Domenica vengono aperti i recinti. Le pecore, tra belati di paura e di risentimento, entreranno in quello che gli apparirà come il più affidabile. Poi i pastori faranno la conta. Vincerà chi sarà riuscito ad attrarne di più con le sue mirabolanti promesse. Ma attenzione, perché se nessun gregge sarà in numero così consistente da primeggiare sugli altri in maniera chiara, bisognerà abbattere qualche steccato e mischiare gli animali che almeno a prima vista possono sembrare più compatibili. Oppure sarà necessario organizzare, senza attendere i canonici cinque anni, una nuova cernita. Con le stesse regole o magari con altre ancora più strampalate delle attuali. L’importante è garantire agli allevatori una tosatura costante.
Carl Schmitt, filosofo e giurista di fede nazista, evocava immagini di questo tipo per screditare il rito delle elezioni. Può apparire assurdo ma le sue parole, che sembravano sepolte per sempre sotto le macerie delle dittature, sembrano tornare d’attualità. La democrazia è di nuovo messa alla berlina. Quella che Winston Churchill definiva, celiando, la peggior forma di governo eccetto tutte le altre, mostra un’immagine ferita e umiliata. Piergiorgio Odifreddi, esibendo calcoli e teorie matematiche, è arrivato a scrivere che in realtà non esiste. Infinitesimale la corrispondenza tra il proprio voto e la rappresentanza politica.
Se non si vuole tornare al sorteggio come nell’antica Atene e non si vuole invocare, come purtroppo è sempre più frequente, l’uomo solo al comando, è indispensabile un grande bagno di umiltà e di riflessione. Il rischio che si butti il bambino insieme con l’acqua sporca incombe come un incubo. Il mostro dell’antipolitica e del populismo vendicativo è stato alimentato da leggi elettorali fatte apposta dagli alchimisti del potere per ingannare l’elettore, inserendo il suo voto in un alambicco dal quale esce del tutto trasformato. E se consideriamo, come ha calcolato lo stesso Odifreddi, che la nostra singola scelta conta appena lo 0,000002 per cento, la voglia di restarsene a casa e di non entrare nella cabina elettorale cresce a dismisura. Ma è una tentazione da battere, perché piano piano conduce alla morte della convivenza civile. In questi giorni riecheggia una frase che dovremmo ripetere tutti come un mantra. E’ meglio accendere una candela che maledire l’oscurità.