I dati attuali parlano del turismo italiano come un settore in continua crescita, resistendo a fattori che in altri paesi hanno invece segnato il passo verso un trend negativo. Tuttavia la crescita economica non è direttamente proporzionale alla qualità della forza lavoro impiegata, incastrata in un contesto caratterizzato da irregolarità, precarietà e discontinuità. Il diario del lavoro ha intervistato il segretario generale della Filcams Cgil, Cristian Sesena, che ha fatto il punto della situazione del turismo italiano.
Qual è l’attuale stato di salute del settore turistico italiano?
Per una serie di congiunture favorevoli tra cui la relativa tranquillità del nostro paese rispetto ad altri sul piano degli attacchi terroristici, il settore segna da almeno due anni un andamento positivo. È chiaro che si tratta di un trend positivo che nasconde i limiti storici di un comparto privo di politiche industriali serie, caratterizzato da un cronico spontaneismo imprenditoriale e per queste ragioni intrinsecamente fragile. Ci sono dati poi che sono abbastanza esplicativi, dei quali, uno particolarmente eloquente: siamo il paese più desiderato al mondo, ma solo il quinto visitato dagli stranieri. Ciò significa che al momento di scegliere, il turista opta per soluzioni sulla carta meno accattivanti, ma più competitive e non solo in termini di costo.
Le statistiche parlano di prospettive di crescita per la stagione estiva 2018. A livello occupazionale la stima è sinonimo di miglioramento anche per i livelli occupazionali?
Purtroppo non c’è nessuna connessione fra volumi di affari e miglioramento delle condizioni di chi lavoro nel settore. Cresce la quantità ma non la qualità della forza lavoro impiegata. Soprattutto la stagione estiva offre possibilità di lavoro caratterizzate da irregolarità, precarietà e discontinuità. Orari massacranti, retribuzioni inadeguate, mancato riconoscimento delle professionalità sono alcuni degli aspetti che identificano in negativo il lavoro nel turismo. Sono recenti le notizie di imprenditori della riviera romagnola che si sono lamentati di non reperire personale; sarebbe il caso di chiedere agli stessi imprenditori che tipo contratto di lavoro avevano in animo di offrire, ammesso e non concesso che volessero offrire un contratto.
La discussione sulle pessime condizioni lavorative degli stagionali ritorna ogni anno. Come mai non si riscontrano miglioramenti alla fine delle stagioni?
Per una concomitanza di fattori. Come Filcams ogni anno dedichiamo una campagna informativa e social per sensibilizzare questi lavoratori a conoscere i loro diritti. Purtroppo infatti chi lavora la stagione entra nell’ordine di idee di dover accettare il far west senza alzare la testa. Le imprese mancano di cultura del settore e si orientano sul massimo guadagno immediato senza programmare l’offerta. Infine il Governo Renzi è intervenuto dimezzando l’ ex indennità di disoccupazione (NASPI) per questi lavoratori accusandoli di una sorta di parassitismo sociale quando in realtà i loro lavorare a spot è figlio di una offerta turistica malata di stagionalità.
Quanto ha risentito il settore dell’abrogazione dei voucher?
I voucher in questo settore erano per lo più comode patenti di regolarità proposte e imposte a lavoratori in nero. Con la loro abolizione abbiamo registrato un’impennata del ricorso al lavoro intermittente (come era del resto prima dell’esplosione dell’utilizzo dei buoni lavoro). Se qualcuno vuole poi misurarsi con la rilevazione di un presunto aumento del lavoro irregolare dovuto alla abolizione dei voucher è libero di farlo ed eventualmente di sostenere questa tesi. Per noi era lavoro nero prima seppure con il foglietto di giustificazione dei voucher; torna ad esserlo ora senza pezza giustificativa.
Concretamente su cosa bisogna agire per arginare fenomeni di sfruttamento e dumping nel settore?
Bisogna approcciare il turismo come si approccia qualsiasi segmento produttivo industriale. C’è bisogno di più politica e meno retorica. Ci vogliono investimenti in promozione e infrastrutture. Sul fronte lavorativo bisogna richiamare le imprese ad un senso di responsabilità sociale che non hanno. E’ necessario potenziare le ispezioni e gli interventi per evitare irregolarità e anche l’illegalità diffusa. I lavoratori del turismo sono la prima interfaccia con cui i turisti si rapportano. Possono concorrere con un servizio di qualità a migliorare l’esperienza della vacanza dei viaggiatori/fruitori. Per fare ciò debbono essere formati, valorizzati correttamente inquadrati e adeguatamente retribuiti.
Una nota sulla vertenza Valtur. Per ora si parla solo di potenziali acquirenti e il sindacato si oppone alla soluzione spezzatino. Di recente, tra l’altro il Tanka Village di Villasimius è passato alla gestione Alpitour salvaguardando i 130 dipendenti già impiegati. Cosa ne sarà dei tanti lavoratori che rischiano di saltare la stagione?
È una vertenza emblematica di come un comparto che produce il 12 % del PIL si muova senza una direzione e sia in balia di imprese che non sono in grado di stare sul mercato e non trovano via migliore di quella di far pagare lo scotto della loro incapacità ai lavoratori. Sono aperti due tavoli al Ministero dello Sviluppo e a quello del Lavoro. Noi continuiamo a chiedere soluzioni che oltre a garantire la sopravvivenza di un brand storico come Valtur, salvaguardino l’occupazione in toto. La partita però è tutt’altro che semplice e la situazione di incertezza politica non aiuta.
Elettra Raffaela Melucci