almeno, rispetto a quanto teorizzato e tentato dallo stesso Marchionne dopo la creazione, nel 2009, della Fca, ovvero di Fiat Chrysler Automobiles. E cioè dell’azienda frutto, appunto, dell’integrazione della torinese Fiat con la più piccola e più malmessa delle Big Three di Detroit,la Chrysler.
La Fcaè ovviamente più grande sia della vecchia Fiat che della vecchia Chrysler, ragionava Marchionne alla metà del decennio in corso, ma non è abbastanza grande da due punti di vista. Primo, per reggere alla competizione globale con le maggiori multinazionali delle quattro ruote; aziende quali la giapponese Toyota, la tedesca Volkswagen e la franco-nipponica Renault-Nissan. Secondo, per poter disporre di quella base finanziaria a partire dalla quale realizzare quegli investimenti che sono sempre più necessari nella nuova fase di innovazione spinta che coinvolge oggi il mondo dell’auto. Una fase in cui si sta realizzando un mutazione profonda del prodotto auto.
E ciò sia per l’integrazione con i frutti dell’innovazione digitale, sia per l’avvento di nuove forme di motorizzazione sempre più eco-compatibili, sia, infine, per il diffondersi di nuove modalità di consumo del prodotto stesso.
Come è noto, guardandosi intorno, alla ricerca di un partner con cui realizzare una fusione che potesse essere profittevole per entrambi, lo sguardo di Marchionne era caduto sull’americana General Motors, ovvero su un’azienda certo più grande in termini di capacità produttive, ma anche dotata di un valore di borsa assai maggiore. E tuttavia, sempre a parere del Ceo dei due Mondi, dotata anche di un insieme di caratteristiche tali da consentire che, in un’eventuale, auspicata fusione, le due case automobilistiche potessero integrarsi con reciproca convenienza e dare vita a uno dei maggiori player mondiali.
Non è impossibile che, nella propensione di Marchionne versola General Motors, abbia giocato un ruolo importante il fatto che la stessa GM sia, sostanzialmente, una Public Company, ovvero un’impresa le cui azioni sono distribuite tra diversi pacchetti azionari senza che nella sua struttura proprietaria vi sia un nucleo forte, una famiglia, un gruppo prevalente che ne determina la direzione.
Marchionne, insomma, pensò forse che fosse possibile sedurre gli azionisti sottolineando le sue dimostrare capacità di far salire il valore di Borsa delle azioni di una società da lui guidata.
A dire di no a Marchionne fu però proprio una gentile signora, ovvero quella Mery T. Barra che, essendo giunta alla carica di Ceo della stessa GM, disse chiaro e tondo che lei al corteggiamento di Marchionne non era minimamente interessata E tanti saluti.
Con l’intervista a Bloomberg, Marchionne sembra dunque aver definitivamente abbandonato la ricerca di possibili alleanze. “Mi sono adeguato all’idea del celibato”, ha detto il Ceo di Fca a conclusione del suo ragionamento. Ragionamento a chiosa del quale Ebhardt ha aggiunto una sua propria notazione; secondo la quale Marchionne vede adesso la Fca“in a stronger position”, in una posizione più forte di quanto non fosse quandola GM ha respinto le sue profferte.
Tutti gli osservatori sono infatti concordi nel rilevare che da quando Marchionne ha lanciato, nella primavera del 2014, il piano quinquennale attualmente in corso (2014-2018), il valore di Borsa del gruppo ha conseguito una crescita molto rilevante. Come ha notato Rebecca Cook in un articolo pubblicato dalla Reuters e poi ripubblicato dall’Huffington Post nella sua versione italiana, il Sole 24 ore ha calcolato che, dal2014 a oggi, il valore del titolo Fca è cresciuto da 6,26 euro a 19,6 euro, ovvero del 205%.
Ciò detto, va notato che Marchionne ha anche confermato la validità degli obiettivi che si era dato col piano del 2014 e ha sostenuto la credibilità di ulteriori prospettive di crescita grazie, soprattutto, ai prodotti del marchio Jeep.
In sostanza, a un anno del suo annunciato congedo, che dovrebbe realizzarsi nella primavera del 2019, Marchionne vede una Fca più forte che, a partire dalla forza dei suoi prodotti di gamma più alta, come i Suv Jeep, e dall’acquisito valore delle sue azioni, dovrà fare di necessità virtù. Combattendo da sola la battaglia della competizione globale.
@Fernando_Liuzzi