“Gli arresti di oggi per caporalato dimostrano per l’ennesima volta che il fenomeno rischia di tornare ad essere strutturale in tutto il Paese e per ogni nuova stagione di raccolta dei prodotti. Noi stiamo facendo tanto, ma da soli non possiamo risolvere le tante problematiche che si sovrappongono in contesti di illegalità diffusa e degrado. Per questo, invochiamo una volontà condivisa, con le parti datoriali e le istituzioni, e rivolgiamo un appello al Ministro dell’Interno, a cui abbiamo già chiesto un incontro insieme alle altre organizzazioni di categoria, affinché si prenda atto della complessità del fenomeno e ci si confronti al più presto per rendere operativo, in tutti i territori, quanto previsto nella legge 199 sugli aspetti preventivi. È fondamentale che la politica smetta lanciare slogan sulla pelle dei lavoratori e si confronti con noi”. Lo dichiara in una nota il Segretario generale della Fai Cisl Onofrio Rota.
“I fatti emersi oggi – aggiunge il sindacalista – con due agricoltori che reclutavano migranti nelle campagne di Marsala e di Mazara del Vallo e amavano farsi chiamare ‘padrone’, e un imprenditore agricolo albanese a Vittoria, nel ragusano, che sfruttava connazionali, sono di una gravità inaccettabile, e seguono a pochi giorni di distanza dall’uccisione di Sacko Soumayla, bracciante di San Ferdinando, e dagli altri arresti di Ragusa, dove alcuni caporali sono stati accusati anche di sfruttamento della prostituzione e traffico di esseri umani. L’operato delle forze dell’ordine va apprezzato e omaggiato, ma è evidente il bisogno di attivare quegli strumenti che da sempre chiediamo per porre fine allo sfruttamento dei lavoratori agricoli, a cominciare dagli interventi su collocamento, trasporti, alloggi, Rete del lavoro agricolo di qualità”.
“Anche con la nostra campagna Sos Caporalato – conclude Rota – e con lo stato di agitazione della categoria, proclamato dopo la rottura della trattativa per il rinnovo del contratto nazionale degli operai agricoli e florovivaisti, vogliamo ribadire che alla nostra produzione agroalimentare, eccellenza del Made in Italy nel mondo, non servono forme di deregolamentazione o giochi al ribasso, ma pochi semplici interventi in grado di innalzare la qualità del lavoro e la dignità di tutti: aumento salariale, nuovi strumenti di welfare, bilateralità, rafforzamento dei diritti individuali e sindacali, regole più rigorose su esternalizzazioni e appalti. Perché è per questi strumenti che passa l’indipendenza della persona, la sua possibilità di realizzazione e di emancipazione da forme di schiavitù indegne di un Paese civile”.