Con l’accordo dello scorso febbraio firmato da Fit-Cisl, Filt-Cgil, Uiltrasporti e Uglfna con Asstra, Anav e Agens, dopo ben 16 anni di provvisoria regolamentazione emanata dalla Commissione di garanzia si è giunti ad una regolamentazione condivisa dalle parti che disciplina, in tutte le sue sfaccettature, l’esercizio del diritto di sciopero nel settore del trasporto pubblico così come auspicato dal legislatore del 1990 che ha emanato la legge n. 146. Dopo la firma, la Commissione di garanzia, con la delibera 18/138 del 7 maggio, è intervenuta sul testo dichiarandolo solo parzialmente idoneo e riscrivendo due punti, quello relativo alle modalità di informazione dell’utenza e quello relativo alla rarefazione oggettiva della conflittualità, come riportato in un’intervista del Diario a Mimmo Carrieri, Commissario delegato per il settore del trasporto pubblico. Un intervento, quella della Commissione, che ha provocato il malcontento dei sindacati, soprattutto quelli confederali. Per capire la posizione del sindacato abbiamo sentito Antonio Piras, segretario generale della Fit-Cisl.
Piras, erano sedici anni che nel trasporto pubblico non si arrivava a un accordo. Poi nel febbraio la situazione si sblocca e la Commissione di garanzia interviene su due punti specifici. Come valuta l’iniziativa?
In modo assolutamente negativo e ingiustificato. Attraverso una sorta di cherry picking, la Commissione ha toccato due aspetti che non riteneva corretti: le modalità di informazione all’utenza e la rarefazione delle agitazioni. Ho motivo di credere che l’intento della Commissione è sia stato quello di andare a colpire l’esercizio dello sciopero, senza garantire il giusto equilibrio tra questo diritto e la libera circolazione dei cittadini. Va aggiunto come in questi anni non si è mai intervenuti sulle criticità del settore. C’è dunque un eccessivo protagonismo da parte della Commissione che si traduce, ormai troppo spesso, in interventi propri di un legislatore piuttosto che di una Autority. Inoltre, il provvedimento è stato fatto quando, de facto, non c’era un governo, visto che l’esecutivo uscente si occupa della normale amministrazione e questo non ci ha permesso di confrontarci con il Ministero del Lavoro su questa né su le tante altre problematiche che investono il settore e che inaspriscono di molto il conflitto.
Quali sono?
Il mancato pagamento degli stipendi ai dipendenti, la mancata applicazione di contratti e accordi, l’avvio di innumerevoli procedure di licenziamento collettivo, senza dimenticare il preoccupante fenomeno delle aggressioni. Tra le ferrovie e il tpl si registra una media di un’aggressione al giorno, se poi si considerano quelle verbali, i numeri triplicano. In molti casi si tratta di dipendenti che intervengono per difendere cittadini vittime di atti criminosi. Dopo tutto questo, limitare oltremodo anche la possibilità rivendicare i diritti attraverso lo sciopero ci pare veramente eccessivo.
Relativamente al fenomeno aggressioni, almeno, ritenete corretta la strada intrapresa dalla Commissione?
No, è una strada che non ci soddisfa.
Dove, secondo voi, è sbagliata l’impostazione della Commissione?
In caso di aggressioni, la legge 146 prevede la possibilità di scioperare senza indicare la durata e dare il preavviso. La Commissione, attraverso una sua prescrizione, ha stabilito che, al verificarsi di questi fatti, il sindacato può fare solo una manifestazione simbolica. Si tratta di una disposizione che non ci piace affatto, che mortifica il diritto alla salvaguardia dell’incolumità dei lavoratori e che travisa il volere del legislatore.
Venendo alla rarefazione degli scioperi, si tratta di una questione sulla quale avete avanzato le critiche maggiori alla Commissione. Cosa non funziona?
Occorre, prima di tutto, fare una premessa. La Cisl, e tutto il sindacato confederale, non ha mai considerato lo sciopero come la prima soluzione ai problemi. Anzi. Se prendiamo il caso di Roma, sono quattro anni che le sigle confederali non proclamano una azione di sciopero. Per noi la contrattazione è al primo posto. L’azione della Commissione non colpisce quelle organizzazioni che fanno un uso improprio dello sciopero.
Fa riferimento ai sindacati con pochi iscritti e dunque poco rappresentativi?
Si, proprio a loro.
Quando parla di “uso improprio” cosa intende?
Parlo dello sciopero usato unicamente come strumento per creare consenso. Inoltre, nel trasporto pubblico, basta il solo “effetto annuncio” per creare disagi alla circolazione. Emblematico è il caso di Milano, quando a uno sciopero ha aderito solo un lavoratore, l’unico iscritto, di un sindacato base. Tuttavia, questo è stato sufficiente a spingere gli utenti a prendere i mezzi privati per timore di un blocco del trasporto pubblico.
Per quale motivo la Commissione ha deciso di allungare la rarefazione da 10 a 20 giorni?
Questo è un punto sul quale la Commissione non ha saputo darci una risposta. Nell’accordo ci sono, inoltre, tutta una serie di aspetti innovativi a tutela degli utenti, come l’allungamento dei tempi tra l’ effettuazione e la nuova proclamazione e l’unificazione dei giorni di franchigia estiva, dei quali la Commissione non ha tenuto conto. Alla fine, sommando i periodi di franchigia, gli intervalli e la rarefazione oggettiva le possibilità di esercitare il diritto di sciopero sono state dimezzate. In tutto questo non bisogna dimenticare che lo sport preferito dei molti sindacati dall’incerta rappresentatività è la “corsa all’occupazione della casella in calendario a danno dell’organizzazione più rappresentativa che, se è costretta a ricorrere all’azione di lotta, trova sistematicamente “occupata” la casella. Il provvedimento della Commissione inoltre potrebbe far scattare scioperi improvvisi e spontanei attuati da lavoratori esasperati dai problemi lavorativi irrisolti e da un impianto normativo divenuto un vero e proprio labirinto senza uscita.
In che modo si può arginare questo fenomeno?
Insieme alle altre sigle abbiamo proposto un meccanismo che operasse una selezione degli scioperi, e premiasse quelli promossi dalle sigle più rappresentative. Al contempo è opportuno un intervento legislativo che parta proprio dal tema della rappresentanza. In questo modo si possono limitare tutte quelle sigle che usano lo sciopero in modo fazioso, tutelando l’azione delle sigle più rappresentative.
Avete avanzato delle proposte per una corretta gestione dello sciopero?
Un punto sul quale non siamo contrari riguarda lo sciopero virtuale, che non comporta nessun disagio per il cittadino, perché il lavoratore continua a svolgere le proprie mansioni. Il danno economico lo subisce l’azienda. Per fare un esempio, nella nostra idea di sciopero virtuale il lavoratore decide di dare un’ora del suo stipendio a un fondo degli addetti dei trasporti, come il nostro aperto presso l’Inps, mentre l’azienda versa nello stesso una cifra molto più alta. È importante capire come nel nostro settore lo stato di agitazione, molto spesso, non causa nessun danno all’impresa, che ha ormai fatto cassa con tutti gli abbonamenti.
Occorre una maggiore attenzione da parte della Commissione anche verso le aziende?
Senza alcun dubbio. Le aziende sono solite sopprimere i servizi anche in presenza di scioperi indetti da organizzazioni poco rappresentative. Per casi di questo tipo chiediamo la stessa severità che viene applicata nei nostri confronti quando trasgrediamo le norme, perché qui il disagio non è causato dallo sciopero, ma dall’operato dell’azienda a causa della sua carente capacità organizzativa.
C’è dunque bisogno di un’opera maggiore di prevenzione?
Questo è un punto sul quale abbiamo sempre insistito. Dobbiamo far capire che lo sciopero sopraggiunge quando qualsiasi possibilità di accordo o dialogo è venuta meno, ma la strada del negoziato per risolvere i problemi dei lavoratori è sempre la migliore e la prima che deve essere percorsa.
Cosa vi aspettate dal nuovo Governo?
È importante che l’esecutivo, avendo ben chiare tutte le problematiche del settore trasporti, intervenga sulla normativa che regolamenta lo sciopero, di concerto con le grandi organizzazioni sindacali.
Tommaso Nutarelli
@tomnutarelli