Un modello di relazioni industriali che pone al centro il valore della persona e della qualità, intesa come capacità di coniugare gli interessi del lavoratore e dell’azienda, e soprattutto come primo argine contro ogni forma di dumping. E’ questa la chiave delle proposte avanzate da Angelo Raffaele Margiotta, segretario generale della Confsal, al convegno che si è svolto oggi a Roma presso il Cnel, dedicato a “Relazioni industriali, rappresentatività e linee guida per la contrattazione collettiva”. L’incontro, moderato dal direttore del Diario del lavoro Massimo Mascini, ha visto la partecipazione di rappresentanti del mondo politico, del lavoro e accademico.
Nel suo intervento Margiotta ha sottolineato l’importanza di un nuovo modello di relazioni industriali, come leva strategica per rilanciare l’economia del nostro paese. La proposta della Confsal punta a un’idea di qualità delle relazioni industriali capace di far incontrare le esigenze del lavoratore con quelle dell’azienda. In questo senso, qualità della contrattazione e pluralismo della rappresentanza sindacale, ha detto, devono procedere di pari passo. La qualità del contratto, afferma Margiotta, si deve basare sulla completezza degli istituti regolati e su una loro articolazione coerente. Altro punto centrale è il carattere interconfederale e intersettoriale che devono assumere gli elementi per una contrattazione di qualità. Per la confederazione dei sindacati autonomi è dunque superfluo che gli istituti di carattere generale, comuni a tutti i lavoratori, vengano rinegoziati nel contratto di ogni singolo settore. La centralità della qualità costituisce dunque la principale difesa contro ogni forma di logica al ribasso che può insinuarsi nelle piaghe delle contrattazione.
La Confsal, inoltre, ritiene che all’interno dei contratti sia necessario dare maggiore spazio al tema della formazione: una questione di primo piano, considerate le sfide e i cambiamenti che avvengono costantemente nel mondo del lavoro. La formazione deve diventare un valore strategico sia per l’azienda che per il lavoratore, sempre all’interno in quella logica che ponga al centro gli interessi di entrambi. L’impresa, infatti, ottiene così un vantaggio competitivo sui propri competitors, grazie alla costante innovazione. Dall’altra, il lavoratore vede maggiormente riconosciute le proprie competenze Proprio in quest’ottica la Confsal propone l’introduzione di una “indennità di professionalizzazione”, legata alle conoscenze della singola. Dunque non solo puntare sul premio di produttività, connesso all’andamento dell’azienda, ma anche sulla capacità e sulla volontà del lavoratore di aggiornare costantemente le proprie conoscenze. Strettamente legato a questo tema c’è l’alternanza scuola-lavoro. Su questo punto la Confsal ha affermato la centralità degli istituti professionali e l’importanza di come un buon percorso di alternanza possa rappresentare uno strumento per far entrare in contatto le nuove generazioni con il mondo del lavoro. Una linea che è anche il risultato della lunga tradizione che la Confsal ha nel mondo dell’istruzione, attraverso lo Snals, una delle sigle maggiormente rappresentative all’interno della scuola.
La formazione, inoltre, può costituire uno strumento di ausilio per tutti i lavoratori in uscita e in esubero, che attraverso percorsi di riqualificazione si rendono nuovamente appetibili nel mercato del lavoro, grazie al supporto dell’azienda e del sindacato.
Margiotta si è poi molto soffermato sulla rappresentatività dei sindacati, uno dei cardini dell’accordo tra Confindustria Cgil, Cisl e Uil. Sarebbe una forzatura – ha detto – far unicamente derivare il valore di un contratto dalla capacità di rappresentanza delle organizzazioni firmatarie. La qualità infatti è un qualcosa che deve essere valutato e analizzato, mentre la rappresentatività si misura, e in ogni caso non deve costituire uno sbarramento per un vero pluralismo sindacale. Per la Confsal, in sintesi, la rappresentatività non può diventare l’unico metro di paragone. Certamente si tratta di un tema cruciale, che necessità di un monitoraggio costante e in tempo reale. Le elezioni delle Rsu e Rsa rappresentano un’occasione perfetta, così come la conta delle adesioni alla organizzazioni sindacali. Su questo ultimo punto la Confsal ha proposto l’istituzione di un’apposita Agenzia che raccolga e certifichi i dati sulle adesioni, tutelando, al contempo, la privacy del lavoratore.
Altro tema cruciale è quello della contrattazione decentrata. Gli ultimi anni hanno visto un significativo aumento di questa prassi, capace di innescare processi virtuosi e spinta verso la competitività. Il leader della Confsal ha ribadito l’ attenzione e sensibilità della sua organizzazione alla buone prassi emerse da questo tipo di contrattazione, che devono trovare una propria cornice al livello interconfederale.
Le valutazione del mondo politico alle proposte avanzate da Confsal sono state espresse da Maurizio Sacconi e Cesare Damiano, che hanno ricoperto entrambi la carica di ministro del Lavoro e, nell’appena conclusa legislatura, di presidenti delle Commissioni Lavoro di Senato e Camera. Sacconi ha elogiato la dimensione innovativa delle posizioni avanzate dalla Confsal, ritenute un’ottima base di partenza visto che l’attuale sistema di relazioni industriali non è ancora pienamente soddisfacente. Bassi livelli di occupazione e di produttività, dinamica salariale molle, sono segnali che, secondo Sacconi, impongono il ripensamento dell’intero sistema. Damiano ha sottolineato l’attenzione con la quale la Confsal si è posta il tema di come arrivare a relazioni industriali qualitativamente diverse e migliori da quelle attuali, che denota, prima di tutto, un’attenzione alle condizioni nelle quali versano i lavoratori.
Nel confronto con altri rappresentanti del mondo del lavoro, le proposte della Confsal hanno riscosso commenti diversi. Pietro de Biasi, responsabile dell’area lavoro e welfare di Fca, ha posto grande rilievo sulla contrattazione di secondo livello, che ancora in Italia stenta a decollare, mentre costituisce un pilastro nelle relazioni degli altri paesi. Questo provoca un’assenza della contrattazione in molte realtà produttive del paese, medio-piccole, e questa lacuna non viene colmata neanche dal salario minimo legale, che potrebbe rappresentare una rete di salvataggio per tutte le forme atipiche di occupazione nate all’interno della gig economy.
Massimo Marchetti, in rappresentanza dell’area lavoro e welfare di Confindustria, ha dapprima evidenziato i punti di contatto con la Confsal, attenzione alla formazione e creazione di una filiera dell’alternanza scuola-lavoro. Elementi di dissenso sono invece emersi sul tema della rappresentatività. Confindustria ha infatti ribadito l’importanza dell’accordo del 28 febbraio, accordo con il quale si esce dalla logica dell’autoriconoscimento delle organizzazioni di rappresentanza. Occorre, ha precisato Marchetti, un equilibrio tra quantità e qualità.
I rappresentanti del mondo accademico intervenuti al convegno, a loro volta, hanno posto particolare enfasi sul tema della qualità, del pluralismo sindacale e della contrattazione decentrata. Il richiamo al dialogo e al confronto da parte della Confsal, rifuggendo la logica di un monismo paralizzante, è stato apprezzato da Lorenzo Bordogna, docente di sociologia dei processi economici e del lavoro all’Università Statale di Milano. Rispetto alla contrattazione decentrata, Bordogna ha notato che, nonostante se ne parli molto, e’ ancora ben poco diffusa, soprattutto nelle aziende sopra i 20 dipendenti. Altro nodo è quello della qualità. L’accordo Confindustria-sindacati cerca di rispondere a questa sfida con la pesatura della rappresentatività, che, tuttavia, osserva Bordogna, non risolve tutti gli interrogativi ancora aperti.
Emmanuele Massagli, presidente di Adapt, ha certificato una crescita costante della contrattazione decentrata, anche se non così ampiamente diffusa come si potrebbe credere. Sta inoltre cambiando, ha sottolineato, la platea alla quale i contratti si rivolgono e il concetto di qualità per definire un buon contratto. Sul primo aspetto, il contratto oggi si è aperto più in generale al mercato del lavoro, inglobando anche tutti quei soggetti che stanno per entrare o uscire da un contesto lavorativo. Per quanto riguarda la qualità, pensare unicamente al salario come parametro è frutto di una visione limitata, che non tiene conto di altri istituti come il welfare e la partecipazione dei lavoratori nell’organizzazione aziendale. Un’inversione di rotta ribadita anche da Mimmo Carrieri, professore di sociologia economica e del lavoro a La Sapienza di Roma. La contrattazione decentrata, ha detto, sta assumendo, anche a livello europeo, una centralità crescente, cosicché molti paesi stanno intervenendo anche con strumenti legislativi per sostenerla, così come l’Italia, che ha scelto la strada della detassazione per incentivarla.
Tommaso Nutarelli