Chi, essendo oggi a Roma, si fosse trovato a passare per via Veneto attorno alle 3 del pomeriggio, avrebbe potuto assistere a una scena non solo e non tanto singolare, quanto addirittura inedita. Un giovane uomo, vestito con un abito grigio passabilmente elegante, attraversava la strada, all’altezza dell’incrocio con via Molise, circondato da un nugolo di croniste, fotografi e cameramen.
Ora, direte voi, il fatto che in una zona della Capitale dove si addensano Ministeri, Ambasciate e sedi direzionali di grandi imprese ci siano persone inseguite dai giornalisti, non dovrebbe essere una cosa strana. Il che è vero. Ma l’aspetto mai visto prima della scena qui descritta sta nel fatto che il nostro giovane uomo, ovvero Luigi Di Maio, era appena uscito, in quanto Ministro del Lavoro, dal palazzo che ospita la sede principale del ministero da lui diretto e si accingeva, peraltro, a fare ingresso nel palazzo antistante, quello ove ha sede il ministero dello Sviluppo Economico; e ciò in quanto titolare anche di questo secondo dicastero.
Ora va detto che per oggi il biministro Di Maio aveva convocato una serie di incontri: al ministero del Lavoro per affrontare la questione della collocazione contrattuale dei cosiddetti riders, ovvero dei neo-fattorini protagonisti ciclati della gig economy; e al ministero dello Sviluppo Economico per riaprire il voluminoso e problematico dossier Ilva.
In particolare, il ministro Di Maio che, non dimentichiamolo, è anche Vicepresidente del Consiglio dei Ministri, aveva fissato per i giorni 18 giugno e 19 giugno una serie di incontri sulla questione dell’Ilva definiti “di ascolto”: oggi, alle 15,00 con i sindacati e alle 17,00 col Sindaco di Taranto, Melucci, e domani prima con le associazioni ambientaliste, e poi con i rappresentanti di ArcelorMittal, il colosso franco-indiano dell’acciaio che, l’anno scorso, attraverso la cordata denominata AM InvestCo, ha vinto la gara per aggiudicarsi l’acquisto dei “complessi aziendali dell’Ilva in Amministrazione straordinaria”.
In parole povere, prima di effettuare qualsiasi scelta in merito a una questione che più complessa non si può, quale è quella dell’Ilva, il neo ministro dello Sviluppo Economico ha deciso di ascoltare ciò che avevano e avranno da dirgli i rappresentanti dei soggetti più concretamente interessati alla questione stessa: azienda acquirente, sindacati dei lavoratori, amministratori locali, e potenziali stakeholders come gli ambientalisti.
E fin qui, si potrebbe dire, tutto bene. Nel senso che il Governo si è messo, per adesso, nella comoda posizione di chi, cortesemente, ascolta, e si arroga il diritto di tacere. Quindi, sempre per adesso, non l’avvio di un vero e proprio confronto, ma quel famoso ascolto che, oggi come oggi, va tanto di moda.
All’uscita dall’incontro, i rappresentanti dei sindacati hanno quindi potuto riferire non su ciò che si erano sentiti dire dal Governo circa le sue eventuali intenzioni, ma, essenzialmente, su ciò che loro avevano detto al Governo. Tenendo presente che, nei giorni infuocati della recente campagna elettorale, come anche in tempi successivi a tale campagna e quindi a noi ancor più vicini, erano circolate dichiarazioni da cui pareva di capire che esponenti di primo piano del Movimento 5 Stelle, di cui, lo stesso Di Maio è il “capo politico”, fossero propensi a considerare con favore l’ipotesi di una possibile chiusura dell’Ilva di Taranto.
Il segretario generale della Uilm-Uil, Rocco Palombella, ha dunque ricordato, al termine dell’incontro odierno, che “i lavoratori vivono momenti di attesa mista a fiducia e preoccupazione”. E ha poi aggiunto che “chi parla di chiusura dello stabilimento non sa di cosa parla”.
Il suo collega Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl, ha invece riferito che il ministro Di Maio, in apertura dell’incontro, ha chiesto alle organizzazioni sindacali un resoconto “sullo stato della vertenza”, anche allo scopo di capire “le ragioni dell’interruzione del negoziato”, nonché notizie su “lo stato d’animo dei lavoratori”. Lo stesso Bentivogli ha poi aggiunto di aver sostenuto, nel corso del colloquio col Ministro, che “è possibile produrre acciaio in condizioni e con modalità ecocompatibili”.
Infine, la segretaria generale della Fiom-Cgil, Francesca Re David, ha riferito che rispetto alle sollecitazioni, avanzate dalle organizzazioni sindacali, a “riavviare la trattativa ministeriale con tutti i soggetti interessati “, il Ministro ha risposto che “nei prossimi giorni convocherà una nuova riunione”. E questo, ha sottolineato Re David, per la Fiom implica “la modifica” delle posizioni tenute da ArcelorMittal “fino ad oggi”. Infatti, per la stessa Fiom, la questione centrale rimane quella della “garanzia occupazionale di tutti i lavoratori dell’Ilva”. Un punto, questo, che appare peraltro ampiamente condiviso da tutto il fronte dei sindacati confederali.
Per ciò che riguarda le prospettive della vertenza Ilva, non rimane che attendere, innanzitutto, l’esito dell’incontro che il Governo avrà con ArcelorMittal e, poi, almeno il primo degli incontri che saranno successivamente indetti dal Governo stesso.
Intanto, si può registrare un siparietto che ci dice qualcosa sulla difficoltà dell’impresa in cui Di Maio si è messo per sua propria scelta: quella di guidare, assieme, due ministeri complessi come sono quelli del Lavoro e delle Politiche sociali, da un lato, e dello Sviluppo Economico, dall’altro.
In mattinata, come si è detto, un folto gruppo di cronisti era convenuto al ministero del Lavoro per seguire il primo incontro relativo ai riders, figure tipiche di lavoratori non solo precari, ma soprattutto “non protetti”. della cosiddetta gig economy, ovvero dell’economia dei lavoretti.
Questo stesso gruppo, formato da croniste d’agenzia (un lavoro duro, scaricato in buona misura su persone di sesso femminile), da fotografi free lance e da cameramen televisivi, ovvero dai componenti di quello che potremmo definire come il proletariato dell’informazione, ha appreso, intorno alle 3 e mezzo, che avrebbe dovuto sostare fino alle 8 di sera, sui marciapiedi di via Veneto, prima di essere ammesso dentro al Ministero per un “punto stampa” col Ministro. La giornata era non solo calda, ma molto umida, e la prospettiva di stare qualche ora in piedi per strada, quando non seduti sui marciapiedi, in attesa prima dell’uscita dei sindacalisti, poi di quella del Sindaco di Taranto, e, infine, delle agognate dichiarazioni del Governo, ha creato un certo malumore tra gli operatori dell’informazione. Malumore che si è aggravato fino all’esasperazione quando, verso le 4 del pomeriggio, dal cielo della Capitale si è scatenata su piante e passanti un vera e propria bomba d’acqua.
“Ci state trattando peggio dei riders”, ha inveito più di un cronista rivolto verso il portone del Ministero, peraltro protetto da un gruppo di Carabinieri tanto cortesi quanto, ovviamente, inflessibili nel mantenere la consegna ricevuta: niente giornalisti all’interno del pur capiente androne del palazzo posto all’angolo fra via Veneto e via Molise. Finché una ragionevolezza ritrovata ha consigliato ai piani alti del Ministero di consentire l’ingresso alle giornaliste e ai giornalisti che rischiavano di bagnarsi fino al midollo. Che sia questo il Governo del Cambiamento?
@Fernando_Liuzzi