Dura relazione del presidente degli industriali su flat tax, pensioni, reddito di cittadinanza, Ilva. Europa ”imprescindibile”, no al populismo. E un avvertimento: con le politiche di Salvini e DiMaio “rischiamo un’Italia povera e agricola, da primo dopoguerra”. Dalla platea dell’assemblea annuale lunghissimo applauso a Gentiloni
L’aria che tira è evidente fin dall’inizio. Da quando, cioè, Vincenzo Boccia, salito alla tribuna per la relazione all’assemblea annuale di Confindustria, rivolge un ringraziamento a Paolo Gentiloni e ai suoi ministri schierati in prima fila. La platea degli industriali risponde con un applauso lunghissimo, che sale di tono e di intensità per diversi minuti. Si potrebbe anche chiuderla così: in quell’applauso c’è, si, l’istituzionale ringraziamento a un governo uscente, ma c’è anche qualcosa di più. Qualcosa di non formale, qualcosa che se da un lato riconosce i meriti verso le imprese di questa legislatura ormai conclusa da quasi tre mesi, dall’altro mostra tutto il terrore verso il “nuovo che avanza”, con le sembianze non tanto di Salvini e Di Maio, quanto del loro Contratto di Governo. Boccia, nel corso della relazione, lo smonta pezzo per pezzo, piantando uno dopo l’altro paletti alti e solidi, fino a costruire un muro contro il nuovo esecutivo; che oltretutto, ironia della sorte, proprio oggi dovrebbe vedere la luce, dopo una gestazione pasticciata, durata oltre ottanta giorni.
Ogni passaggio della relazione di Boccia è un fendente. Malgrado la mezza apertura di credito verso il partito di DiMaio subito dopo il voto, oggi da Confindustria non arriva nessuna ‘’mano tesa’’. Arriva invece una bocciatura totale, frontale, severa, punto per punto: no alla flat tax, no alla riforma della riforma Fornero, no al reddito di cittadinanza, no al blocco delle opere pubbliche, no e poi no e ancora no alla chiusura dell’Ilva. E ancora: no al populismo, no alle promesse elettorali campate in aria, no “alle manovre volte solo a captare consenso”, no a chi ha ‘’un orizzonte corto, e vive nella condizione di una perenne campagna elettorale’’, no al dilettantismo degli incompetenti, perché “la democrazia ha bisogno di competenze che sappiano perseguire il bene comune” e l’Italia “ha bisogno di leader che sappiano scegliere, assumere responsabilità e avere sempre chiaro l’interesse nazionale”. Al primo posto del quale, ovviamente, sta la conferma della collocazione in Europa del nostro paese: perché “l’Italia vince e avanza con l’Europa e dentro l’Europa, la nostra casa comune’’. Non a caso è un breve filmato che celebra proprio la vocazione europeista della Confindustria ad aprire i lavori delle assise: ”L’Europa e’ imprescindibile”, scandisce Boccia.
Boccia spiega le ragioni dei ‘’paletti’’ senza perifrasi: “il contesto che viviamo inizia a preoccuparci”, afferma, il paese è in un momento delicato e occorrerebbero “saggezza, buon senso e consapevolezza delle nostre responsabilità. E senso del limite”. L’Italia deve progredire sulla strada della crescita e del lavoro, di confermarsi potenza industriale, altrimenti il rischio è di “fare passi indietro” e “tornare a un’Italia povera e agricola” del dopoguerra, quella di prima del boom. Ma per evitare questa regressione servono leader capaci e pazienti: in politica, è il ragionamento di Boccia, “non bisogna prendere facili scorciatoie e farsi guidare dall’urgenza di un consenso immediato”, occorrono “programmi di governo e non elettorali”. Compito della politica, insomma, non è quello di “sommare e replicare le spinte che provengono dal basso, dalle rispettive basi elettorali”, ma offrire “risposte ai disagi provenienti dalla società” senza chiudersi “nel recinto della mera constatazione di quei disagi”.
A chi verrà a Palazzo Chigi Boccia chiede dunque se ha ‘’una visione del futuro che continui a scommettere su un’Italia posizionata tra le maggiori economie industriali del mondo’’ o meno. Le indicazioni del Contratto di governo sull’Ilva, sull’Alitalia, sulla Tav, fanno credere che no, non c’è questa visione, anzi: c’è, al contrario, “la condanna del paese, dei cittadini e delle imprese a una posizione di marginalità e isolamento”. Le incertezze sull’Ilva di Taranto, si chiede Boccia, “che messaggio mandano agli investitori, italiani o stranieri che siano, che idea trasmettono dell’importanza che diamo all’industria e al mezzogiorno, che capacità mostriamo rispetto alla filiera dell’acciaio, fondamentale per la nostra manifattura”? Se passa l’idea “che a ogni cambio di maggioranza si torna indietro su tutte le scelte strategiche per la nostra economia, e’ la nostra credibilita’ che mettimano in discussione”. La stessa scelta di puntare sulla riforma delle pensioni, invece che sui giovani, sul reddito di cittadinanza, invece che sulla creazione di lavoro, mostra la tendenza a imboccare “scorciatoie che, per quanto allettanti, possono condurre solo in vicoli ciechi’’, perché solo “il lavoro abbassa il bisogno di garantire chi un reddito non riesce a procurarselo”.
L’Italia, ricorda il presidente degli industriali, è la seconda economia europea, e potrebbe essere la prima se non avesse alcuni gravi handicap; oggi la missione deve quindi essere quella di ‘’cambiare’’, certo, ma per migliorare, non per ‘’distruggere’’, trasformando ‘’la rabbia in passione’’. Non ci può essere una politica forte senza un’economia forte, è l’avvertimento di Boccia, e “se la politica pensa di essere forte creando le condizioni per indebolire l’economia, lavora in realtà contro sé stessa”.
Tra un paio di giorni, salvo ulteriori colpi di scena il governo sarà in carica e la Confindustria avrà un interlocutore diretto a cui rivolgere queste istanze. Interessante sarà capire quanto della insolita intemerata di questa mattina verrà confermato nei prossimi mesi, nei primi confronti col nuovo esecutivo giallo-verde, che saranno sicuramente complicati; e soprattutto quanto verranno ascoltate le opinioni delle imprese, quanto potranno realmente incidere sulle scelte del governo in materia economica. Probabilmente ben poco. Al momento, non resta che registrare che la Confindustria è schierata all’opposizione come mai era accaduto prima d’ora; non in questi termini, almeno. Nei decenni, di presidente in presidente e di governo in governo, c’erano stati atteggiamenti diversi, che talvolta hanno visto gli industriali anche aspramente critici, come contro il primo Governo Prodi, o estremamente concilianti, come col governo Berlusconi. Ma di fondo Viale dell’Astronomia era sempre stata, in qualche modo, ‘filogovernativa’’. Da oggi forse si cambia, chissà.
Nunzia Penelope