Patrizia Ordasso, che relazioni industriali avete a Intesa Sanpaolo?
Ottime, di qualità. Aiutati anche dal fatto che il gruppo ha un tasso di sindacalizzazione del 78%, altissimo, tale da assicurare certamente la rappresentatività e da permettere una gestione certa delle questioni sindacali. E ci ha aiutato anche avere, fin dalla nascita del nostro gruppo, nel 2007, un protocollo di relazioni industriali che ha mirato a creare un sistema peculiare tenendo conto della nostra organizzazione.
Peculiare in che senso?
La nostra rete bancaria era molto vasta e variegata, una quindicina di banche e tra le 40 e le 50 società nel gruppo. Avevamo il problema di accentrare la contrattazione per evitare di avere negoziazioni diverse per ogni unità.
Come avete risolto il problema?
Con questo protocollo con il quale abbiamo gestito sin dall’inizio le relazioni industriali all’interno del gruppo. Poi anche il contratto nazionale ci ha dato una mano, rafforzando la contrattazione di gruppo.
In che modo vi ha aiutato il protocollo?
Ad esempio creando ruoli sindacali trasversali alle diverse società coesistenti sullo stesso territorio per gestire i problemi che potevano emergere. Poi abbiamo accentrato la negoziazione con le delegazioni sindacali di gruppo delle diverse sigle, per regolare in modo omogeneo i rapporti di lavoro nel gruppo. Il contratto nazionale prevedeva le delegazioni sindacali per casi specifici, come le ristrutturazioni, noi le abbiamo rese stabili, facendo sì che fossero le uniche con le quali si negozia.
Quindi siete soddisfatti dell’andamento delle vostre relazioni industriali?
Sì, perché abbiamo un gruppo stabile di persone che negozia per tutto il gruppo e la normativa è uguale per tutti. Questo ci ha consentito di affrontare l’evoluzione che ha interessato il gruppo dalla sua costituzione e di risolvere anche i problemi che si sono presentati.
Con i sindacati non avete problemi?
Il sindacato svolge bene il suo ruolo. Dalla costituzione di Intesa Sanpaolo non abbiamo mai avuto vertenze che interessassero l’intero gruppo. E per le eventuali vertenze locali nel protocollo è previsto un meccanismo di raffreddamento preventivo al di là di quanto previsto dalla legge. Qualsiasi azione collettiva rivolta all’esterno del gruppo, che sia uno sciopero o un’accusa di comportamento antisindacale, o anche una semplice denuncia a una Asl, viene preventivamente esaminata da un Comitato di consultazione, dove siedono rappresentanti aziendali e una delegazione sindacale ristretta, per capire quale sia il problema e come sia possibile risolverlo. Se poi non si trovano soluzioni ovviamente il sindacato è libero di agire, ma è un passaggio estremamente utile.
E poi c’è un dialogo costante. Ogni settimana incontriamo il sindacato, di massima un paio di giorni, per informare sulle evoluzioni organizzative del gruppo, per presentare nuove procedure, per affrontare nell’ambito del Comitato welfare, sicurezza e sviluppo sostenibile gli argomenti nuovi ed individuare soluzioni/strumenti innovativi. Il Comitato Welfare è uno degli organismi misti azienda-sindacato nel quale si dialoga, si approfondiscono insieme ad esempio novità legislative e insieme si cercano di capire gli impatti e come gestirle. Lo abbiamo fatto ad esempio per lo smart working.
Questa situazione positiva è propria solo di Intesa Sanpaolo o appartiene a tutto il settore del credito?
In Intesa Sanpaolo il dialogo è decisamente positivo. Ma direi che lo è sicuramente anche a livello di settore. Il sindacato è qualificato e anche a livello nazionale ci sono regole che aiutano. Ad esempio sulla rappresentanza l’accordo che è sottoscritto da chi rappresenta il 50% dei lavoratori più uno si applica a tutto il settore, una disposizione molto importante.
Non avete problemi per le pressioni commerciali che in tanti casi rappresentano un problema?
Il gruppo è molto sensibile su questo tema, che viene visto anche come tutela del cliente, che è una tematica che interessa anche i sindacati. In Intesa Sanpaolo già a ottobre 2015 avevamo sottoscritto un accordo sull’argomento che ha poi trovato definizione a livello nazionale a febbraio 2017.
In altre interviste suoi colleghi ci hanno parlato di relazioni industriali vischiose, in debito di ossigeno, in una parola difficili. Lei descrive una situazione invidiabile. Perché è così? A cosa lo addebita?
Noi abbiamo sempre lavorato molto sui temi della rappresentanza e della rappresentatività e questo ci ha aiutato a cogliere questo risultato. Sicuramente ha influito l’alto tasso di sindacalizzazione, da noi è alto, ma in generale nel settore del credito è circa il 75%. E questa è un’opportunità, ha consentito al sindacato di svolgere un ruolo di rilievo e molto evoluto.
Ha capacità innovativa? Capisce l’importanza del cambiamento?
Sì, il contratto nazionale ha previsto nell’ambito del 2° livello di contrattazione la possibilità di adattare le norme alla realtà organizzative delle singole aziende, più di quanto non avvenga in altri settori economici. E il sindacato di gruppo conosce le realtà aziendali e trova soluzioni adatte.
I lavoratori, oltre a prendere la tessera sindacale, seguono il sindacato, non tendono a sedersi pensando di essere al sicuro?
Il lavoratore bancario ha sempre pensato di poter contare su un’occupazione stabile. Ma si è accorto che in alcune realtà questo poteva non essere vero. Il sindacato ha sempre ricercato la tutela dell’occupazione, ma nei momenti di crisi del settore ha avuto la capacità di individuare soluzioni che permettessero alle aziende di continuare a stare sul mercato gestendo le uscite solo sulla base della volontarietà. In Intesa Sanpaolo non abbiamo esuberi, non abbiamo la necessità di ridurre il personale, ma abbiamo gestito la volontà di uscita dei singoli con accordi sindacali che hanno permesso anche di condividere nuova occupazione.
Massimo Mascini