Fuggi via, tristezza. L’esortazione, eco della sapienza di Periandro, della scrittura di Françoise Sagan e della voce di Ornella Vanoni, vuole essere un antidoto allo sgomento che afferra la mente e l’animo di un astensionista cronico. Lo spettacolo della sguaiata campagna elettorale è desolante e deprimente. Privo di qualsiasi nota di allegria. Dominano la paura, le minacce, le accuse, i risentimenti. E torna alla mente una geniale frase di Carlo M. Cipolla: le elezioni offrono agli stupidi una magnifica occasione per danneggiare tutti gli altri, senza ottenere alcun guadagno dalla loro azione.
Silvio Berlusconi, l’usato insicuro, Matteo Renzi, il capitan fracassa, Matteo Salvini, il tonitruante mangiafuoco, Giorgia Meloni, l’imitatrice di se stessa, Pietro Grasso, Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani, i tre vendicatori mascherati, Luigi Di Maio, il bambolotto sapientino. Verrebbe da ridere, ma quella che può sembrare la commedia degli inganni è in realtà la tragedia della politica. E allora? Disertare ancora una volta le urne? Stare a guardare, imbelli, angosciati, disamorati, disperati, impotenti spettatori dei riti elettorali?
Forse non vado a votare. Una frase che gli incerti ripetono come un mantra. Una specie di scudo dietro il quale ripararsi per non affrontare penose discussioni a difesa delle proprie confuse idee. Come posso scegliere questo o quell’altro se io stesso non sono sicuro delle mie decisioni e non sono in grado di argomentarle in maniera convinta? E allora viene il dubbio che l’astensione sia un atto di viltà, un modo per non sporcarsi le mani, una scelta da anime belle, un Aventino pavido e ipocrita. Scorrono davanti agli occhi i volti gioiosi di donne e uomini che dopo la Liberazione esultavano per la ritrovata democrazia. Quanti morti, quanto dolore, quanta sofferenza per ridare voce al popolo! E allora, fuggi via, tristezza. Al seggio, con un allegro sorriso. Vada come deve andare, purché non vinca il plumbeo partito dell’astensione.
Marco Cianca