Una sala deserta. E l’ex partigiano Mario, 92 anni, che legge una poesia davanti alle sedie vuote. Sempre a Roma, gli ebrei in raccoglimento al museo di via Tasso, perché non si sono voluti mischiare con i giovani che a porta san Paolo, alla manifestazione organizzata dall’Anpi, sventolavano bandiere palestinesi. A Milano hanno partecipato al corteo e sono stati contestati. Fischi contro il rabbino alla Risiera di San Sabba. Il sindaco di Todi che revoca il patrocinio alle iniziative antifasciste perché ritenute troppo di parte. Ma anche allegria, appuntamenti piccoli e grandi, spettacoli, concerti, omaggio di corone alle targhe e ai luoghi che ricordano coloro che in nome della pace e della democrazia morirono sotto il piombo nazista o per mano degli aguzzini in camicia nera.
Ecco la Liberazione, 73 anni dopo il crollo della dittatura e la fine della guerra. Un 25 aprile con tante facce ma sempre più stentato, minoritario, circondato da indifferenza se non da vero e proprio fastidio. Molte e sfrontate le voci di chi la ritiene una data divisiva e vorrebbe cancellarla. Forse se si organizzasse un referendum per chiederne l’abolizione, i no vincerebbero solo perché non si vuole rinunciare ad uno dei tanti ponti dei quali noi italiani siamo provetti costruttori. Giorni di vacanza magari da allungare fino al 1 maggio, un’altra data simbolo del riscatto e della dignità ma che nell’immaginario collettivo richiama il sole, la musica, le fave e il pecorino. Chi ricorda perché fu istituita la festa dei lavoratori?
La Resistenza, la giustizia, l’eguaglianza. Un tempo erano bandiere sventolate con orgoglio da milioni di persone, ora sono solo parole sempre più flebili in una società di sordi e impauriti egoisti. Umberto Eco parlava di “fascismo eterno”, capace di tornare sotto mentite e innocenti spoglie. Difficile smascherarlo, anche se sono ben riconoscibili tipiche caratteristiche come “l’appello alle classi medie frustrate, a disagio per qualche crisi economica o umiliazione politica, spaventate dalla pressione dei gruppi sociali subalterni”. Una profezia di quel che avrebbe provocato l’ondata immigratoria.
E’ su questo terreno che la Sinistra è stata travolta, incapace di dare risposte adeguate e sempre più identificata con l’immorale e corrotta opulenza delle élite. La paura degli extracomunitari è più forte di quella del neofascismo. E allora non bastano le feste simbolo, le ricorrenze, la retorica, i monumenti. Il tarlo dell’intolleranza e dell’irrazionalità sta facendo crollare tutto. Non per questo hanno sacrificato le proprie vite le donne e gli uomini che vorremmo ricordare il 25 aprile e il 1 maggio. Non basta alimentare la memoria. Servono nuove idee e coraggiose gambe per farle camminare.